CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 luglio 2017, n. 18843
Accesso al prepensionamento volontario – Art. 1, D.L. 100/1994 – Aumento dell’anzianità contributiva – Riconoscimento – Condizioni
Fatti di causa
Con sentenza depositata il 7.10.2010, la Corte d’appello di Napoli confermava la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di C.S. volta a beneficiare, a seguito dell’accesso al prepensionamento volontario di cui all’art. 1, d.l. n. 100/1994, dell’aumento di anzianità contributiva utile a conseguire i quarant’anni di contribuzione previdenziale.
La Corte, per quanto qui rileva, riteneva che l’art. 1, d.l. cit., ancorasse il riconoscimento del beneficio dell’aumento dell’anzianità contributiva al raggiungimento della prima tra le due condizioni previste dalla norma, identificate rispettivamente nel compimento del sessantesimo anno d’età e nel conseguimento dei quarant’anni di anzianità contributiva, di talché, avendo l’assicurata beneficiato dell’aumento in ragione di due anni e raggiunto il sessantesimo anno d’età anagrafica, non poteva ulteriormente richiedere il beneficio per conseguire l’anzianità contributiva massima, ancorché gli anni a tal fine mancanti dalla data della risoluzione del rapporto di lavoro fossero contenuti entro il tetto di otto annualità previsto dall’art. 1, d.l. cit., quale limite massimo di concessione del beneficio medesimo.
Contro tali statuizioni ricorre Cira Spirito con un unico motivo. L’INPS resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 3, d.l. n. 100/1994, degli artt. 97-98 del Regolamento Unico Nazionale per i dipendenti di enti portuali e dell’art. 12 prel. c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che l’avvenuto riconoscimento del beneficio dell’aumento dell’anzianità contributiva fino al compimento del 60° anno di età ne esaurisse la portata operativa, irrilevante restando il fatto che, qualora detto beneficio le fosse stato accordato nella misura massima di otto anni, ella avrebbe potuto conseguire la massima anzianità contributiva.
Va premesso, al riguardo, che l’art. 1, d.l. n. 100/1994 (non convertito in legge, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dall’art. 1, comma 2, I. n. 647/1997), aveva previsto che ai lavoratori che accedessero al pensionamento anticipato fosse concesso «l’aumento dell’anzianità contributiva per un periodo massimo di otto anni e comunque non superiore alla differenza tra la data di risoluzione del rapporto o di cancellazione dai ruoli e quella di raggiungimento del sessantesimo anno di età, ovvero del periodo necessario al compimento dei quaranta anni di contribuzione previdenziale».
La Corte di merito ha interpretato l’anzidetta disposizione nel senso che il beneficio dell’anzianità contributiva dev’essere concesso fino al raggiungimento da parte del lavoratore di una delle due condizioni previste quale limite per la sua concessione (compimento dei sessanta anni d’età ovvero di quarant’anni di anzianità contributiva), escludendo per contro che lo scopo della disposizione cit. fosse anche quello di garantire al lavoratore prepensionato la possibilità di conseguire la massima anzianità contributiva possibile, sia pure entro il limite massimo delle otto annualità.
Opposto assunto è sostenuto da parte ricorrente: a suo avviso, infatti, i due criteri dell’anzianità anagrafica e dell’anzianità contributiva sarebbero, nell’ottica del legislatore, del tutto equivalenti, onde nessun fondamento normativo avrebbe la pretesa di ancorare la concessione del beneficio al sopraggiungere del primo dei due eventi considerati.
Reputa il Collegio che tale ultima prospettazione sia infondata. Scopo della disposizione citata è quello di garantire un beneficio a quanti accedano alla misura del pensionamento anticipato, a sua volta istituita per fronteggiare l’acclarata eccedenza di personale nel settore portuale: il legislatore, all’evidenza, ha inteso per un verso ridurre i lavoratori dipendenti presenti nel settore, in considerazione degli elevati costi connessi alla loro gestione, e per altro verso garantire a quanti volontariamente aderissero al pensionamento anticipato un beneficio, consistente nell’aumento dell’anzianità contributiva, che consentisse loro di accedere quanto più rapidamente possibile alla pensione.
Intesa in questo senso, la previsione normativa (peraltro di tenore assolutamente analogo a molte altre adottate in precedenza per il personale dipendente degli enti portuali: v. ad es. art. 9, comma 3, d.l. n. 873/1986, conv. con I. n. 26/1987) non soffre di alcuna incongruenza lessicale, come invece ritenuto dalla Corte di merito: scopo del legislatore essendo quello di accordare il beneficio allo scopo di far conseguire quanto più rapidamente possibile la pensione, la disposizione, dopo aver previsto un tetto massimo di otto annualità alla concessione del beneficio, ha semplicemente fissato in sessanta anni la soglia per l’accesso alle prestazioni pensionistiche di vecchiaia e richiamato il criterio vigente di accesso alla pensione di anzianità per fissare un ulteriore limite all’erogazione del beneficio nel caso in cui il lavoratore prepensionato avesse conseguito i quarant’anni di contribuzione previdenziale prima del compimento dei sessant’anni d’età.
La suesposta interpretazione è confermata dal successivo comma 4 dell’art. 1, dl. n. 100/1994, il quale, nell’estendere ai dipendenti di numerose imprese operanti nel settore della navigazione «i trattamenti di pensionamento anticipato di cui all’articolo 6, comma 17, del decretolegge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236», stabilisce che il trattamento di pensione debba essere liquidato «sulla base dell’anzianità contributiva, aumentata di un periodo pari a quello compreso tra la data di risoluzione del rapporto di lavoro e quella del conseguimento del sessantesimo anno di età, ovvero del minor periodo necessario al conseguimento di quaranta anni di contribuzione previdenziale»: trattasi, all’evidenza, di disposizione di contenuto affatto analogo a quella dianzi esaminata e il cui diverso tenore letterale non si deve affatto, come ritenuto da parte ricorrente, al fatto che solo quest’ultima (e non la prima) prevederebbe che debba essere accordato il beneficio di importo minore, giacché – come anzidetto – l’unico beneficio che il legislatore ha inteso in entrambe le disposizioni accordare è il più rapido conseguimento della pensione, di vecchiaia o di anzianità. E’ poi appena il caso di precisare che contrari argomenti non possono desumersi dal tenore degli artt. 97-98 del Regolamento Unico Nazionale per i dipendenti di enti portuali, giacché – come già ritenuto da questa Corte in fattispecie analoghe – la disciplina del pensionamento anticipato ha tipicamente carattere eccezionale e derogatorio rispetto alla generale disciplina propria dell’accesso alla pensione nel settore di riferimento (giurisprudenza consolidata fin da Cass. n. 6187 del 1995) e sarebbe dunque irragionevole assumere quest’ultima a parametro per la sua interpretazione.
Il ricorso, pertanto, va rigettato. Tenuto conto della novità e complessità della fattispecie, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese.
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