CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 aprile 2017, n. 10580
Licenziamento per giusta causa – Violazioni prescrizioni di sicurezza – Affissione del codice disciplinare
Fatti di causa
Con sentenza del 22 luglio 2014, la Corte d’Appello di Bologna, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Bologna, rigettava la domanda proposta da S.G. nei confronti della H.L. S.r.l., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatole per motivi disciplinari a fronte dell’addebito consistito nell’aver violato le prescrizioni di sicurezza nell’esecuzione di un intervento su una cabina elettrica di media tensione.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la sanzione legittimamente irrogata sotto il profilo formale essendo emersa la prova dell’affissione del codice disciplinare e sotto il profilo sostanziale, per essere essa proporzionata alla condotta contestata effettivamente tenuta dall’interessato, essendo questa tale da riflettere l’intenzionalità e la consapevolezza della violazione delle disposizioni antinfortunistiche previste dal datore, rispetto alle quali non possono rilevare le valutazioni personali di assenza del rischio dall’interessato desunte dalle condizioni peculiari dell’intervento.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il G., affidando l’impugnazione a sei motivi, cui resiste, con controricorso, la Società, che ha poi presentato memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare il vizio di insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamenta l’incongruità logica e giuridica, rispetto alle caratteristiche della cabina elettrica oggetto dell’intervento ed alla nuova normativa in materia di sicurezza, della valutazione di alta pericolosità della condotta del ricorrente espressa dalla Corte territoriale.
Con il secondo motivo, il ricorrente, nel denunciare ancora il vizio di insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamenta l’incongruità logica e giuridica della valutazione resa dalla Corte territoriale in ordina all’inaffidabilità del ricorrente quanto all’esatto adempimento delle prestazioni future.
L’insufficienza della motivazione è ulteriormente predicata nel terzo motivo con riguardo alla ritenuta raggiunta prova dell’affissione del codice disciplinare.
Con il quarto motivo, denunciando genericamente la violazione e falsa applicazione di norme di legge e di contratto collettivo, si imputa alla Corte territoriale di essersi pronunciata sulla legittimità della condotta in difetto della specificazione della norma sanzionatoria violata.
Il medesimo vizio è denunciato nel quinto motivo con riferimento alla mancata considerazione dell’obbligo derivante al datore dal contratto collettivo di specificare, al di là della condotta addebitata, la tipologia di pregiudizio cui si intende reagire con l’azione disciplinare.
Carente di motivazione è altresì ritenuto nel sesto motivo il giudizio di proporzionalità della sanzione alla condotta addebitata espresso dalla Corte territoriale.
Procedendo all’esame del ricorso secondo la priorità logica delle censure sollevate, va rilevata l’inammissibilità del terzo motivo , non rivelando la motivazione in base alla quale la Corte territoriale ha ritenuto provata l’affissione del codice disciplinare carenze riconducibili all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, unico profilo in relazione al quale, a seguito della novella di cui all’art. 54 del d.l. n. 83/2012 convertito nella legge n. 134/2012 modificativo dell’art. 360, n. 5, c.p.c., è ora deducibile il vizio di motivazione.
Parimenti inammissibili si rivelano il quarto ed il quinto motivo, stante la loro inconferenza rispetto al chiaro riferimento della valutazione compiuta dalla Corte territoriale in ordine alla legittimità o meno della condotta addebitata al ricorrente al parametro normativo dato dall’art. 2119 c.c. e dalle disposizioni del contratto collettivo ammissive dell’irrogazione del licenziamento per giusta causa a fronte di comportamenti tali da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto.
Non diversamente è a dirsi per il primo, secondo e sesto motivo, che, per riferirsi tutti , alla valutazione espressa dalla Corte territoriale in ordine alla ricorrenza dell’invocata giusta causa di recesso, con riguardo alla gravità della condotta ed alla proporzionalità ad essa della sanzione irrogata, possono essere qui congiuntamente esaminati.
L’inammissibilità dei predetti motivi discende ancora dalla sopra rilevata non deducibilità del vizio di omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, nella specie, del resto, non riscontrabile, risultando la decisione sorretta da una motivazione logicamente fondata sull’estrema superficialità del contegno del lavoratore indotta dalla certezza di padroneggiare una situazione di oggettivo pericolo specificatamente fatta oggetto dalla Società di misure di prevenzione e sulla probabilità, in relazione alla sicumera dimostrata, del riproporsi di una analoga evenienza, rilievi tali da indurre correttamente a ritenere il venir meno dell’affidamento del datore sull’esatto adempimento delle prestazioni future.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con compensazione delle spese in relazione al contrastante esito dei giudizi di merito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13
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