Condono – Definizione dei tributi – Liti pendenti – Liquidazione del tributo – Art.16, L. n.289 del 2002 – Insufficiente versamento del tributo – Controllo automatizzato – Art.36-bis, d.P.R. n.600 del 1973 – Iscrizione a ruolo – Contestazione – Primo atto della pretesa fiscale – E’ tale – Condono – Ammissibilità
Ritenuto in fatto
A norma dell’art. 36 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 l’Agenzia delle Entrate procedeva al controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2004 presentata da C.O., rilevando l’insufficiente versamento delle imposte Irpef, Irap ed Iva dichiarate, per un importo complessivo di euro 30.752 comprensivo di interessi e sanzioni.
C.O. proponeva ricorso in proprio alla Commissione tributaria provinciale di Bari che con sentenza n.168 del 2008 lo accoglieva parzialmente .
Il contribuente proponeva appello alla Commissione tributaria regionale di Bari che lo rigettava con sentenza del 2.7.2010. Il giudice di appello osservava che la cartella di pagamento conteneva semplicemente la richiesta di versamento della differenza tra imposte dichiarate ed imposte versate, con l’aggiunta degli interessi e delle sanzioni, e che era onere del contribuente dimostrare di avere versato quanto autonomamente dichiarato nella presentazione del Modello unico.
Contro la sentenza del giudice di appello il contribuente propone cinque motivi di ricorso per cassazione: 1) violazione degli artt. 112 e 115 cod.proc.civ. nonché dell’art. 2909 cod.proc.civ. e dell’art. 36 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, in relazione all’art. 360 primo comma n.3 cod. proc. civ., poiché la cartella non indica alcun errore di calcolo o errore materiale della dichiarazione ma solo maggiori imposte; l’affermazione del giudice di appello secondo cui si tratta di imposte dichiarate e non versate non trova alcun riscontro negli atti, poiché il ricorrente ha pagato esattamente quanto dovuto; 2) violazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 primo comma n.3 cod.proc.civ., nella parte in cui ha stabilito che è onere del contribuente dimostrare l’avvenuto versamento delle imposte dichiarate, essendo invece onere dell’Amministrazione finanziaria che accampi maggiori pretese provarne gli elementi giustificativi; 3) violazione degli artt. 3 della legge 241 del 1990, art. 7 legge 212 del 2000, art. 1 legge n. 32 del 2001, art.42 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, in relazione all’art. 360 primo comma n.3 cod.proc.civ., per mancata indicazione, ad opera dell’Amministrazione finanziaria, dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato l’emissione della cartella , con conseguente nullità della stessa a norma dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600; 4) insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo controverso, in relazione all’art. 360 n.5 cod.proc.civ., nella parte in cui la Commissione tributaria regionale non ha riconosciuto la detraibilità, oltre ai contributi previdenziali soggettivi, anche dei contributi previdenziali integrativi versati alla Cassa nazionale forense; 5) violazione degli artt. 3 comma 3 e 12 del d.lgs. n. 472 del 1997, 2 d.lgs n. 99 del 2000, in relazione all’art. 360 primo comma n.3 cod. proc. civ.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
In pendenza del giudizio presso questa Corte, C.O. presentava istanza di definizione della lite pendente a norma dell’art. 39 comma 12 della legge n. 111 del 2011. L’Agenzia delle Entrate rigettava l’istanza osservando che la cartella costituiva un atto della riscossione e non un atto impositivo e che il valore della lite superava l’importo di euro 20.000.
Il provvedimento di diniego veniva impugnato dal contribuente davanti a questa Corte (ricorso n. 22170/2012), deducendo due motivi di ricorso: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della legge n 111 del 2011 e 16 legge 289 del 2002, nella parte in cui ha ritenuto che la cartella in oggetto non costituisca atto impositivo suscettibile di definizione agevolata; 2) violazione dell’art.39 comma 12 della legge n. 111 del 2011 nella parte in cui ha ritenuto che il valore della lite sia superiore ad euro 20.000 considerato che, escludendo interessi e sanzioni, l’imposta richiesta in pagamento si riduce ad euro 18.524.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Il ricorrente deposita memoria
Considerato in diritto
Preliminarmente si dispone la riunione dei ricorsi per ragioni di connessione a norma dell’art. 274 cod.proc.civ. Sussistendo rapporto di pregiudizialità deve essere esaminato per primo il ricorso “pregiudicante” contro il diniego di condono.
Il ricorso è fondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di condono fiscale, rientrano nel concetto di lite pendente, con possibilità di definizione agevolata ai sensi dell’art. 16, comma 3 della legge n. 289 del 2002, le controversie relative a cartella esattoriale emessa ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, non preceduta da atto di accertamento, la quale è impugnabile non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva, trattandosi del primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente. (sulla applicabilità del condono, Sez. 6-5, Ordinanza n. 1295 del 25/01/2016, Rv. 638632; sulla impugnabilità della cartella emessa ai sensi dell’art. 36 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 anche per motivi attinenti al merito della pretesa tributaria, Sez. 5, Sentenza n. 1263 del 22/01/2014, Rv. 629155).
La lite fiscale pendente, avente ad oggetto la cartella di pagamento impugnata, rientra nei limiti di ammissibilità del condono stabiliti dall’art.39 comma 12 legge n.98 del 2011, avendo valore non superiore ad euro 20.000, tenuto conto della riduzione della pretesa impositiva disposta dalle Commissioni tributarie e del provvedimento di sgravio del 25.7.2011 per ulteriori euro 1.554, documentato dal ricorrente con l’allegato 4 al ricorso; inoltre, ai fini della determinazione del valore della lite, non si deve tenere conto dell’importo di interessi e sanzioni (art. 16 comma 3 lett. c della legge n.289 del 2002 richiamato dall’art.39 comma 12 della legge n. 111 del 2002).
Poiché il contribuente ha legittimamente aderito alla definizione agevolata della lite fiscale pendente avente ad oggetto la cartella impugnata, il diniego di condono deve essere annullato; per l’effetto il giudizio sulla cartella di pagamento deve essere dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere a seguito di adesione al condono.
Si compensano le spese di entrambi i giudizi, considerato che la causa di estinzione del debito tributario è successiva alla emissione della cartella di pagamento, e valutato il carattere recente della giurisprudenza che ha ritenuto atti impositivi condonabili le cartelle emesse a norma dell’art. 36 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso contro il diniego di condono che annulla; per l’effetto dichiara estinto il giudizio avente ad oggetto la cartella di pagamento per intervenuta definizione della lite fiscale pendente. Spese compensate.