CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 giugno 2017, n. 16168
Tributi indiretti – Imposte di registro, ipotecaria e catastale – Cessione terreno – Accertamento – Stima UTE
Rilevato che
1. il contribuente impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate provvedeva a rettificare il valore di un terreno ceduto dal contribuente, liquidando le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale;
2. la CTR di Firenze, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso, ritenendo la violazione degli artt.51 e 52 DPR n.131 del 1986, essendo insufficiente la mera stima sintetica resa dall’UTE, peraltro svolta senza valutare adeguatamente le peculiarità del terreno in esame;
3. avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con due motivi di impugnazione, il contribuente resiste con controricorso.
Considerato che
1. con il primo motivo si deduce la violazione di legge in ordine agli artt. 51 e 52 DPR n.131 del 1986, nonché il vizio motivazionale conseguente alla ritenuta insufficienza della stima sintetica; i due motivi, concernendo aspetti strettamente consequenziali, possono essere esaminati congiuntamente;
2. la dedotta violazione di legge non è dirimente ai fini del giudizio atteso che, a fronte delle puntuali contestazioni circa i criteri di , calcolo del maggior valore, era onere dell’Agenzia delle Entrate dimostrare la correttezza della stima UTE in sede di giudizio;
3. proprio su tale aspetto si incentra la motivazione della sentenza della CTR che appare immune da censure, con conseguente rigetto del secondo motivo di ricorso, che si risolve in una inammissibile censura di merito;
4. per consolidata giurisprudenza, infatti, «La motivazione omessa o insufficiente sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Sez.Un.24148/13; Cass. 6288/11);
5. nel caso di specie, la CTR ha ritenuto – con motivazione sintetica, ma immune da censure di ordine logico – che il mero riferimento agli indici contenuti nella stima UTE non consentiva di ritenere dimostrato il maggior valore, facendo buon uso della regola di giudizio secondo cui qualora la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima dell’UTE o di altro ufficio tecnico, che ha il valore di una semplice perizia di parte, il giudice investito della relativa impugnazione, pur non potendo ritenere tale valutazione inattendibile solo perché proveniente da un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria, non può considerarla di per sé sufficiente a supportare l’atto impositivo, dovendo verificare la sua idoneità a superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi (Cass. 8/5/2015, n.9357; Cass. 15/3/2006, n.5645);
6. nel caso di specie, la CTR ha ritenuto che il valore non sia stato compiutamente accertato, essendo stata omessa una specifica valutazione della “particolarità dell’oggetto” in tal modo facendo implicitamente riferimento alle difese del contribuente che lamentava il particolare degrado del terreno, conseguente ad “interventi pubblici che costituiscono servitù (tralicci dell’alta tensione, interramento tubazioni) escavazioni, riempimenti, scarico di inerti e insediamenti abusivi di un campo nomade” elementi – ad eccezione del solo campo nomadi – non indicati nella stima UTE;
7. alcun vizio motivazionale è, pertanto, ravvisabile in quanto tale censura non può consistere nella difformità di apprezzamento di elementi di fatto emersi nel contraddittorio per cui è causa, diversamente valutati dalle parti, poiché tale potere sull’apprezzamento dei fatti e delle prove spetta unicamente al giudice di merito;
8. l’accoglimento del secondo motivo di ricorso determina l’assorbimento della questione relativa alla validità formale dell’avviso di accertamento;
9. le spese seguono la soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 % ed agli accessori di legge.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
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