CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 maggio 2017, n. 13084
Accertamento – Reddito d’impresa – Utili extracontabili – Distribuzione a soci – Importi patrimonializzati – Imponibilità
Esposizione dei fatti di causa
1. L’Agenzia delle entrate rettificava il reddito dichiarato da M.A. e M.N. nell’anno 1998 in relazione all’accertamento effettuato nei confronti della società M.V.A. s.r.l. di cui erano soci nella misura di 1/3 ciascuno. I contribuenti proponevano ricorso e la commissione tributaria provinciale di Napoli lo accoglieva. Appellava l’Ufficio e la CTR della Campania rigettava l’appello sul rilievo che si poteva escludere si fossero generati utili extracontabili in capo alla società distribuibili ai soci in quanto gli importi oggetto di movimentazione bancaria non avevano generato una riserva occulta ma erano stati patrimonializzati.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato ad un motivo illustrato con memoria. I contribuenti si sono costituiti in giudizio con controricorso illustrato con memoria.
3. Con l’unico motivo la ricorrente deduce insufficiente motivazione, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR non ha spiegato in alcun modo la ragione per la quale ha escluso che i movimenti finanziari rilevati dalla contabilità della società costituissero il corrispettivo di operazioni commerciali realizzate nell’esercizio e rappresentassero, perciò, ricavi da far transitare per il conto economico e da sottoporre a tassazione. Ciò in quanto la circostanza che tali importi fossero stati patrimonializzati e non avessero generato riserve occulte non consentiva di escludere le ragioni della pretesa erariale perché non comportava che le somme percepite non avessero concorso alla determinazione dell’imponibile né consentiva di escludere che esse costituissero effettivamente ricavi dell’esercizio.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Preliminarmente osserva la Corte che va dichiarata l’inammissibilità della memoria depositata dall’avv. G.S. in quanto la procura speciale in calce alla memoria non vale ad abilitarlo quale difensore in questo giudizio. Invero nel giudizio di cassazione la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83, terzo comma, cod. proc. civ., nell’elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica con riferimento al giudizio di cassazione soltanto quelli sopra individuati; ne consegue che se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma del cit. art. 83, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata (Cass. n. 2460 del 09/02/2015; Cass. n. 8708 del 09/04/2009).
2. In ordine al motivo di ricorso va considerato che, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificato il difetto di motivazione della sentenza impugnata su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti fondata, di modo che il ritorno della causa in fase di merito diverrebbe inutile, sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto ( cfr. Cass. n. 2313 del 01/02/2010 ). Ciò posto, va rilevato che nelle more del giudizio la Corte di legittimità ha pronunciato la sentenza n. 21105 il 14 giugno 2011 con cui ha rigettato il ricorso proposto dalla società M.V.A. s.r.l. avverso la sentenza della CTR della Campania numero 374/5/05 depositata il 20 gennaio 2006, che aveva raccolto l’appello dell’agenzia delle entrate avverso la sentenza della commissione tributaria provinciale di Salerno che, a sua volta, aveva accolto il ricorso della contribuente in ordine agli avvisi di accertamento e rettifica parziale per Iva, Irpeg, Irap ed Ilor per gli anni 1996, 1997 e 1998.
Per effetto della sentenza n. 21105 il 14 giugno 2011 si è, dunque, determinato il passaggio in giudicato della sentenza della CTR e gli avvisi di accertamento impugnati sono divenuti definitivi.
Ora, la Corte di legittimità è ferma nel ritenere che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo a quelli di capitale, nel caso di società a ristretta base sociale, perché possa operare la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili occorre, fra l’altro, che sussista un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non contabilizzati, il quale costituisce il presupposto per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai dividendi (Cass.n. n. 11680 del 2016; Cass. n. 9711 del 2015; Cass . n.9341 del 2015; Cass. n. 20870 del 2010). Ed è stato affermato che la sentenza, passata in giudicato, di accertamento dell’utile extracontabile sociale, emessa nel giudizio tra una società di capitali a ristretta base sociale e l’Amministrazione finanziaria, fa stato, anche nei confronti del socio, in virtù dell’efficacia riflessa del giudicato, estesa ai soggetti estranei al processo, ma titolari di diritti dipendenti o subordinati alla situazione giuridica in esso definita, sicché risulta fondato l’avviso di accertamento verso quest’ultimo, di cui è venuto meno il presupposto ( Cass. n. 11680 del 07/06/2016).
Ne deriva che l’accertamento del reddito operato in capo a M.A. e M.N. sulla base dell’accertamento dell’utile extracontabile accertato in capo alla società è fondato.
3. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario dei contribuenti va rigettato. Le spese dell’intero giudizio si compensano tra le parti in considerazione della definitività dell’avviso di accertamento in capo alla società affermatosi dopo la proposizione del ricorso per cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario dei contribuenti. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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