CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 novembre 2017, n. 28523
Licenziamento illegittimo – Indennità risarcitoria sostitutiva ex art. 8, L. n. 604/1966 – Esclusione imponibilità contributiva -Tassazione separata ex art. 17 d.p.r. 917/1986 – Trattenuta fiscale – Sussiste
Fatti di causa
Con sentenza 20 luglio 2012, la Corte d’appello di Bari accertava l’inesistenza del diritto di G.M., di cui pure dichiarava inammissibile l’appello incidentale, a procedere in via esecutiva nei confronti dell’I.P.R.E.S., con inefficacia del precetto e di tutti gli atti consecutivi: così riformando la sentenza di primo grado, che, in parziale accoglimento dell’opposizione dell’Istituto, aveva dichiarato l’efficacia del pignoramento del lavoratore nei limiti della somma di € 1.225,73.
Preliminarmente dichiarato inammissibile l’appello incidentale nell’incontestato difetto della sua notificazione alla controparte, la Corte territoriale rilevava che la somma corrisposta dall’Istituto al proprio dipendente illegittimamente licenziato, ai sensi dell’art. 8 I. 604/1966 in alternativa alla sua riassunzione, era stata corrisposta al netto (oltre che dei contributi, siccome importo di natura risarcitoria, non soggetto alla relativa imposizione: come incontestato tra le parti ma esclusivo oggetto della statuizione del Tribunale) delle trattenute fiscali, cui invece era soggetta ai sensi dell’art. 17 d.p.r. 917/1986. E tuttavia, esse erano state separatamente versate dall’I.P.R.E.S. direttamente all’erario: così avendo integralmente assolto al debito nei confronti del lavoratore. Con atto notificato il 16 novembre 2012 G. M. ricorreva per cassazione con otto motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resisteva l’Istituto datore con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 436 c.p.c. e 111 Cost., per la sufficienza, ai fini di ammissibilità dell’appello incidentale, del suo deposito tempestivo con la memoria di costituzione in cancelleria, senza necessità di notificazione alla controparte.
2. Con il secondo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 6, secondo comma d.p.r. 917/86, per l’esenzione dall’imposizione (oltre che contributiva anche) fiscale della somma percepita dal lavoratore a titolo risarcitorio per danno da licenziamento illegittimo e non da perdita reddituale.
3. Con il terzo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 53 Cost., per esclusione dall’imposizione fiscale della somma ricevuta dal lavoratore a titolo risarcitorio di un danno emergente (e pertanto in funzione sostitutiva di un bene), siccome non espressiva di alcuna capacità contributiva.
4. Con il quarto, il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 51 d.Ig. 165/2001, 24 e 113 Cost., per il diritto del lavoratore alla riassunzione nel posto di lavoro, ormai in giudicato, anche nei confronti del datore di lavoro avente natura di ente pubblico associativo, per il regime di pubblico impiego privatizzato del rapporto.
5. Con il quinto, il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., per incompatibilità con la norma denunciata dell’esercizio di un’azione risarcitoria dal datore di lavoro pubblico.
6. Con il sesto, il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione e falsa applicazione dell’art. 1287, primo comma c.c., per la mancata emissione dal primo giudice dell’ordine di riassunzione del lavoratore, da lui richiesto, per il trasferimento in suo favore della facoltà di scelta nell’obbligazione alternativa (tra la predetta conseguenza e quella risarcitoria, per effetto dell’illegittimità del licenziamento), a seguito della decadenza da essa del debitore-datore di lavoro inadempiente.
7. Con il settimo, il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione e falsa applicazione delle disposizioni della I. 241/1990, per la deliberazione 15 ottobre 2003 del C.d.A. di I.P.R.E.S. di riassunzione del lavoratore mai revocata.
8. Con l’ottavo, il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione e falsa applicazione dell’art. 21septies, secondo comma I. 241/1990, per adozione di atti nulli e comportamento ostativo di I.P.R.E.S. in elusione del giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Bari 30 settembre 2003 di illegittimità del licenziamento e di ordine di riassunzione del lavoratore.
9. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 436 c.p.c. e 111 Cost., per l’ammissibilità dell’appello incidentale con il suo deposito tempestivo con la memoria di costituzione, è infondato.
9.1. Ed infatti, appare ormai superato il più risalente indirizzo giurisprudenziale, secondo cui si riteneva che, nel rito del lavoro, la sanzione della decadenza dall’appello incidentale dovesse intendersi comminata dall’art. 436, terzo comma c.p.c. nella sola ipotesi di mancato deposito ‘in cancelleria della memoria difensiva dell’appellato, contenente l’appello stesso, entro il termine fissato dalla legge; non anche nel caso di omissione dell’adempimento, parimenti previsto dalla legge, della notificazione della memoria nello stesso termine. Ciò che comportava la conseguenza, in caso di mancata notificazione entro detto termine della memoria costitutiva contenente l’appello incidentale risultante tuttavia tempestivamente depositata in cancelleria, della concessione dal giudice all’appellante incidentale di un nuovo termine, perentorio, per la notificazione omessa (Cass. 4 agosto 2004, n. 14952; Cass. 16 febbraio 2005, n. 3069; Cass. 4 agosto 2006, n. 17765; Cass. 11 aprile 2007, n. 8708; Cass. 22 maggio 2007, n. 11888).
9.2. Successivamente, è stato inaugurato e si è via via consolidato un nuovo indirizzo di legittimità, in applicazione dell’affermato principio di improcedibilità dell’appello principale, pure tempestivamente proposto, in assenza della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, non essendo al giudice consentita l’assegnazione all’appellante di un termine perentorio per una nuova notificazione a norma dell’art. 291 c.p.c. (Cass. s.u. 30 luglio 2008, n. 20604), per evidenti ragioni di parità di trattamento delle parti di fronte agli adempimenti imposti dalla legge processuale nell’ottica di una ragionevole durata del processo. Ebbene, secondo un tale indirizzo ormai definitivamente accreditatosi, nel rito del lavoro, l’appello incidentale, quand’anche sia stato tempestivamente proposto ma non notificato, deve essere dichiarato improcedibile poiché il giudice, in attuazione del principio della ragionevole durata del processo, non può assegnare all’appellante un termine per provvedere a nuova notifica. E l’improcedibilità ben può essere rilevata d’ufficio, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti (da ultimo: Cass. 19 gennaio 2016, n. 837, con richiamo in motivazione di precedenti conformi).
10. Il secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 6, secondo comma d.p.r. 917/86, per esclusione da imposizione fiscale della somma percepita dal lavoratore, a titolo risarcitorio per danno da licenziamento illegittimo, e non di perdita reddituale) può essere congiuntamente esaminato, per ragioni di stretta connessione, con il terzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 53 Cost. per esclusione dall’imposizione fiscale della somma ricevuta dal lavoratore a titolo risarcitorio di un danno emergente, siccome non espressiva di alcuna capacità contributiva).
10.1. Essi sono inammissibili.
10.2. La sentenza impugnata si fonda, infatti, su una duplice ratio decidendi.
Soltanto la prima, di soggezione ad imposizione fiscale della somma percepita dal lavoratore, è stata dal ricorrente, con i due mezzi qui in esame, debitamente censurata (sia pure infondatamente, per la consistenza dell’emolumento liquidato in un’indennità ai sensi dell’art. 8 I. 604/1966, in quanto avente causa dal rapporto di lavoro, siccome indennità per la risoluzione del rapporto per illegittimo comportamento del datore di lavoro e pertanto avente natura di reddito da lavoro dipendente, ben assoggettabile a tassazione separata e a ritenuta d’acconto: Cass. 6 settembre 2013, n. 20482; Cass. 20 luglio 2012, n. 12617).
Al contrario, la seconda, incentrata sul difetto di legittimazione passiva dell’I.P.R.E.S. in favore dell’erario, per il documentato versamento della ritenuta fiscale da parte dell’Istituto (quand’anche ravvisabile l’esenzione da essa dell’emolumento: così dall’ultimo capoverso di pg. 3 al secondo dì pg. 4 della sentenza), non è stata punto confutata. Sicchè, su di essa, in quanto non censurata, si è formato il giudicato (Cass. s.u. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753).
11. Tutti i restanti motivi, dal quarto all’ottavo, sono inammissibili.
11.1. Essi investono questioni nuove, siccome non trattate dalla sentenza impugnata, né essendo stato indicato specificamente in quali atti, tanto meno trascritti, esse sarebbero state poste nei gradi di merito: risultando anzi oggetto dell’appello incidentale dichiarato inammissibile (come rilevato a pgg. 36 e 37 del controricorso).
Ciò si riflette evidentemente sulla genericità dei motivi, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso e pertanto della prescrizione dell’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c. (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; 11 gennaio 2007, n. 324).
12. Dalle ‘superiori argomentazioni discende coerente il ridetto del ricorso, con la regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna G. M. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
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