CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 marzo 2017, n. 8043
Accertamento – Redditometro -Investimenti – Incongruenza con i redditi dichiarati – Incrementi patrimoniali
Massima:
Se il tenore di vita del contribuente è troppo elevato e questo deriva dallo smobilizzo di determinati investimenti, in un accertamento da redditometro, è necessaria un’indagine al fine di verificare se, sulla base degli elementi sintomatici, i redditi oggetto del disinvestimento siano stati effettivamente utilizzati in funzione del mantenimento del tenore di vita. Pertanto, l’avviso di accertamento motivato con il mero scostamento del reddito dichiarato dai parametri o dallo studio di settore è nullo. Se si è regolarmente svolto il contraddittorio endoprocedimentale, nella motivazione dell’atto devono essere indicate le ragioni per le quali sono state disattese le giustificazioni relative alle fonti di reddito.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza depositata l’11/4/2011 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. distaccata di Brescia, in riforma della sentenza di accoglimento parziale di primo grado, accolse integralmente il ricorso proposto da S. C. avverso l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate che aveva rideterminato il reddito del ricorrente per l’anno 2001. L’accertamento era fondato sull’applicazione del redditometro, in base al quale era stata rilevata una macroscopica incongruenza tra i redditi dichiarati e il tenore di vita della famiglia, dal contribuente giustificata con l’utilizzo di somme rilevanti provenienti dallo smobilizzo di investimenti.
2. La Commissione fondava la decisione sul rilievo che le allegazioni del contribuente fossero idonee a giustificare il tenore di vita, rilevando, altresì, che con autonoma sentenza passata in giudicato era stato integralmente accolto il ricorso avverso accertamento basato sulle medesime motivazioni emesso nei confronti della sig.ra O., moglie del ricorrente, la quale aveva fornito analoghe giustificazioni. Riteneva, pertanto, che ricorresse un’ipotesi di giudicato, essendo identici l’oggetto e le parti.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di quattro motivi. Resiste il contribuente con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 2909 c.c. (ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.). Osserva che il giudizio instaurato dallo S. e quello introdotto dalla O. hanno ad oggetto avvisi di accertamento diversi e non riguardano le stesse parti, essendo unico elemento in comune ai due avvisi la casa di abitazione di proprietà di entrambi i coniugi. Data l’insussistenza della identità oggettiva (tra i rapporti dedotti) e soggettiva (tra le parti) la sentenza deve reputarsi viziata da violazione del disposto di cui all’art. 2909 c.c.
2) Con il secondo motivo deduce, ancora violazione dell’art. 38 co. 4 -5- 6 DPR n. 600/73 in relazione alle disposizioni di cui al DM del Ministero delle Finanze del 10/9/1992 e alla tabella allo stesso allegata e successive modificazioni ed integrazioni e degli artt. 2728 e 2697 c.c. (ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.). Rileva che il ricorso ai parametri dei cui all’art. 38 c. 4 del DPR 600/73 pone una presunzione legale, per superare la quale il contribuente dovrà dimostrare elementi di segno opposto. Nella specie, a fronte di contestazioni dell’Ufficio, basate su presunzioni di legge, il ricorrente ha opposto affermazioni generiche e prive di supporto probatorio.
3. Deduce, ancora, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio quale la insussistenza di idoneo supporto probatorio fornito dal contribuente per superare la presunzione legale di insufficienza dei redditi dichiarati dal contribuente al mantenimento dei beni posseduti e dal tenore di vita della famiglia (art. 360 n. 5). Rileva che la sentenza ha statuito erroneamente che le giustificazioni del contribuente sono più che sufficienti a giustificare il tenore di vita della famiglia, poiché non è stato dimostrato l’effettivo utilizzo delle somme rivenienti da disinvestimenti, né la disponibilità di risorse sufficienti a mantenere i beni indicati dall’ufficio.
4. Deduce, altresì, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio quale la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2909 c.c. ex art. 360 n. 5 c.p.c. La motivazione sarebbe insufficiente riguardo alla presunta identità soggettiva e oggettiva concernente i due distinti giudizi incardinati dallo S. e dalla O..
5. Possono essere trattati unitariamente il primo ed il quarto motivo di ricorso. Con gli stessi il ricorrente si duole, sotto diversi profili, perché la Commissione Tributaria Regionale avrebbe ritenuto la sussistenza del giudicato esterno con riferimento a una sentenza emessa nei confronti della moglie del contribuente, sulla base delle medesime circostanze di fatto oggetto del presente giudizio. Le censure non meritano accoglimento, giacché la decisione non sembra fondata sull’efficacia di giudicato della sentenza richiamata. Quest’ultima, infatti, è citata soltanto a conforto della ritenuta correttezza della tesi del contribuente in ordine alle giustificazioni relative alle fonti di reddito e alla idoneità delle medesime a superare la presunzione di cui all’art. 38 D.P.R. 600/1973. Tanto risulta confermato dalle ulteriori argomentazioni sulle quali si fonda la decisione, anch’esse attinenti all’adeguatezza delle giustificazioni fornite.
6. Anche i motivi secondo e terzo sono suscettibili di trattazione congiunta, posto che riguardano entrambi le condizioni atte a superare la presunzione legale di cui all’art. 38 c.4 DPR 600/73, con riferimento alle giustificazioni fornite dal contribuente. Questi ultimi sono fondati. In proposito il collegio intende dare continuità al principio già affermato da questa Corte, secondo il quale “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25104 del 26/11/2014, Rv. 633514). Non è sufficiente, pertanto, la dimostrazione dell’esistenza di redditi in ipotesi derivanti dallo smobilizzo di investimenti, ma occorre anche un’indagine al fine di verificare se, sulla base degli elementi sintomatici in atti, i redditi oggetto del disinvestimento siano stati effettivamente utilizzati in funzione del mantenimento del tenore di vita. Un’indagine di tal genere non risulta essere stata compiuta e deve essere demandata ai giudici di merito.
7. La sentenza, per le ragioni indicate, deve essere cassata in accoglimento dei motivi secondo e terzo, rigettati gli altri, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che si atterrà ai principi enunciati, alla luce dei quali provvederà ai necessari accertamenti funzionali alla decisione e alle correlate valutazioni, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il primo e il quarto motivo, accoglie il secondo e il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.
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