CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 novembre 2017, n. 27928
Mansioni di autista – Differenze retributive per lavoro straordinario e Tfr – Mancata acquisizione dei dischi cronotachigrafi – Mancato esame dei verbali di illecito amministrativo – Poteri officiosi del giudice del lavoro – Violazione – Non sussiste
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza depositata il 30/12/2013. respingeva il gravame interposto da B.F., nei confronti della S.r.l. C.E., avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede con la quale era stato parzialmente accolto il ricorso proposto dal B., il quale – premesso di avere prestato la propria opera alle dipendenze della predetta società, dal 19/4/2001 al 18/12/2002, con mansioni di autista, con inquadramento nel 3° livello del CCNL – aveva chiesto il pagamento della somma di Euro 41.783,48 per differenze retributive, compenso per lavoro straordinario e TFR, oltre accessori. Più precisamente, il Tribunale aveva condannato la società a corrispondere al lavoratore la somma complessiva di Euro 5.483,04, di cui Euro 2.245,53 a titolo di TFR.
Per la cassazione della sentenza ricorre il B. sulla base di un motivo.
La C.E. S.r.l. è rimasta intimata.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo articolato il B. denuncia, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 202, 210 c.p.c., nonché degli artt. 2967, 2729, 2733, 2735 ss. c.c, lamentando, in particolare, la violazione e falsa applicazione dei poteri officiosi del giudice del lavoro, l’errata valutazione delle risultanze probatorie e la mancata acquisizione dei dischi cronotachigrafi, senza tenere conto che dagli stessi vengono elevati i verbali di violazione per il mancato rispetto degli orari di guida e di riposo e che, quindi, costituiscono elementi di prova che non possono non essere valutati dal giudice del lavoro.
1.1. Il motivo non può essere accolto.
Invero, come sottolineato dalla Corte distrettuale, la censura relativa al mancato esame dei verbali di illecito amministrativo dai quali desumere che il B. aveva effettuato lavoro straordinario è stata sollevata per la prima volta in sede di gravame e, pertanto, è inammissibile ai sensi dell’art. 435 del codice di rito. Per la qual cosa, all’evidenza, non si configura, nella fattispecie, alcuna violazione dei poteri officiosi del giudice del lavoro che, correttamente, non ha disposto l’acquisizione dei dischi cronotachigrafi originali, necessari, appunto, per potere controllare se siano stati rispettati gli orari di guida e di riposo, al fine di individuare eventuali illeciti amministrativi. Peraltro, la Corte distrettuale, con un iter motivazionale del tutto condivisibile, suffragato dalla valutazione delle prove e scevro da vizi logico-giuridici, ha pure sottolineato che la prova dello svolgimento del lavoro straordinario non può desumersi dai dati evincibili dai quattro dischi cronotachigrafi in atti, relativi solo a quattro giornate di lavoro, dato che lo stesso B. ha affermato che non riportavano l’orario di lavoro e che, comunque, non costituiscono allegazioni precise e puntuali a fronte dell’eccezione della società di avere sempre corrisposto quanto dovuto a titolo di lavoro straordinario; dichiarazioni, queste ultime, suffragate dalle deposizioni testimoniali.
Correttamente, infatti, la Corte d’Appello, conformandosi ai consolidati arresti giurisprudenziali della Corte di legittimità in tema di riconoscimento di lavoro straordinario, ha affermato che la prova relativa deve essere rigorosa e specifica, essendo ammissibile il ricorso alla valutazione equitativa soltanto al fine di determinare la somma spettante per prestazioni lavorative straordinarie di cui sia stata acclarata l’esecuzione (cfr., tra le molte, Cass. nn. 12434/2006, 5496/2006).
Infine, per quanto attiene alla valutazione degli elementi probatori, posto che la stessa è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte, qualora il ricorrente denunci, in sede di legittimità, l’omessa o errata valutazione di prove testimoniali, ha l’onere non solo di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, ma anche di specificare i punti ritenuti decisivi al fine di consentire il vaglio di decisività che avrebbe eventualmente dovuto condurre il giudice ad una diversa pronunzia, con l’attribuzione di una diversa valutazione alle dichiarazioni testimoniali relativamente alle quali si denunzia il vizio (Cass. n. 6023 del 2009).
Nel caso di specie, invero, la contestazione, peraltro del tutto generica, sulle dichiarazioni rese da alcuni testimoni, senza che le stesse siano state trascritte, si risolve in una inammissibile richiesta di riesame del contenuto di deposizioni testimoniali e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi (cfr. Cass. n. 4056 del 2009), finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014).
Pertanto, le doglianze articolate dal ricorrente appaiono inidonee, per i motivi anzidetti, a scalfire la coerenza della sentenza sotto il profilo dell’iter logicogiuridico.
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
Nulla va disposto in ordine alle spese, poiché la C.E. S.r.l. non ha svolto attività difensiva.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
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