CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 dicembre 2017, n. 31130
Tributi – Verifiche fiscali – Indagini bancarie – Avviso di accertamento – Società di persone – Intestazione fittizia dei conti – Processo tributario – Distinti avvisi di accertamento ai soci – Omessa costituzione di litisconsorzio nei giudizi di merito – Nullità dell’intero giudizio
Svolgimento del processo
La E. s.n.c., sulla base di quattro motivi, ha impugnato la sentenza n. 79/11/15, depositata il 2.03.2015 dalla Commissione Tributaria del Friuli Venezia Giulia, che, confermando la pronuncia del giudice di primo grado, aveva rigettato il ricorso della contribuente avverso gli avvisi di accertamento nn. TI9020301199/2011, relativo all’anno d’imposta 2006, e TI9020301200/2011, relativo all’anno d’imposta 2007, rettificativi dell’Irap e dell’Iva dovute dalla società.
Rappresentava che gli atti impositivi erano conseguenti alla verifica della GdF sui rapporti bancari di conto corrente, intestati ai soci e ad alcuni familiari, ed alla imputazione a ricavi sociali di tutti i movimenti in entrata ed uscita dei conti personali. Il ricorso avverso gli atti accertativi era rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Udine e dal giudice d’appello, con la pronuncia ora impugnata.
La società censura la sentenza, con il primo motivo per violazione e falsa applicazione degli artt. 32, co. 1, d.P.R. n. 600/73, 51, co. 2, d.P.R. n. 633/72, 2729 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.perché erroneamente ha ritenuto che i conti correnti intestati a terzi fossero riconducibili ad operazioni economiche della società;
con il secondo motivo per violazione dell’art. 132, co. 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., per la carenza di motivazione sulla intestazione fittizia dei conti ai terzi e la loro riconducibilità alla E. s.n.c.;
con il terzo motivo per violazione e falsa applicazione degli artt. 32, co. 1, n. 2 e 39, co. 2 del d.P.R. n. 600/1973; nonché dell’art. 109, co. 4, per il mancato riconoscimento dei costi pertinenti ai maggiori ricavi presunti;
con il quarto motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 32, co. 1, n. 2, d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per non aver tenuto conto che parte delle operazioni bancarie trovavano ragione nelle esigenze personali e familiari degli intestatari.
Si costituiva l’Amministrazione, che contestava i motivi di ricorso, chiedendone la declaratoria di inammissibilità o il suo rigetto nel merito.
Con ricorso in riassunzione ex art. 50 c.p.c., depositato il 2.12.2016, si costituivano C. E. e C. D.. Premettevano di essere soci della E. snc e destinatari di distinti avvisi di accertamento, per il periodo d’imposta 2009, con i quali era rettificato il loro reddito ai fini Irpef, addizionale regionale e addizionale comunale. Con distinti ricorsi avevano pertanto impugnato gli atti impositivi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Udine. Questa, riuniti i giudizi, emetteva una ordinanza definitiva, con la quale, dichiarata la litispendenza della causa con quella introdotta dalla società E. e pendente dinanzi alla Corte di cassazione, ne ordinava la cancellazione dal ruolo. Riferivano inoltre che con successivo decreto, emesso sulla istanza dei contribuenti che chiedevano la revoca della precedente ordinanza e la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. -in attesa dell’esito del processo introdotto dalla società e pendente dinanzi alla Corte di legittimità-, la Commissione Provinciale ribadiva il precedente provvedimento ordinando la riassunzione del processo dinanzi alla Corte medesima.
Riassumendo la causa dinanzi a questa Corte, i contribuenti insistevano nelle proprie difese avverso gli avvisi di accertamento, di cui ne chiedevano la declaratoria di nullità.
All’udienza pubblica del 7 dicembre 2017, dopo la discussione, il P.G. e le parti concludevano. La causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Deve esaminarsi preliminarmente, d’ufficio, la mancata costituzione del litisconsorzio necessario.
È principio reiterato e pacifico che, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci (salvo che si prospettino questioni personali), sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; la controversia infatti non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/92 ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., Sez. U., sent. n. 14815/2008; Cass, Sez. 6-5, ord. n. 25300/2014; Cass., Sez. 5, sent. n. 23096/2012).
Ai fini della verifica del rispetto del litisconsorzio si è anche affermato che nella ipotesi di rettifica del reddito di una società di persone e di quello di partecipazione dei soci, le pur distinte pronunce riguardanti la società ed i soci, se adottate dallo stesso collegio in identica composizione, nella medesima circostanza e nel contesto di una trattazione sostanzialmente unitaria, implicano la presunzione che si sia realizzata una vicenda sostanzialmente esonerativa del litisconsorzio formale, sicché la parte ricorrente per cassazione, che lamenti la violazione del principio del necessario contraddittorio con riferimento al giudizio di primo grado, ha l’onere – in conformità al principio di autosufficienza del ricorso – di descrivere lo sviluppo delle procedure nel corso di quel grado (così Sez. 6-5, ord. n. 12375 del 2016). Più in generale, quando oggetto della controversia sia l’accertamento del reddito di una società di persone, incidente sul reddito di partecipazione di ciascun socio, per il principio della trasparenza, ex art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, deve ritenersi già soddisfatta l’esigenza del simultaneus processus nei gradi di merito, atteso che in essi i diversi ricorsi, trattati contestualmente e dal medesimo giudice seppur resi oggetto di distinte decisioni, hanno ugualmente ricevuto completezza del contradditorio (da ultimo Sez. 5, sent. n. 5108/2017; cfr. Sez. U, sent. n. 14815/2008).
Nel caso che ci occupa invece, all’avviso di accertamento notificato alla società, è seguito un processo, celebrato e definito nei gradi di merito e quindi approdato dinanzi a questa Corte, senza che mai si sia provveduto ad integrare il contraddittorio con i soci C. e C., partecipanti della società ciascuno con la quota del 50%. Questi a loro volta, attinti da distinti avvisi di accertamento, relativi alla rettifica dei redditi di partecipazione conseguente all’accertamento nei confronti della società, hanno proposto ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, che ha poi deciso nel senso già illustrato.
Ebbene, a parte la singolarità della decisione assunta dal giudice di primo grado di Udine in merito ai giudizi introdotti dai soci, avverso la quale, se ritenuta erronea dalle parti, doveva correttamente farsi ricorso al regolamento necessario di competenza, costituisce comunque un dato ineludibile che i giudizi si sono tutti sviluppati senza il rispetto del litisconsorzio necessario, neppure nella forma della contestuale trattazione e decisione.
E’ cioè mancato nei gradi di merito quella contestualità di pronunce, adottate dallo stesso collegio in identica composizione e nella medesima circostanza e unitario contesto di trattazione, relative a tutti gli avvisi di accertamento che hanno attinto la società (per Irap ed Iva) ed i soci (per Irpef).
Deve allora ed innanzitutto dichiararsi l’inammissibilità della riassunzione del processo già pendente dinanzi al giudice tributario di primo grado di Udine, esulando del tutto la fattispecie dalla erroneamente denunciata ipotesi di litispendenza. Tanto più che lo stesso giudice di merito aveva avvertito la sussistenza di una ipotesi di litisconsorzio, istituto ben diverso dalla litispendenza, che implica l’identità di cause laddove nel primo emergono esigenze di completezza del contraddittorio, né essendo pertinenti le pronunce di legittimità citate nel provvedimento.
La sentenza impugnata va peraltro cassata per la nullità dell’intero giudizio, che va rimesso dinanzi alla CTP di Udine, cui spetterà provvedere alla definizione dell’intera controversia, previa costituzione del regolare e completo litisconsorzio, relativo anche alla posizione processuale dei soci, a loro volta attinti dai separati avvisi di accertamento ai fini del maggior reddito da partecipazione.
Vanno compensate le spese, anche di questo grado, tenuto conto dell’esito del giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile l’atto di riassunzione; dichiara la nullità dell’intero giudizio, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Provinciale di Udine; dichiara le spese compensate.
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