CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 luglio 2017, n. 18495
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Attività illecita – Proventi
Rilevato che
– La parte ricorrente propone ricorso per cassazione, affidando la sua impugnativa a due motivi di doglianza.
– Avverso l’avviso di rettifica Iva emesso dall’Ufficio Iva di Lecce proponeva ricorso il contribuente e la C.T.P. di Lecce accordava ragione a quest’ultimo, ritenendo documentata l’autorizzazione della competente Procura della repubblica per l’utilizzo degli elementi di riscontro acquisiti durante le indagini preliminari ai fini degli accertamenti fiscali e come non provati da parte dell’amministrazione gli incassi di imposta sul valore aggiunto, da calcolarsi sui proventi illeciti. Avverso la predetta decisione interponeva appello l’Ufficio finanziario innanzi alla C.T.R. della Puglia che tuttavia rigettava il gravame.
– con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 4, I. 537/93, nonché dell’art. 10, comma 2, I. 825/71, e ciò in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.. Si evidenzia che, conformemente a quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, i proventi derivanti da attività illecita sono assoggettabili ad Iva, e ciò ai sensi dell’art. 14, 4 comma, I. 537/93. Si osserva ancora che in omaggio al principio di unitarietà, oggettività e interdipendenza della base imponibile, i medesimi fatti economici assoggettabili ad imposizione diretta devono necessariamente risultare assoggettabili anche ad Iva ;
– con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 4 del D.p.r. 633/72. Si osserva che illegittimamente la C.T.R. aveva fatto discendere la non tassabilità dei proventi illeciti dalla affermata mancanza di prova dell’avvenuto incasso di tali proventi. Si evidenzia tuttavia che una volta emersa in PVC l’inequivocabile sussistenza dei presupposti oggettivi, soggettivi e territoriali richiesti dalla normativa di cui al D.p.r. 633/72 l’Ufficio aveva legittimamente proceduto all’emissione dell’atto impositivo. Anche sulla base di tale considerazione la decisione impugnata doveva considerarsi giuridicamente errata.
Considerato che
– entrambi i motivi di ricorso sono fondati e possono essere esaminati congiuntamente, riguardando invero la soluzione della medesima questio iuris;
– sul punto qui in discussione, è utile richiamare la giurisprudenza affermata da questa Corte (ed alla quale si intende qui fornire continuità applicativa) secondo cui anche in tema di I.V.A., trova applicazione, il principio, posto dalla disposizione dell’art. 14, quarto comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, (di per sé riferita alla disciplina delle imposte sui redditi), secondo il quale i proventi provenienti da attività illecita sono assoggettabili ad imposizione (Sez. 5, Sentenza n. 3550 del 12/03/2002 (Rv. 552998 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 24471 del 17/11/2006 (Rv. 594953 – 01) ;
– si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice competente per un nuovo esame (anche per le spese del presente giudizio) che tenga in considerazione il principio di diritto qui riaffermato ;
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Puglia, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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