CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 luglio 2017, n. 18814
Tributi – IRPEF – Ritenute alla fonte – Somme erogate alla cessazione del rapporto di lavoro – Fondo pensione PIA – Liquidazione in forma di capitale mediante la capitalizzazione della pensione integrativa – Prova dell’entità delle somme provenienti dal cd. rendimento e dell’effettivo investimento sul mercato – Necessaria idonea certificazione
Rilevato che
G.I. ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. del Lazio, n. 7720/20/14 dep. 17.12.14, proveniente da rinvio (Cass. n. 21402/2012), che ha accolto l’appello principale dell’Ufficio, su impugnazione del silenzio rifiuto dell’istanza di rimborso proposta dal contribuente, ex dirigente E., per l’esclusione della ritenuta, o in subordine dell’applicazione della minore aliquota del 12,50%, sulla somma erogata alla cessazione del rapporto di lavoro come liquidazione in forma di capitale mediante la capitalizzazione della pensione integrativa maturata per l’adesione al fondo pensione PIA.
La C.T.R., al fine di attenersi al principio di diritto contenuto nella sentenza di rinvio e in adesione alle S.U. n. 13642/2011, ha ritenuto non provati né l’entità delle somme provenienti dal c.d. rendimento, né l’effettivo investimento sul mercato di dette somme, considerando la certificazione prodotta inidonea ad accertare “che vi sia stato e quale sia stato l’impiego da parte del fondo del capitale accantonato e quale e quanto sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego”, spettando al contribuente che chiede il rimborso “l’onere di allegare e provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda”. Peraltro in base all’accordo E./Fndai risulta che “l’importo della stessa prestazione è predeterminato fin dall’inizio”, con conseguente impossibilità di “individuare un rendimento derivante dall’impiego sul mercato da parte del fondo”, risultando la determinazione “dell’importo della stessa prestazione predeterminato fin dall’inizio” “in base ad un predeterminato calcolo di matematica attuariale”.
L’Agenzia si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza.
Il ricorrente deposita memoria ex art. 378 c.p.c..
Considerato che
1. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione di legge (artt. 1 e 63 d.lgs. 546/92 in relazione a 384 c.p.c.), non avendo la C.T.R. applicato il principio di cui alla sentenza di rinvio (Cass. 21402/12) sull’impiego del capitale P.I.A. e della sua produzione di rendimento, dandosi per scontato il rendimento, che doveva essere solo quantificato.
2. Col secondo motivo si deduce vizio di motivazione, avendo C.T.R., con riferimento alla relazione tecnica di parte, opposto una motivazione apparente e quindi inesistente;
3. col terzo motivo si deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 I. 482/1985, per violazione degli artt. 3 e 24 cost., sussistendo disparità di trattamento, posto che la indicata norma è suscettibile di una applicazione non uniforme a seconda della riconducibilità del capitale a contratti di assicurazione vita o a contratti previdenziali.
4. Il ricorso è infondato e va respinto.
Con i tre motivi di ricorso, che vanno trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, viene riproposta la questione del regime fiscale delle somme corrisposte ai dirigenti dell’E. s.p.a. a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale erogato da apposito fondo.
La C.T.R., con congrua motivazione, si è attenuta ai principi enunciati dalle S.U. di questa Corte, come confermati anche da recente giurisprudenza, secondo cui «in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo vigente ratione temporis); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 legge 26 settembre 1985, n. 482, alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico – attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate» (Cass. n. 10285 del 2017). Con l’indicata sentenza questa Corte ha ulteriormente specificato il concetto di somme rinvenienti dalla liquidazione del “rendimento netto”, per tali dovendosi intendere esclusivamente “le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato e non quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico attuariali di capitalizzazione finalizzati a garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate”. In altri termini la ritenuta del 12,50% propria dei redditi da capitale può essere riconosciuta soltanto in riferimento agli specifici importi , maturati non oltre il 31.12.2000 dal “vecchio” iscritto al fondo previdenziale integrativo aziendale, allorché lo stesso fornisca la prova (il cui onere sul percipiente le somme assoggettate a ritenuta asseritamente eccedente quanto dovuto, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602) che, nell’ambito degli importi maturali sino e non oltre il 31.12.2000, siano comprese specifiche somme frutto dall’investimento sul mercato dei contributi affluiti sul fondo a seguito dei versamenti del datore di lavoro e del dipendente.
La C.T.R. ha ritenuto non provati né l’entità delle somme provenienti dal c.d. rendimento, né l’effettivo investimento sul mercato di dette somme, considerando a tal fine inidonea la certificazione prodotta e risultando invece, in base all’accordo Enel/Fndai, che si tratta di importi di cui è impossibile individuare un rendimento, in quanto somme predeterminate in base a un calcolo di matematica attuariale.
Ciò in quanto trattasi di accantonamenti effettuati dall’ente datore di lavoro, attraverso il fondo di previdenza integrativa, idonei a costituire riserva matematica per la erogazione delle future prestazione previdenziali, commisurata su base retributiva e non contributiva, che non costituiscono rendimenti derivanti dall’investimento sul libero mercato.
5. Il ricorso va conseguentemente rigettato.
6. In considerazione del consolidarsi della giurisprudenza posta a base della decisione in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, vanno compensate le spese dell’intero processo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese dell’intero processo. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
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