CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 dicembre 2016, n. 27323
Rimborso – Maggiori ritenute Irpef, addizionale regionale e comunale trattenute sulla pensione integrativa – Non sissiste
Svolgimento del processo
La controversia concerne l’impugnazione, da parte di un titolare di pensione integrativa in precedenza erogata dal C.A. del P.G. (ex C.A.P), del provvedimento di rigetto avverso l’istanza di rimborso relativa a maggiori ritenute Irpef, addizionale regionale e comunale che l’Inps avrebbe erroneamente trattenuto sul 100% della pensione integrativa, per gli anni in contestazione (1996-2007), poiché la base imponibile sulla quale doveva essere calcolata era, ad avviso del ricorrente, l’87,50%.
La ctp dichiarava inammissibile il ricorso, perché era stato chiamato in giudizio un ufficio finanziario territorialmente incompetente (rispetto al domicilio fiscale della contribuente, per gli anni in contestazione), e non era stato provato che avesse mai ricevuto l’istanza di rimborso, sulla quale, pertanto, non poteva neppure astrattamente ipotizzarsi la formazione del silenzio rifiuto e, quindi, un atto impugnabile, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 546/92.
La CTR confermava la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, mentre l’ufficio ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con i primi due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, la parte contribuente ha denunciato il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, in particolare, degli artt. 59 e 14 del d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, i giudici d’appello, in violazione delle norme di cui alla rubrica, avrebbero dovuto rimettere la causa davanti al giudice di primo grado, per l’integrazione del contraddittorio con l’ufficio finanziario territorialmente competente, ovvero, in via subordinata, integrare, se reputato necessario, il contraddittorio, decidere, quindi, nel merito la controversia e riconoscere alla contribuente il diritto al rimborso delle somme indebitamente versate per gli anni dal 1997 al 2007, oltre agli interessi legali dal giorno della presentazione della domanda; in buona sostanza, ad avviso della ricorrente, la notifica del ricorso introduttivo del giudizio, ad un ufficio dell’Agenzia delle Entrate non competente, integra un errore sanabile in virtù del principio di buona fede e di collaborazione nei rapporti fra Amministrazione finanziaria e contribuente, di cui all’art. 10 dello Statuto del contribuente.
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 7 bis, 13 comma 8 del d.lgs. n. 124/93, relativo alle forme pensionistiche e dell’art. 48 bis comma 1 del DPR n. 917/86 (ratione temporis applicabile), in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, premesso che le somme percepite dall’iscritto al Fondo Cap si doveva ritenere che avessero natura integrativa, in quanto si aggiungevano all’assicurazione generale obbligatoria (benché i due trattamenti fossero entrambi erogati dall’Inps, a seguito del subentro dell’Istituto alle casse interne), alla luce di ciò, in relazione al regime fiscale, doveva farsi riferimento al d.lgs. n. 124 del 1993 (disciplina delle forme pensionistiche complementari), il quale, a seguito di successivi interventi legislativi, prevedeva un rinvio al TUIR (DPR n. 917/86, nella versione vigente e secondo la numerazione ante riforma 2004), in virtù del quale, la tassazione della base imponibile del reddito percepito a titolo di prestazione previdenziale integrativa, doveva ritenersi circoscritto nella misura agevolata dell’87,50% (art. 48 comma 7 bis del DPR n. 917/86 come inserito dall’art. 11 comma 8 della legge n. 335 del 1995).
Osserva questa Corte che va esaminato, in via preliminare, superando le questioni processuali, il terzo motivo di ricorso, che attiene all’oggetto principale della controversia poiché, in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di questioni pregiudiziali. Ciò in considerazione del fatto che si impone un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, ed è consentito sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 cod. proc. civ., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall’art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Cass. sez. un. n. 9936/2014; Cass. n. 12002/14).
Il motivo da ultimo esposto è infondato.
Secondo l’insegnamento di questa Corte “In tema di imposte dirette sulle prestazioni pensionistiche complementari l’art. 10, comma 1, lett. f), del d.lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, nella parte in cui, modificando l’art. 48-bis, comma 1, lett. d), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, prevede che le prestazioni pensionistiche di cui all’art. 47, comma 1, lett. h)-bis del d.P.R. n. 917 cit., nel testo modificato dall’art. 10, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 47, si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e di quelli di cui all’art. 41, comma 1, lett. g)-quinquies del d.P.R. n. 917 del 1986, se determinabili, si applica, a decorrere dal 1° gennaio 2001 (e fino al dicembre 2003), a coloro che risultano iscritti a forme di previdenza complementare al momento di entrata in vigore del d.lgs. n. 47 del 2000, i cui diritti siano maturati anteriormente (Cass. n. 14310/2009, inoltre, secondo Cass. ordinanza 9996/2015 ” (…) proprio in relazione al mutato quadro normativo – D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48 bis, lett. d risultano applicabili le nuove disposizioni che impongono la tassazione sull’intera base imponibile (come d’altronde questa Corte ha già affermato: v. Cass. n. 11156/2010; n. 14310/2009;Cass. n. 30751/2011) anche per i diritti maturati anteriormente giacché, a decorrere dall’1 gennaio 2001 e per tutto il periodo successivo che qui rileva “le prestazioni pensionistiche di cui all’art. 47, comma 1, lett. h-bis), erogate in forma periodica (..) si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e di quelli di cui all’art. 41, comma 1, lett. g quinquies), se determinabili”; ovverosia sono tassabili non già solo sull’87,5 per cento dell’ammontare lordo corrisposto, come sostenuto dalla commissione regionale nella presente controversia sulla scorta dell’originario testo normativo, sebbene sull’intero, quel testo non essendo più in vigore al momento (fiscalmente rilevante) dell’erogazione assoggettata al prelievo fiscale (conf. Cass. n. 240/2015 e Cass. n. 30751/2011)”. Pertanto, nella presente vicenda, la disciplina della materia (per come sopra riportata), con le modifiche normative apportate dall’art. 10, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 18 febbraio 2000 n. 47, entrato in vigore il 26 maggio 2001 con effetto decorrente però dal 1 gennaio 2001, come disposto dall’art. 19, comma 1, dello stesso decreto legislativo, a sua volta modificato dal D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, art. 13, prevede attualmente che le prestazioni pensionistiche di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 47, comma 1, lett. h) bis, si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta, ovverosia sono tassabili non già solo sull’87,5 per cento dell’ammontare lordo corrisposto, ma sull’intero, poiché quest’ultimo riferimento normativo non era più in vigore al momento dell’erogazione assoggettata al prelievo fiscale (v. Cass. n. 14310 del 20.4.2009 citata).
Conclusivamente il ricorso va rigettato, tuttavia, in considerazione dell’epoca in cui si è consolidato l’esposto principio giurisprudenziale, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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