CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 novembre 2016, n. 24004
Irpef – Irap – Accertamento fiscale – Professionista – compensi da lavoro autonomo non dichiarati
Svolgimento del processo
Di C. L., esercente la professione di medico specialista in ostetricia e ginecologia, impugnava innanzi alla CTP di Roma l’avviso di accertamento relativo all’IRPEF ed all’IRAP per l’anno 2003 emesso dall’Agenzia delle Entrate di Roma 6 sulla base degli studi di settore, per effetto del quale erano stati accertati compensi da lavoro autonomo non dichiarati pari ad € 42.186,00, con conseguenti maggiori imposte oltre sanzioni.
La CTP accoglieva il ricorso ritenendo che era stato dimostrato che, in conseguenza delle vicende personali e familiari della ricorrente, aveva dovuto ridurre la propria attività lavorativa, con conseguenti minori redditi.
Avverso tale sentenza proponeva appello l’Ufficio che ne contestava la correttezza, ed evidenziava che in realtà, tenuto conto dei lavoratori alle dipendenze della contribuente, della collocazione del suo studio, della pluriennale esperienza professionale e del fatto che nel corso degli anni aveva stipulato numerose polizze assicurative, appariva corretta la determinazione dei redditi compiuta sulla scorta degli studi di settore.
La Di C. nel costituirsi in giudizio reiterava la deduzione di nullità dell’avviso per la violazione del principio del contraddittorio, assumendo, nel merito, che m ogni caso gli studi di settore non erano di per se soli sufficienti a giustificare l’accertamento, occorrendo tenere conto delle peculiarità della vicenda, quali lo svolgimento anche di attività medica alle dipendenze di una struttura ospedaliera, ovvero la natura ancora sperimentale degli studi di settore applicati dall’Ufficio. La CTR di Roma con la sentenza n. 22/7/09 del 12 febbraio 2009, accoglieva l’appello.
Dopo avere rilevato che il metodo fondato sugli studi di settore era indubbiamente migliorativo del cosiddetto metodo dei coefficienti presuntivi, in passato fissato dalla legge n. 154/89, sicché l’accertamento fondato sugli studi poteva prescindere dai requisiti della gravità, precisione e concordanza, trattandosi di una presunzione avente intrinsecamente tali caratteristiche, proprio il rilevato scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli determinati con criteri statistico-matematici, quanto alle prove addotte dalla contribuente per confutare detta presunzione, rilevava che le pur sussistenti difficoltà personali della contribuente (legate ad una travagliata separazione personale dal coniuge) apparivano controbilanciate da altre circostanze evidenziate dall’ufficio.
In particolare la presenza di dipendenti, i consistenti ricavi dimostrerebbero la non congruità tra i ricavi dichiarati rispetto a quelli fondatamente attribuibili alla contribuente.
Quanto al contraddittorio rilevava che esisteva ampia documentazione che lo comprovava.
Per la cassazione di tale sentenza, Di C. L. ha proposto ricorso, articolato su undici motivi.
L’intimata si è costituita tardivamente depositando atto di costituzione al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione.
La ricorrente ha altresì depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c..
Infatti, nel ricorso introduttivo la contribuente aveva dedotto la nullità dell’avviso per non essere mai stata invitata al contraddittorio, anche dopo la presentazione dell’istanza di accertamento per adesione.
A fronte della deduzione secondo cui vi erano stati due colloqui tra la contribuente e funzionari dell’Agenzia in data 13 dicembre 2005 e 18 gennaio 2006, si contestava la sussistenza delle circostanze, in quanto non documentate.
Il rilievo concernente la violazione del contradditorio era stato accolto dal giudice di primo grado, e tale punto della decisione era stato impugnato dall’Ufficio, che aveva reiterato le deduzioni di cui al giudizio di primo grado, che a loro volta erano contestate dall’appellata. Tuttavia la CTR ha accolto nel merito il gravame dell’Agenzia senza svolgere alcuna argomentazione sul tema del contraddittorio, omettendo quindi di pronunziarsi sull’eccezione preliminare che era stata posta dal giudice a fondamento della decisione adottata all’esito del giudizio di prime cure.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 53 Cost., nonché degli artt. 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331/1993, e dell’art. 3 co. 179-189 della legge n. 549/1995. Infatti, la ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio aveva lamentato di non essere mai stata invitata al contraddittorio preventivo neanche dopo la presentazione dell’istanza di accertamento con adesione, laddove l’Ufficio aveva addotto lo svolgimento di due colloqui avvenuti il 13 dicembre 2005 ed il 18 gennaio 2006.
Osserva altresì che la CTP aveva accolto il ricorso proprio in ragione del mancato svolgimento del contraddittorio preventivo, laddove la CTR, a seguito di appello dell’Ufficio che aveva nuovamente invocato i predetti colloqui nonché la presentazione dell’istanza di accertamento con adesione, era pervenuta a ritenere assorbita ogni altra questione in ragione della congruità delle presunzioni scaturenti dall’applicazione degli studi di settore 1 ,a soluzione adottata dai giudici di appello è però illegittima, in quanto alla luce degli insegnamenti di cui alle S.U. in tema di applicazione degli studi di settore (cr. Cass. n. 26638/2009), il contradittorio deve essere preventivamente attivato dall’Ufficio, trattandosi di un requisito necessario affinché possa operare il sistema di presunzioni semplici correlato all’istituto degli studi di settore.
Con il terzo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 53 Cost., nonché degli artt. 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331/1993, e dell’art. 3 co. 179-189 della legge n. 549/1995 in quanto la CTR ha ritenuto provato lo svolgimento del contraddittorio sulla scorta di documenti che non appaiono in alcun modo idonei a fornire tale dimostrazione, non potendosi confondere tra loro due istituti radicalmente diversi, quali il contraddittorio preventivo, ed il procedimento scaturente dalla richiesta di accertamento con adesione, laddove i verbali ed i colloqui richiamati in motivazione attestano solo l’espletamento del secondo procedimento.
In tal senso si è chiarito che la motivazione dell’avviso di accertamento deve dare adeguata contezza delle ragioni per le quali siano state eventualmente disattese le contestazioni del contribuente, emergendo pertanto che il contradditorio preventivo e un elemento essenziale ed imprescindibile per consentire l’applicabilità degli studi di settore in considerazione della concreta realtà economica del contribuente.
Nel caso in esame i colloqui cui fa riferimento l’Ufficio, e di riflesso la CTR, sono successivi alla notifica dell’avviso impugnato, avvenuta in data 22/11/2005, sicché non appaiono in grado di assicurare il rispetto del contraddittorio come sopra esplicitato.
Con il quarto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 53 Cost., nonché degli 39 co. 1 lett. d) artt. 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331/1993, e dell’art. 3 co. 179-189 della legge n. 549/1995, del D. Lgs. n. 218/1997 in quanto si sarebbe confuso il contradditorio preventivo all’emanazione dell’avviso di accertamento con la fase procedimentale che segue alla presentazione dell’istanza di accertamento per adesione.
Il quinto motivo denunzia la violazione c falsa applicazione degli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 39 co. 1 d) del DPR n. 600/1973, degli artt. 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331/1993, dell’art. 3 co. 179-189 della legge n. 549/1995, del D. Lgs. n. 218/1997 e degli artt. 2728 e 2697 c.c.
La CTR ha infatti ritenuto che il sistema degli studi di settore, in quanto migliorativo del precedente sistema dei coefficienti presuntivi, permette che l’accertamento induttivo fondato sugli stessi possa prescindere dai requisiti di gravità, precisione e concordanza, trattandosi di una presunzione relativa, grave e precisa proprio per lo scostamento rilevato tra i ricavi dichiarati e quelli determinati con criteri statistico-matematici. Per l’effetto si verrebbe a determinare un’inversione dell’onere della prova che impone al contribuente di dimostrare l’inapplicabilità degli studi di settore in relazione all’attività come in concreto svolta.
Tuttavia si omette di considerare che, secondo la ricostruzione dell’istituto consolidata nella giurisprudenza, l’applicazione degli studi di settore può portare alla loro utilizzazione quali presunzioni semplici solo all’esito del contraddittorio preventivo con il contribuente, il quale in tale fase ha la possibilità di dimostrare le condizioni che giustificano l’esclusione della sua attività dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards. Pertanto l’omissione della fase del contraddittorio preventivo, priva gli studi di settore della valenza probatoria che invece la CTR ha loro attribuito.
Con il sesto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 39 co. 1 d) del DPR n. 600/1973, degli artt. 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331/1993, dell’art. 3 co. 179-189 della legge n. 549/1995, del D. Lgs. n. 218/1997 e degli artt. 2728 e 2697 c.c.
Infatti, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l’Ufficio potrebbe esaurire il proprio accertamento con il mero richiamo alle risultanze degli studi di settore, appare in contrasto con l’affermazione, costantemente ribadita dalla giurisprudenza, per la quale gli studi di settore non integrano una presunzione legale, bensì semplice, che per divenire qualificata deve essere integrata con fattori aggiuntivi a sostegno della pretesa impositiva.
Con il settimo motivo si denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la Di C. con il terzo motivo del ricorso di primo grado aveva dedotto anche l’inidoneità degli studi di settore sperimentali, tra i quali lo studio SK10U applicato nel caso in esame, a costituire una presunzione avente le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza.
La questione che era stata ritenuta assorbita dal giudice di primo grado, era stata riproposta dall’appellata, ma la CTR aveva omesso di pronunziarsi sulla stessa, violando pertanto la previsione di cui all’art. 112 c.p.c.
Con l’ottavo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 39 co. 1 d) del DPR n. 600/1973, degli artt. 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331/1993, dell’art. 3 co. 179-189 della legge n. 549/1995, del D. Lgs. n. 218/1997 e degli artt. 2728 e 2697 c.c.
Infatti, la ricorrente aveva dedotto l’inidoneità degli studi di settore sperimentali, quale appunto lo studio SK10U, applicato nella fattispecie, laddove al contrario i giudici di appello hanno disatteso la doglianza adducendo che l’Ufficio aveva supportato il proprio accertamento anche con altre motivazioni.
In realtà gli studi di settore sperimentali, proprio in ragione delle loro caratteristiche, anche per l’anno di imposta in contestazione, andavano utilizzati con maggiore cautela, imponendosi che le risultanze degli stessi fossero adeguatamente supportate da altre circostanze fattuali. Con il nono motivo si denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 c.p.c. e degli artt. 53, 79 ed 80 del D. Lgs. n. 546 del 1992, in quanto, ancorché il giudice di primo grado avesse ritenuto documentalmente provate le circostanze addotte dalla contribuente, l’Agenzia in appello si era limitata genericamente a contestare la sufficienza delle prove addotte dalla contribuente, non assolvendo quindi al requisito di specificità che deve connotale la formulazione del motivo di appello, che pertanto andava dichiarato inammissibile.
Il decimo motivo denunzia l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso c decisivo, in relazione alla diversa valutazione delle vicende personali della ricorrente, omettendo di motivare circa la rilevanza di circostanze che emergevano documentalmente.
Ne discende che la motivazione appare incongrua ed inadeguata.
Infine con l’undicesimo motivo si denunzia l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto di individuare clementi aggiuntivi a sostegno dei dati emergenti dall’applicazione degli studi di settore, in quanto gli elementi di segno contrario valorizzati dalla CTR sono in realtà già ricompresi tra quelli sulla scorta dei quali si provvede alla determinazione dei redditi in via presuntiva in applicazione degli studi di settore, essendo quindi mancata un’ulteriore attività di accertamento da parte della CTR.
2. Il primo motivo è infondato, dovendosi ritenere che il giudice di appello, relativamente alla questione concernente la nullità dell’avviso impugnato per la mancata previa instaurazione del contraddittorio, questione che pur era stata ritenuta fondata dal giudice di primo grado, a fronte del motivo di appello che invece sosteneva la avvenuta instaurazione del contraddittorio, nel pervenire direttamente alla valutazione nel merito della correttezza dell’iter procedimentale seguito dall’Ufficio per la determinazione del reddito sulla base degli studi di settore, abbia implicitamente accolta la censura sollevata sul punto da parte dell’Ufficio stesso, dovendosi ritenere che logicamente la disamina delle contestazioni di carattere sostanziale (con il loro rigetto) non poteva che presupporre la valutazione di infondatezza del rilievo preliminare formale concernente la previa instaurazione del contraddittorio.
3. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati, attesa l’intima connessione delle questioni di diritto dai medesimi involte, sono fondati e pertanto devono essere accolti.
Ed, infatti costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza della Corte quello in base al quale la rilevanza probatoria degli studi di settore non possa prescindere dal preventivo esperimento del contraddittorio, nella fase che appunto deve precedere la stessa emissione dell’avviso di accertamento.
In tal senso con l’intervento delle Sezioni Unite di cui alla sentenza n. 26635/2009, si è precisato che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. Infatti, in tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributano liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (conf. ex multis Cass. n. 12558/2010; Cass. n. 12428/2012; Cass. n. 22599/2012; Cass. n. 11633/2013; Cass. n. 17646/2014; Cass. n. 10047/2016).
L’iter procedimentale delineato dal legislatore, secondo la condivisibile ricostruzione fornita dalla giurisprudenza di questa Corte, induce quindi ad attribuire centralità al principio del contraddittorio, in quanto è proprio il confronto tra la posizione dell’Ufficio e quella del contribuente che consente di attribuire rilevanza probatoria ai dati emergenti dagli studi di settore ( in quanto non adeguatamente contrastati dalle peculiarità della vicenda del singolo contribuente), essendo quindi conseguenza di tale impostazione la sanzione della nullità per l’ipotesi in cui non sia stato instaurato il contraddittorio preventivo.
Nel caso di specie la Di C. ha addotto a sostegno della propria impugnativa, anche, ed in via preliminare la violazione del detto principio, e tale deduzione, puntualmente riproposta in sede di gravame, è stata disattesa dalla CTR la quale ha sostenuto che esisteva ampia documentazione attestante la sua attuazione in data 1 marzo 2006, allorquando in conseguenza di tale contatto, era stata formulata una proposta di adesione da parte dell’Ufficio in data 12 aprile 2006.
Emerge tuttavia che tale evento reca una data successiva a quella della notifica dell’avviso impugnato (notifica avvenuta in data 22/11/2005) e che trattasi ragionevolmente di incontri susseguenti alla presentazione da parte della contribuente di apposita istanza di accertamento con adesione.
Orbene, se la finalità del contraddittorio, nell’ambito del procedimento di accertamento fondato sugli studi di settore, è quella di avvalorare la correttezza dell’accertamento, proprio alla luce del confronto tra le posizioni dell’Ufficio e quelle del contribuente, che in tal modo ha la possibilità di rimarcare le peculiarità della propria situazione economico reddituale, onde escludere che il dato statistico che è alla base dello studio di settore sia nella fattispecie invocabile, è appunto necessario che lo stesso si svolga in via preventiva, poiché è la stessa legittimità dell’accertamento che presuppone che sia data al contribuente la possibilità di dedurre in ordine alla effettiva idoneità degli studi a giustificare la maggiore pretesa impositiva.
In tal senso il contraddittorio non può essere recuperato “a posteriori” come invece ritenuto dalla CTR, con la presentazione di un’istanza per adesione, posto che in tal caso l’avviso continua ad essere inficiato dalla patologia genetica derivante dall’omessa attivazione del contradditorio.
D’altronde, se fosse possibile sostenere che il contraddittorio successivo possa sanare i vizi procedimentali della procedura di accertamento induttivo fondata sugli studi di settore, analoga efficacia sanante dovrebbe attribuirsi anche al contraddittorio processuale, scaturente dalla proposizione dell’impugnativa giudiziale dell’avviso, il che non appare consentito sostenere.
Per l’effetto, ed in accoglimento dei suddetti motivi, deve essere cassata la sentenza impugnata determinandosi altresì l’assorbimento degli altri motivi.
Tuttavia, non apparendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito, dovendosi pervenire all’accoglimento del ricorso originano della contribuente, attesa la sussistenza della nullità del provvedimento impugnato.
Quanto alle spese, tenuto conto che la decisione delle Sezioni Unite che ha chiarito la portata e la necessità del contraddittorio preventivo risulta successiva all’instaurazione dei gradi di merito, si ritiene che sussistano i presupposti per la compensazione delle spese delle fasi di merito, dovendosi invece fare applicazione del principio di soccombenza per le spese del giudizio di legittimità, a tanto provvedendosi come da dispositivo che segue.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie il ricorso della contribuente; compensa le spese relativamente ai gradi di mento e condanna l’Agenzia al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre spese forfetarie in misura pari al 15 %, ed accessori di legge.
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