CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 ottobre 2017, n. 25270
Riscossione – Accertamento – Ipoteca su immobili – Impugnazione – Requisiti – Art. 19, co. 3, ultima parte, D.Lgs. n. 546 del 1992
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c., avverso la sentenza della Commissione tributaria – regionale della Basilicata n. 258/1/11, depositata il 12/12/2011, che ha respinto l’appello e confermato la decisione della Commissione tributaria provinciale di Potenza, con cui è stata affermata l’illegittimità di due iscrizioni di ipoteca, su immobili di proprietà del contribuente, C.S., impugnate con distinti ricorsi, poi riuniti, perché eseguite in forza di un avviso di accertamento, generato da erronea compilazione del Mod. 770 da parte della Banca delegata al pagamento di dividendi, e di tre cartelle di pagamento, rispettivamente, di € 20,65, € 138,86, ed € 104.935,84, non ritualmente notificati.
Il Giudice di appello, in particolare, ha rilevato l’infondatezza del gravame proposto dall’allora Equitalia Basilicata s.p.a., non ricorrendo il lamentato vizio di ultrapetizione, in quanto il contribuente, nel giudizio di primo grado, “anche a seguito della costituzione dell’Agenzia delle Entrate”, aveva dedotto la mancanza di rituale notifica non soltanto dell’avviso di accertamento, ma anche delle cartelle esattoriali, “perché non erano state regolarmente notificate in mani proprie e talune addirittura in domicilio diverso” da quello del S., ed ha poi evidenziato che la prova della ritualità delle notificazioni non era stata fornita neppure nel giudizio di secondo grado, ed infine che, contrariamente a quanto richiesto l’Agenzia delle Entrate, non ricorrevano le condizioni per disporre la sospensione del giudizio medesimo, ai sensi dell’art. 39, D.Lgs. n. 546 del 1992, in mancanza di una formale querela di falso del contribuente.
L’intimata Equitalia Sud s.p.a. (ora Equitalia Servizi di riscossione s.p.a.) propone ricorso incidentale, facendo proprie le censure svolte nel ricorso principale, mentre l’intimato contribuente resiste con controricorso, ritualmente notificato all’Agenzia delle Entrate, e memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente Agenzia delle Entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 24 D.Lgs. n. 546 del 1992, giacché il Giudice di appello non ha considerato che l’Ufficio era legittimato ad argomentare solo in ordine alla regolarità della notifica dell’avviso di accertamento, in quanto atto di sua competenza, che peraltro aveva comprovato con la documentazione versata in giudizio, proprio al fine di contrastare la specifica doglianza formulata nei ricorsi introduttivi dal S., il quale inizialmente non aveva contestato la conoscenza della cartella di pagamento di € 104.935,84, per cui del tutto irritualmente, con una memoria difensiva, aveva esteso alle cartelle esattoriali l’originaria doglianza concernente il vizio di notificazione, difettando le condizioni per formulare motivi aggiunti.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 19, D.Lgs. n. 546 del 1992, giacché il Giudice di appello non ha considerato che l’impugnazione di un atto è consentita soltanto per vizi propri, o nei casi di mancata notifica di un atto, autonomamente impugnabile, il quale avrebbe dovuto essere notificato in precedenza, unitamente a quest’ultimo, ma che la comunicazione dell’iscrizione di ipoteca non costituisce il primo atto notificato al contribuente, per cui le doglianze non potevano riguardare vizi degli atti prodromici, regolarmente notificati e non impugnati, ma soltanto vizi dell’iscrizione ipotecaria; Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 39 D.Lgs. n. 546 del 1992, giacché il Giudice di appello ha erroneamente escluso la necessità di sospendere il giudizio, sul rilievo che il S. (rectius la moglie) aveva sporto una denuncia all’autorità di polizia, e non già proposto la rituale querela di falso, che impone al giudice tributario di sospendere il processo in attesa della definitiva pronuncia, sulla relativa questione, del giudice ordinario.
Il primo ed il secondo motivo d’impugnazione, scrutinabili congiuntamente, non sono fondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Ai sensi dell’art. 19, comma 3, ultima parte, D.Lgs. n. 546 del 1992, costituisce requisito di ammissibilità dell’impugnazione dell’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77, D.P.R. n. 602 del 1973, per far valere vizi inerenti ad un atto pregresso autonomamente impugnabile, quale l’iscrizione a ruolo o la cartella esattoriale, la mancata notificazione di tale atto anteriore” (Cass. n. 21123/2011).
Orbene, il S. ha impugnato le iscrizioni ipotecarie eseguite dal Concessionario della riscossione, per conto dell’Agenzia delle Entrate, “a garanzia dei crediti erariali derivanti da n. 3 cartelle di pagamento rispettivamente dell’importo di € 20,65, €. 138,86 ed € 104.935,84”, deducendo nei ricorsi introduttivi “la mancata conoscenza dell’avviso di accertamento n. 890M00713 del 22/6/2007”, perché “erroneamente notificato” a “persona sconosciuta che si qualificava quale moglie convivente del contribuente ed apponeva una firma apocrifa sulla cartolina di ricevimento dell’atto”.
Il contribuente così facendo ha inteso far valere vizi delle iscrizioni ipotecarie derivati dalla irrituale notifica – che ne aveva determinato la mancata conoscenza – dell’atto impositivo con il quale l’Amministrazione finanziaria gli comunicava, all’esito dell’attività accertativa, che il medesimo era debitore d’imposta.
Ai sensi dell’art. 77, comma 1, D.P.R. n. 602 del 1973, “Decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede.”, ed il contribuente ha inteso dedurre la mancanza di idoneo titolo per iscrivere la garanzia.
Orbene, l’ Agenzia delle Entrate assume che, con la comunicazione della iscrizione di ipoteca, il S. ebbe conoscenza (anche) delle tre cartelle di pagamento in oggetto, che tuttavia non furono investite dall’impugnazione di cui ai ricorsi introduttivi, avendo con il ricorso introduttivo contestato la regolarità della notificazione dell’avviso di accertamento, atto prodromico delle cartelle esattoriali, e che la legittimità delle iscrizioni ipotecarie scaturisce dal mancato pagamento, entro i termini previsti, di cartelle esattoriali, non più impugnabili dal contribuente, il quale non poteva contestarne la ritualità della notifica con la memoria difensiva depositata in corso di causa, mancando i presupposti di cui all’art. 24, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, per la formulazione di “motivi aggiunti”, con conseguente vizio di ultrapetizione del giudice di merito.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel contenzioso tributario, i motivi dell’opposizione al provvedimento impositivo si configurano come causae petendi della correlata domanda di annullamento, con la conseguenza che incorre nel vizio di extra o ultrapetizione il giudice adito che fondi la propria decisione su motivi non dedotti o dedotti sotto profili diversi da quelli che costituiscono la ratio decidendi (cfr. Cass. n. 5929 del 2010; Cass. 1685/2016).
Tuttavia, nella specie, le doglianze del contribuente, il quale ha impugnato il provvedimento con cui gli veniva comunicata l’iscrizione ipotecaria, appaiono tutte riconducibili al medesimo assunto, e cioè che l’avviso di accertamento non gli era stato ritualmente notificato, così come non gli era stato notificato ogni atto successivo, facente parte del procedimento volto alla formazione della pretesa tributaria, ed alla riscossione dell’imposta, da attuarsi secondo una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario.
La CTR ha correttamente escluso la ricorrenza del vizio di ultrapetizione in cui sarebbe incorsa la CTP per essersi pronunciata anche in merito alla ritualità della notificazione delle cartelle esattoriali, avendo ritenuto che la questione de qua fosse stata legittimamente introdotta nel giudizio di primo grado, che quindi facesse parte del thema decidendum della causa, e che il contribuente avesse buon diritto ad impugnare, per irregolarità formali, i diversi atti della procedura di riscossione.
Si legge, infatti, nella sentenza impugnata che il gravame dell’Agenzia delle Entrate non poteva essere accolto “non essendo stata dimostrata anche in tale fase la regolarità e la effettiva notifica dell’atto esattoriale”, con il che si è voluto sottolineare che l’appellante non aveva dato prova – neppure – della notifica dell’avviso di accertamento, condividendo quanto ritenuto dal primo giudice circa l’irrituale notifica delle cartelle esattoriali, perché “non erano state … notificate in mani proprie e talune addirittura in domicilio diverso” da quello del contribuente.
Va disatteso anche il terzo motivo perché infondato.
Il processo tributario può essere sospeso: 1) ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 546 del 1992, che regola i rapporti tra processo tributario e processi non tributari (cd. pregiudizialità esterna) e prevede la sospensione solo ove sia stata presentata querela di falso o debba essere risolta una questione sullo stato o sulla capacità delle persone diversa dalla capacità di stare in giudizio; 2) ai sensi dell’art. 295 c.p.c., che regola esclusivamente i rapporti tra processi tributari (cd. pregiudizialità interna). Se, infatti, è pacifico che, in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, il giudice tributario è tenuto a sospendere il giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela di falso presentata (o fino a quando non si sia altrimenti definito il relativo giudizio), trattandosi di accertamento pregiudiziale riservato ad altra giurisdizione, del quale il giudice tributario non può conoscere neppure incidenter tantum (Cass. 9389/2007), è altrettanto certo che, in caso di presentazione della querela di falso, il medesimo giudice tributario non è chiamato a svolgere una funzione meramente passiva prendendo semplicemente atto dell’istanza ed arrestando il corso del procedimento a scapito della speditezza del giudizio garantita dalle regole del giusto processo, e deve quanto meno verificare la pertinenza di tale iniziativa processuale in relazione al documento impugnato e la sua rilevanza ai fini della decisione, affinché il provvedimento sospensivo non finisca per costituire un inutile intralcio alla giurisdizione; ciò abilita lo stesso giudice non certo a svolgere un giudizio prognostico nel merito, ma a valutare la idoneità della proposta querela ad arrestarne il corso (Cass. n. 18139/2009).
La CTR si è conformata a tale indirizzo in quanto, nel caso di specie, non è provata la proposizione della querela di falso né in via principale né in via incidentale (cfr. artt. 221 ss.gg. c.p.c.).
E’ appena il caso di osservare che, nella memoria ex art. 378 c.p.c., il S. accenna alla mancata notifica del preavviso di iscrizione ipotecaria, ovvero alla violazione del dovere dell’Amministrazione di procedere al contraddittorio endoprocedimentale (Cass. S.U. n. 19667/2014), ma si tratta di questione che non era stata proposta dal contribuente nei ricorsi introduttivi, e che non può certo essere oggetto di esame, per la prima volta, nel giudizio di cassazione.
Il ricorso incidentale, che Equitalia ha proposto, aderendo alle censure svolte nel ricorso principale, ne segue le sorti e va conseguente respinto. Per tutto quanto sopra esposto, i ricorsi vanno respinti con ogni conseguenza anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in favore del S., come in dispositivo, e compensate integralmente nei confronti del Concessionario in ragione della posizione processuale assunta.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Condanna l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Servizi di riscossione s.p.a. al pagamento in solido delle spese del presente giudizio, che liquida in favore dell’intimato C.S. in € 7.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge. Compensa le spese nei confronti della società Equitalia Sud.
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