CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 maggio 2017, n. 13293
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Dichiarazione dei redditi – Reddito di partecipazione – Ricavi dichiarati – Studi di settore
Rilevato che
Con ricorso RGN 19627/2011, L.C.L., nella qualità di socio della G. s.n.c., ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 90/26/10, dep. 17 giugno 2010 che, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’Ufficio su ricorso proposto contro l’avviso di accertamento della maggiore Irpef (per l’anno 2003), quale reddito di partecipazione della indicata società.
Con ricorso RGN 19628/2011, M.B. ricorre per la cassazione della C.T.R. della Lombardia n. 91/26/10 dep. il 17 giugno 2010, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’Ufficio su ricorso proposto contro l’avviso di accertamento della maggiore Irpef (per l’anno 2003). quale reddito di partecipazione alla indicata società.
La C.T.R., con le indicate sentenze di identico contenuto, sulla base della incongruità dei ricavi dichiarati rispetto a quelli accertati in applicazione degli studi di settore, tenuto conto della incidenza dei ricavi rispetto al costo del venduto, ha ritento fondato l’accertamento e non documentata dal contribuente alcuna causa di giustificazione utile a superare le presunzione di cui agli studi di settore. Ha altresì ritenuto che non vi fossero prove idonee a sconfessare l’attendibilità dello studio di settore applicato dall’Ufficio.
In entrambi i ricorsi l’Agenzia delle entrate si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza.
Considerato che
Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi RGN 19627/2011 e RGN 19628/2011, per la evidente stretta connessione, trattandosi di ricorsi dei soci della medesima società di persone per la stessa annualità d’imposta. Sul punto le S.U. di questa Corte (n. 14815 del 2008) hanno statuito che: In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.
Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.
1. Col primo motivo dei ricorsi i contribuenti deducono violazione di legge (art. 2909 c.c. e 111 Cost.), per essere intervenuta sulla questione, con sentenza passata in giudicato, la C.T.R. Lombardia, con sentenza n. 43/24/10 dep. il 26 marzo 2010, che nel giudizio instaurato dalla società per la medesima annualità d’imposta, ha annullato l’avviso di accertamento. In mancanza di doglianze riferibili alla loro posizione di soci, ma riguardanti tutte la società, chiedono l’applicazione del giudicato esterno.
2. Col secondo motivo i ricorrenti deducono violazione di legge (art. 2909, art. 5 TUIR e 111 Cost.), trattandosi di accertamenti nei confronti della società e nei confronti dei soci, per cui il giudicato produce i suoi effetti anche nel caso de quo.
3. I motivi di ricorso sono fondati e vanno accolti.
Risulta, in atti, che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che aveva annullato l’avviso di accertamento portante IVA e IRAP per l’anno 2003, emesso nei confronti della “G. s.n.c.” e dal quale sono scaturiti, ai fini dell’Irpef, gli avvisi di accertamento nei confronti dei soci qui impugnati, è passata in giudicato.
Ne consegue l’estensibilità ai soci del giudicato formatosi nei confronti della società per il medesimo anno.
Non appare, invero, revocabile in dubbio che il giudicato favorevole, formatosi in favore della società, ripercuota i suoi effetti anche nei confronti dei soci, alla luce del consolidato principio per cui nella controversia relativa all’accertamento del reddito da partecipazione societaria, quando la difesa del socio non si fondi su eccezioni personali diverse da quelle accampate dalla società, il giudicato formatosi nel giudizio relativo ai redditi di questa copre necessariamente non solo il vizio di nullità (per mancata integrazione del contraddittorio) verificatosi in quel giudizio, ma anche l’identico vizio specularmente riscontrabile nel giudizio relativo al socio, e manifesta la sua efficacia in quest’ultimo, nei limiti del “dictum” sull’unico accertamento (cfr. Cass. n. 3565 del 16/02/2010; n. 22942 del 2015).
L’accoglimento dei superiori motivi determina l’assorbimento dei restanti: del terzo motivo, col quale si deduce violazione di legge (art. 62 sexies d.l. 331/93 e 39 comma 1 d.P.R. 600/73 in relazione agli artt. 2727 ss. c.c.), non avendo la C.T.R. indicato le prove sull’attendibilità dello studio di settore applicato e avendolo ritenuto legittimo, pur in presenza di un minimo scostamento (8% circa); del quarto motivo, col quale si deduce violazione di legge (art. 62 sexies d.l. 331/93 in relazione agli artt. 2697 e 2727 c.c.), per avere la sentenza affermato che sussistevano i presupposti per l’applicazione degli studi di settore in assenza di un grave scostamento fra dichiarato e accertato; del quinto motivo, col quale si denunzia omessa motivazione (sul mancato esame delle gravi incongruenze).
In conclusione, in accoglimento del primo e secondo motivo dei ricorsi, assorbiti i restanti, le sentenze impugnate vanno cassate e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito (ex art. 384 comma 2 c.p.c.) con l’accoglimento dei ricorsi introduttivi proposti dai contribuenti.
Le spese vanno compensate in ragione della peculiarità della fattispecie.
P.Q.M.
Riunito al ricorso RGN 19627/2011 il ricorso RGN 19628/2011, li accoglie, cassa le sentenze impugnate e decidendo nel merito accoglie i ricorsi introduttivi dei contribuenti. Compensa le spese dell’intero processo.
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