CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 maggio 2017, n. 13271
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Creditorio risarcitorio – Privilegio – Esclusione
Fatti di causa
Rilevato che:
1. C.G. soc.coop. ha impugnato il decreto Trib. Padova 24.4.2015, n. 3933/2015, con cui è stata rigettata la sua opposizione allo stato passivo del fallimento E. s.p.a., già avanzata avverso la non ammissione del proprio credito risarcitorio per euro 382.637,66, chiesto in privilegio ex art. 2751-bis n. 5 c.c.;
2. il tribunale ha fondato il rigetto sull’assorbimento della pretesa dell’opponente nella quantificazione delle somme già determinatasi fra le parti in base ad una transazione – relativa ad un contratto d’appalto e con inadempimenti contestati alla fallita – conclusa prima del fallimento e valida, avuto riguardo alla natura risarcitoria del credito e comunque essendo infondate le altre e successive pretese, perché sfornite di prova ovvero relative a costi sostenuti dopo l’apertura del concorso;
3. Con cinque motivi, la ricorrente contesta il decreto, censurato perché non ha tenuto conto delle spese di ripristino degli impianti da (essa sostenute e non contestate dal curatore quanto ai fatti che le avevano rese necessarie), non ha ammesso istanze istruttorie per testi, ha errato nella valutazione della documentazione per fatture, non ha esaminato la domanda di privilegio, non ha motivato sulla condanna alle spese.
Ragioni della decisione
Considerato che:
1. ai sensi dell’art. 115 c.p.c. l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti, né la loro valenza probatoria la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice (Cass. 12748/2016, 6606/2016);
2. quanto ai motivi secondo e terzo va ribadito che «In tema di ricorso per cassazione, dopo la modifica dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. ad opera dell’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili» (Cass. 12928/2014); risulta invero che il tribunale ha affrontato specificamente il corredo probatorio alla cui stregua il credito è stato insinuato, per un verso rilevando la efficacia sul suo ammontare complessivo della transazione e per altro verso negando opponibilità ovvero concludenza ai mezzi dispiegati, senza che nel ricorso siano stati rilevati in modo specifico fatti non esaminati;
3. il quarto motivo è inammissibile, per fraintendimento evidente della ratio della decisione, che non ha affrontato il tema del privilegio in virtù del diniego del credito stesso, ritenendola assorbita;
4. l’ultimo motivo non coglie nel segno ove censura la determinazione giudiziale sulle spese omettendo di segnalare quale sia stata la fuoriuscita dai limiti tariffari di cui al D.M. 10.4.2014, n. 55, invero rispettati secondo la graduazione rimessa al giudice ai sensi del relativo art. 4, anche per il quale la parametrazione ai valori medi non indica una misura fissa bensì un punto di riferimento derogabile, con attività insindacabile nella specie, oltretutto avuto riguardo al complessivo credito oggetto della domanda.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in euro 6.100 (di cui 100 per esborsi), oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 – quater, D.P.R. 115/02, come modificato dalla l. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del co. 1 – bis dello stesso art. 13.
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