CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 aprile 2017, n. 10326
Inps – Erroneo inquadramento nel settore edilizia – Contributo aggiuntivo CIG – Presupposti
Fatti di causa
Con la sentenza n. 398/2010 la Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame proposto da E. srl contro la pronuncia di primo grado che aveva respinto la sua domanda volta ad ottenere la condanna dell’INPS alla restituzione delle somme versate in eccedenza, fino al 1999 da E. s.n.c. ed E. S.r.l. a titolo di contributo aggiuntivo CIG di cui all’art. 8 legge n. 77/1963, sulla base dell’erroneo inquadramento della società nel settore edilizia.
A fondamento della domanda la Corte territoriale affermava che la pretesa della società appellante fosse incompatibile con le previsioni dell’art. 49 l. 88/89 – entrata a regime a far data dall’1.1.1997 per effetto della legge 662/1996 – il quale alla lett. a) contempla l’edilizia come attività rientrante nel genus industria.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione E. srl con un unico articolato motivo.
L’INPS ha depositato procura.
Ragioni della decisione
1. Con un unico articolato motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 1, 2 e 8 l. 3.2.1963 n. 77 nonché art. 49, 1 comma l. 9.3.1989 n. 98, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. in quanto la telegrafica e contraddittoria motivazione della sentenza non aveva considerato che il fondamento del contributo aggiuntivo CIG di cui si discute non è la classificazione dell’attività come edilizia ai sensi dell’art. 49 I. 88/1989, ma appunto la legge speciale che impone quel contributo alle aziende industriali dell’edilizia ed affini che “per effetto delle intemperie stagionali o altre cause non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori, sono costrette a sospendere il lavoro o a lavorare ad orario ridotto”.
2. Il motivo è fondato in relazione alla censura di diritto. La questione dedotta in giudizio non attiene infatti alla materia della classificazione dell’impresa risolvibile col richiamo dell’art. 49 cit. ed alle problematiche inerenti a tale normativa; essa riguarda bensì il tema dei presupposti necessari ai fini dello specifico contributo aggiuntivo, di cui la legge 77/1963 (che non è una legge in materia di classificazione delle imprese, precedente l’art. 49 cit.) impone il pagamento solo in presenza di un determinato rischio protetto, ponendosi in rapporto di specialità rispetto alla normativa relativa all’inquadramento delle impresa (cfr. Cass. 1675/2007).
3. E’ stato già accertato con sentenza del Tribunale di Venezia n. 548/1999 (senza che risulti successivo gravame) che E. s.n.c. – società a cui l’attuale ricorrente sarebbe subentrata con diversa denominazione sociale – operando nell’attività di posa in opera di pavimenti c.d. a caldo, non dovesse essere assoggettata al pagamento dell’aliquota contributiva per maltempo corrisposta fino al 1996.
4. Il problema residuo della causa è stabilire se tale sentenza potesse essere opposta dalla attuale ricorrente, se l’attività svolta da E. srl sia diversa da quella di cui alla sentenza del tribunale di Venezia cit. ed, in ogni caso, se essa rientri o meno nella previsione della legge 77/1963.
5. Quest’ultima legge, poi, va interpretata in conformità ad un risalente indirizzo di questa Corte, tuttora valido e mai superato, mediante il quale è stato chiarito che sono imprese affini a quelle edili ai sensi dell’art. 1 della legge 3 febbraio 1963 n. 77 “le imprese che, indipendentemente dalla natura del prodotto, svolgono un’attività in tutto subordinata a quella edilizia (ad esempio, imprese di ponteggi, di demolizione, di manutenzione, di palificazione di scavi per Fondazione) con la conseguenza che quelle stesse cause, previste dall’art. 1 della citata legge, alle quali necessariamente fa seguito la sospensione temporanea dei lavoro svolto dall’impresa edile, risultano operanti anche per le imprese alla stessa subordinate. Pertanto le Disposizioni di cui alla legge n. 77 del 1963 non si applicano alle imprese che svolgono attività solo connesse con quella edilizia, ma non alla stessa subordinate, come quelle di produzione del calcestruzzo (Sez. L, Sentenza n. 2517 del 23/04/1982, Cass. 27.4.1982 n. 2595, conf. 494/79).
6. Di tutte queste questioni la sentenza impugnata non discorre, avendo ritenuto che il necessario accertamento di merito fosse precluso dall’intervento della legge 662/1996 che invece operando su altra piano (quella della classificazione dell’impresa appunto), non rileva ai fini della specifica risoluzione dei problemi della causa.
7. Sicché la sentenza deve essere cassata e rinviata ad altro giudice, indicato nel dispositivo, che nella decisione della causa si atterrà ai principi sopra affermati; provvedendo altresì sulle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 385 c.p.c.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione.
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