CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 dicembre 2017, n. 31128
Tributi – Contenzioso tributario – Sentenza – Nullità per motivazione apparente – Motivazione “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa
Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione della sentenza n. 340/9/12 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sez. di Salerno, il 27.09.2012.
Ha rappresentato che a seguito della rilevata inaffidabilità della contabilità della società di persone C.A. e Figli, poi trasformatasi nella C. s.r.l., si era proceduto ad un accertamento analitico-induttivo, ex art. 39, co. 1, lett. d) del d.lgs. n. 600 del 1973, all’esito del quale il reddito d’impresa relativo all’anno 2005 era stato rideterminato in € 231.764,00, da imputarsi ai tre soci, partecipanti in quote uguali alla compagine sociale. Erano stati pertanto notificati gli avvisi di accertamento, alla società e ai soci, nn. RE002TA00071, RE001TA00021, e numeri sequenziali 22, 23. Avverso gli avvisi di accertamento erano proposti ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Avellino, che, previa loro riunione, con sentenza n. 143/01/10, depositata il 29.03.2010, annullava gli atti impositivi. La sentenza in particolare accoglieva le censure dei contribuenti in ordine alla violazione dell’art. 10, co. 4 bis, della I. 146/1998, introdotto con l’art. 1, co. 17, della I. n. 296/2006, che secondo la difesa dei ricorrenti era applicabile retroattivamente per quanto previsto dall’art. 33 del d.l. n. 112/2008, convertito nella I. n. 133/2008, con l’effetto della inibizione all’Ufficio di ogni attività accertativa ex art. 39, co. 1, lett. d), cit., attesa la congruità della dichiarazione con lo studio di settore. Nel merito peraltro la sentenza riteneva l’accertamento infondato per l’insufficienza degli elementi presuntivi assunti. La Commissione Tributaria, Regionale campana, adita dalla Agenzia, con la sentenza ora impugnata confermava le statuizioni di primo grado, condannando inoltre l’appellante alle spese di causa. l’Agenzia censura la sentenza, con il primo motivo per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per motivazione apparente, avendo deciso con motivazione in tutto ripresa dalla sentenza del giudice provinciale;
con il secondo motivo per violazione dell’art. 33 del d.l. n. 112/2008 e dell’art. 10 co. 4 bis della I. n. 146/1998, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., perché, anche se applicabile retroattivamente la disciplina introdotta dall’art. 10 co. 4 bis cit., la fattispecie rientrava tra le ipotesi escluse dalla preclusione accertativa;
con il terzo motivo per violazione dell’art. 39, co. 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per aver erroneamente ritenuto il giudice d’appello illegittimi i criteri utilizzati per l’accertamento del maggior reddito.
Si costituiva la società e i soci, che contestavano l’avverso ricorso di cui ne chiedevano il rigetto.
All’udienza pubblica del 7 dicembre 2017, dopo la discussione, il P.G. e le parti concludevano. La causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso è fondato.
L’Agenzia lamenta la nullità della sentenza per motivazione apparente, essendosi limitato il giudice dell’appello a confermare la sentenza di primo grado riproducendone la decisione mediante una mera operazione di copia – incolla, senza aggiungere alcuna argomentazione in ordine ai motivi di appello.
Perché la motivazione per relationem determini la nullità della sentenza è necessario che la decisione si limiti alla adesione ad altra decisione, senza che emerga che a tale risultato si sia pervenuti attraverso l’esame e la valutazione d’infondatezza dei motivi di gravame (Cass., sent. n. 14786/2016), dovendosi al contrario escludere vizio della sentenza qualora le ragioni della decisione, pur con motivazione che si limiti a riprodurre il contenuto di altro atto processuale senza niente aggiungervi, siano in ogni caso attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., sent. n. 18754/2016). Con specifica attenzione al processo tributario poi si ritengono violati gli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché 118 disp. att. c.p.c., e pertanto nulla la sentenza della commissione tributaria regionale quando sia completamente carente nell’illustrare le critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e le argomentazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle, limitandosi a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa. Ciò perché tale modalità non consente l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo, né consente di verificare se la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass., Sez. 6-5, ord. n. 15884/2017
; Cass., Sez. 6-5, ord. n. 28113/2013). La motivazione della sentenza d’appello è solo apparente dunque non solo quando faccia mero rinvio a quella del giudice di primo grado, senza manifestare le ragioni della adesione e dunque la consapevolezza e la condivisione critica dell’altrui argomentare, ma anche quando, pur riportando integralmente le ragioni della decisione appellata, parimenti non soddisfa la funzione del giudizio d’appello, ossia la necessità di rispondere alle specifiche censure sollevate dall’appellante con l’impugnazione proprio nei riguardi della motivazione di quella sentenza, così cadendo in un circuito vizioso che ha quale esito finale una “non risposta” alle critiche mosse. In conclusione in tali ipotesi anche una lunga motivazione, quando pedissequamente riprende quella di primo grado senza tener conto dei motivi di gravame, resta solo apparente.
Ebbene, nel caso di specie il giudice di primo grado con motivazione articolata aveva ritenuto illegittimo l’accertamento analitico-induttivo – cui l’Amministrazione era ricorsa avendo rilevato irregolarità contabili, pur nella coerenza dei dati dichiarati con gli studi di settore, applicando l’art. 10, co. 4 bis, I. n. 146 dell’1.08.1998, comma introdotto dall’art. 1, co. 17, I. 296/2006 (successivamente definitivamente abrogato dal d.l. n. 201 del 2011, conv. in I. n. 2014 del 2011 (ndr I. n. 214 del 2011) ), che inibiva alla Amministrazione ogni ulteriore accertamento presuntivo in presenza di specifici presupposti (maggiori ricavi accertabili non superiori del 40% a quanto dichiarato; differenza tra ricavi accertati e ricavi dichiarati non superiore in valori assoluti ad € 50.000,00). Il giudice di primo grado aveva ritenuto applicabile al caso di specie, relativo al reddito 2005, l’art. 10, co. 4 bis cit. (che la medesima legge pur prevedeva vigente a partire dall’1.1.2007) in forza dell’art. 33 del d.l. n. 112/2008, convertito dalla I. n. 133/2008, secondo il quale l’art. 10, commi da 1 a 6 cit. (e dunque anche il comma 4 bis) doveva ritenersi in vigore con effetto retroattivo, a partire dal 2004, ossia dall’epoca di introduzione degli studi di settore.
Ritenendo pertanto precluso alla Agenzia il potere di accertamento in forza della disciplina introdotta dall’art. 10 co. 4 bis, cit., e asserendo che comunque non era possibile per l’Amministrazione fare ricorso a presunzioni semplici quando in presenza di quei presupposti, la CTP di Avellino aveva accolto il ricorso dei contribuenti.
A fronte delle conclusioni della sentenza della CTP di Avellino l’Amministrazione, con l’appello dinanzi alla CTR campana, aveva censurato la decisione perché, pur volendo riconoscere la applicabilità della disciplina prevista dall’art. 10 co. 4 bis, cit., essa non poteva valere per il caso di specie, atteso che i ricavi accertati superavano il limite dei 50.000,00 € rispetto a quelli dichiarati, così rendendo inoperante la preclusione accertativa prevista dall’art. 10, e per l’effetto legittimo il ricorso all’accertamento analitico – induttivo ex art. 39, co. 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973. Che questa costituisse principale e specifica censura alla sentenza della commissione provinciale è dato incontestato perché ammesso e riportato nello stesso controricorso.
Ebbene, il giudice d’appello campano, senza esaminare il motivo di gravame, si è invece limitato a riportare pedissequamente la sentenza di primo grado, così però manifestando la totale assenza di attività critica e dunque solo una inconsapevole adesione a quella motivazione, a fronte delle censure sollevate con l’appello. In conclusione la pur lunga motivazione della Commissione Tributaria Regionale campana è solo apparente, viziando la sentenza, che va dunque cassata.
L’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo e il terzo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti il secondo e terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in altra composizione, anche per le spese.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 18108 depositata il 6 giugno 2022 - Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 18876 depositata il 10 giugno 2022 - In tema di processo tributario è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21815 depositata l' 11 luglio 2022 - E' nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell'art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 17148 depositata il 15 giugno 2023 - In tema di processo tributario è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell'art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 23639 depositata il 28 luglio 2022 - In tema di processo tributario, è nulla la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell'illustrazione delle critiche mosse dall'appellante alla…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 marzo 2021, n. 5955 - E' affetta da nullità la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell'illustrazione delle critiche mosse dall'appellante alla statuizione di primo grado e delle…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…