CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 giugno 2017, n. 16167
Tributi – Imposta di registro – Trasferimento di immobile per effetto dell’utilizzo da parte dell’ente pubblico in assenza di un legittimo provvedimento espropriativo – Occupazione acquisitiva – Imposta in misura proporzionale
Rilevato che
1. I contribuenti impugnavano l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate determinava, nella misura proporzionale del 3% ex art. 8 comma 1 lett. b) DPR n. 131 del 1986, l’imposta di registro dovuta in relazione alla sentenza emessa dal Tribunale di Foggia ed avente ad oggetto l’occupazione acquisitiva di immobili di proprietà dei contribuenti;
2. la CTR di Foggia confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso, ritenendo che la sentenza sottoposta a tassazione, riguardando un’ipotesi di trasferimento di immobile per effetto dell’utilizzo da parte dell’ente pubblico in assenza di un legittimo provvedimento espropriativo, fosse comunque equiparabile alle ipotesi di trasferimento immobiliare per effetto di una legittima procedura di esproprio e, pertanto, l’imposta di registro doveva essere calcolata in misura fissa;
3. avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi di impugnazione, i contribuenti resistevano con controricorso e ricorso incidentale, depositando memoria difensiva.
Considerato che
1. con il primo motivo si deduce la violazione di legge in ordine agli artt. 20, 44 comma 2 del DPR n. 131 del 1986 ed art. 8 dell’allegata Tariffa; con il secondo motivo, proposto in via subordinata e per il caso in cui si dovesse ritenere che la CTR non abbia ritenuto sussistente la fattispecie dell’occupazione acquisitiva, si deduceva il vizio di motivazione; i due motivi, essendo strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente;
2. preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità sollevata dai contribuenti, sul presupposto della genericità dei motivi e della mancata indicazione degli atti processuali sui quali si fonda il ricorso; invero, essendo il ricorso fondato principalmente sulla violazione di legge, la prospettazione dell’errata interpretazione e l’indicazione della diversa soluzione di cui si chiede l’accoglimento in questa sede consentono di cogliere appieno l’oggetto del giudizio; neppure fondata è la dedotta carenza di autosufficienza per mancata riproduzione del contenuto della risoluzione ministeriale n. 254 del 2002, trattandosi di atto sul quale evidentemente non si fonda il ricorso né la sentenza impugnata;
2. nel merito, il solo primo motivo di ricorso è fondato; occorre premettere che il dedotto vizio di motivazione, concernente la qualificazione giuridica della fattispecie in esame, non ricorre, atteso che la CTR ha – sia pur sinteticamente – precisato che la fattispecie in esame rientra nella cosiddetta “accessione invertita”, adducendo a supporto sia il fatto che ai privati è stato riconosciuto il danno conseguente all’illegittima occupazione anziché la sola indennità di esproprio, sia la pronuncia in ordine alla giurisdizione dell’AGO, nel regime antecedente all’art. 34 d.lgs. n. 80 del 1998 che ha attribuito alla giurisdizione amministrativa anche i “comportamenti” della P.A. in materia di urbanistica ed uso del territorio; ne consegue che la CTR ha correttamente qualificato il fatto oggetto della sentenza sottoposta al registro, dovendosi unicamente verificare la correttezza o meno della tassazione in misura proporzionale;
3. per consolidato orientamento di questa Corte, dal quale non si ritiene di discostarsi, alla sentenza che condanna la P.A. al risarcimento del danno per occupazione illegittima acquisitiva di un’immobile non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 44, secondo comma, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per l’espropriazione per pubblica utilità e gli altri atti della pubblica autorità traslativi o costitutivi della proprietà, in quanto, pur essendo ai diversi comportamenti dell’amministrazione comuni gli effetti traslativi, è nondimeno diverso il titolo in base al quale il proprietario del fondo subisce la privazione del proprio diritto, essendo destinate le somme corrisposte, nel primo caso, a risarcire la perdita patrimoniale conseguente ad una attività illecita della p.a., e non riguardando, pertanto, il trasferimento, già avvenuto per effetto del fatto illecito. Una siffatta sentenza ha quindi natura meramente patrimoniale, ed è soggetta ad imposta secondo la disciplina stabilita per tali atti dalla tariffa allegata al citato d.P.R. n. 131 del 1986, con responsabilità solidale delle parti in causa (Cass. 2/2/2005, n. 2108; conf.: Cass. 22/5/2008, n. 13125);
4. è, pertanto, incorsa nella lamentata violazione di legge la sentenza della CTR che, discostandosi dal principio giurisprudenziale sopra richiamato, ha ritenuto di equiparare l’occupazione acquisitiva al legittimo provvedimento di espropriazione per pubblica utilità;
5. con il primo motivo di ricorso incidentale, i contribuenti sollevano l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 8 della Tariffa allegata al DPR n. 131 del 1986, per violazione degli artt. 3, 24 e 42 Cost. ed art. 1 e 6 della CEDU, ritenendo ingiustificato il differente regime di calcolo dell’imposta di registro previsto con riferimento agli atti di esproprio legittimi, rispetto all’ipotesi dell’accessione invertita;
6. il motivo è infondato e la questione di illegittimità costituzionale va dichiarata manifestamente infondata, atteso che il presupposto di partenza – individuabile nell’identità di fattispecie diversamente disciplinate – non è corretto; l’equiparazione tra le due diverse ipotesi in esame non è consentita, atteso che a fronte del comune effetto traslativo, diverso è il titolo in base al quale il proprietario del fondo subisce la privazione del proprio diritto; nell’ipotesi di occupazione illegittima acquisitiva, le somme corrisposte sono destinate a risarcire la perdita patrimoniale conseguente un’attività illecita della pubblica amministrazione, tant’è che la determinazione del danno avviene sulla base del valore venale ed in funzione risarcitoria del danno, mentre nella fattispecie dell’espropriazione per pubblica utilità al proprietario spetta una “indennità” diversamente commisurata e non equiparabile al danno subito (in tal senso, Cass. 26/7/2012, n. 13294, secondo cui «Nell’occupazione acquisitiva il fatto generatore di danno è costituito dalla condotta illecita della P.A. espropriante, concretatasi anzitutto nell’apprensione degli immobili senza alcun titolo e, quindi, nel perdurare della detenzione abusiva ed irreversibile senza più rimettere i beni nella disponibilità del proprietario; pertanto, l’indennizzo dovuto a tale titolo si diversifica dall’indennità di espropriazione proprio per la sua natura risarcitoria, ancorata all’intero valore venale dell’immobile, che non tollera il ricorso a criteri riduttivi per la sua liquidazione»);
7. ad escludere ogni dubbio in ordine alla denunciata incostituzionalità, va richiamata la sentenza della Corte Costituzionale n. 349 del 2007 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5-bis, comma 7-bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, proprio perché prevedeva la liquidazione del danno nel caso di occupazione acquisitiva riconoscendo un importo maggiorato dell’indennità di esproprio, in tal modo non prevedendo un ristoro integrale del danno subito per effetto dell’occupazione acquisitiva da parte della pubblica amministrazione, corrispondente al valore di mercato del bene occupato; tale pronuncia si fondava proprio sulla diversità di natura giuridica degli istituti giuridici in esame, con la conseguente illegittimità costituzionale del criterio di liquidazione del danno che tenesse conto della natura di fatto illecito insita nell’occupazione acquisitiva e della conseguente inapplicabilità delle previsioni previste per la procedura di esproprio per pubblica utilità;
8. con il secondo motivo di ricorso incidentale, si deduce la violazione dell’art. 1292 cod.civ. in relazione alla solidarietà passiva, ritenendosi che l’obbligazione per l’imposta di registro dovrebbe gravare unicamente sull’ente al cui patrimonio è stato acquisito l’immobile; la tesi è infondata, attesa la previsione dell’art. 57 DPR n. 131 del 1986 e come espressamente chiarito dalla sopra richiamata Cass. 2/2/2005, n. 2108;
9. con il terzo motivo di ricorso incidentale si deduce la violazione dell’art. 11 d.lgs. n. 347 del 1990, assumendo i resistenti che le imposte ipo-catastali dovrebbero gravare unicamente in favore dell’espropriante; il motivo va dichiarato inammissibile, non essendo riprodotto, né richiamato, l’atto di appello incidentale con il quale la questione sarebbe stata sottoposta all’esame della CTR e non essendo desumibile dalla sentenza che il predetto motivo ha costituito oggetto della controversia;
11. al riconoscimento della legittimità degli avvisi di accertamento consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, potendosi decidere nel merito la controversia con il conseguente rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento.
10. in considerazione della specificità della questione e del fatto che rispetto ad alcuni dei motivi proposti non sussistono precedenti giurisprudenziali specifici, si ritiene equo compensare le spese del presente grado di giudizio;
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, annulla senza rinvio la sentenza della CTR di Bari, Sez. Foggia, n. 226/26/11 del 17.1.2011. Rigetta il primo e secondo motivo di ricorso incidentale e dichiara inammissibile il terzo. Decide nel merito ex art. 384 cod.proc.civ. rigettando il ricorso originariamente proposto dai contribuenti avverso l’avviso di liquidazione.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
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