CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 novembre 2017, n. 28578
Tributi – Reddito di impresa – Determinazione – Recupero a tassazione di costi dedotti – Termini di imputazione – Periodo di competenza e inerenza
Fatti di causa
Sulla base di precedente processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società I. spa un avviso di accertamento, per l’anno di imposta 2003, con il quale effettuava plurime riprese a tassazione, con conseguente rettifica del reddito di impresa ed accertamento di una maggiore Irpeg di euro 62.668, una maggiore Irap di euro 13.279 ed una maggiore Iva di euro 7.404, oltre interessi e sanzioni.
La società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che lo accoglieva con sentenza n.22 del 2008.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo accoglieva con sentenza del 24.2.2010, nella quale esaminava partitamente, confermandole, le seguenti riprese a tassazione:
– 1) Rilievo conto “quote di ammortamento diritti diversi” con cui l’Ufficio disconosceva, in quanto costo non deducibile ai sensi dell’art. 68 comma 2 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, l’importo di euro 24.000 risultante dalla differenza tra l’ammortamento deducibile applicando l’aliquota del 2% stabilita dall’Ufficio, e quella del 10% applicata dalla società, al costo di euro 300.000 relativo all’acquisto del diritto di uso, per la durata di anni cinquanta, dei nomi commerciali C.; trattandosi di diritto rientrante nelle immobilizzazioni immateriali, esso era deducibile, ad avviso dell’Ufficio, in base alla durata di utilizzazione prevista dal relativo contratto.
– 2) Rilievo conto “prestazioni e consulenze per la ricerca”, con cui l’Ufficio disconosceva il costo, ritenuto non di competenza dell’anno 2003, per l’importo di euro 131.978, in quanto la spesa sostenuta dalla controllata I. C., alla quale era subentrata la ricorrente I. spa , era stata ultimata nel 2002, anche se la fattura di addebito da parte di I. C. era stata emessa in data 24.2.2003.
-3) Rilievo conto “spesa difesa ordinaria prodotti”, con cui l’Ufficio riprendeva a tassazione l’importo di euro 99.963 fatturato da I. Ricerca srl alla I. spa, ritenuto indeducibile per difetto di inerenza in quanto concernente costi per l’attività di ricerca per la difesa ordinaria di prodotti (ferormoni) che non erano a carico della ricorrente.
-4) Rilievo conto “spese di difesa straordinaria prodotti”, con cui l’Ufficio riprendeva a tassazione l’ammortamento di euro 12.151,40, relativo a costi per complessivi euro 60.757, capitalizzati in bilancio per la difesa straordinaria di prodotti (feromoni), indeducibili in quanto non inerenti ai sensi dell’art. 75 comma 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917.
-5) Rilievo conto “iniziative speciali clientela” con cui l’Ufficio disconosceva la deducibilità del costo di euro 23.755, poiché non inerente ai sensi dell’art.75 comma 5 d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, in quanto riferito a costi per la pubblicità di prodotti realizzati da I. spa ma sostenuti (e riaddebitati) dalle controllate I. Italia e Siapa, società distributrici dei medesimi prodotti sul mercato italiano.
-6) Rilievo conto “Ricavi lordi prodotto estero”, di ripresa a tassazione della somma di euro 15.254 ai sensi dell’art.75 comma 5 d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, risultante dalla differenza tra il prezzo unitario di euro 50 del prodotto Benalaxil praticato alla controllata I. France rispetto al prezzo di euro 60,52 praticato a Sipcam Phyteurop, considerato prezzo normale ai sensi dell’art. 9 comma 3 del TUIR.
-8) Rilievo in materia di Iva relativo alle medesime fatture per spese pubblicitarie addebitate ad I. spa dalle controllate I. Italia e Siapa di cui al rilievo 5.
Contro la sentenza di appello la società ricorre per cassazione sulla base di una pluralità di motivi, frazionati in vari sotto-motivi, corrispondenti complessivamente a sedici ragioni di ricorso.
L’Agenzia delle Entrate non resiste.
Ragioni della decisione
1. Primo motivo:”violazione e falsa applicazione dell’art. 68 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 , in relazione all’art. 360 n. 3 cod.proc.civ., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 2 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, dell’art. 112 cod. proc. civ. e 24 Cost. – ultra ed extra petizione.Violazione dei principi in materia di motivazione e prova dell’accertamento, in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 cod. proc. civ.” nella parte relativa alla conferma del rilievo n. 1 (quote di ammortamento diritti diversi).
Il motivo è inammissibile per eterogeneità e mescolanza delle censure, contrastante con la regola della specificità dei motivi di impugnazione. Il motivo è anche infondato. La Commissione tributaria regionale ha ritenuto, con motivazione giuridicamente corretta e congrua, che il diritto all’uso dei nomi commerciali Caffaro è disciplinato dall’art.68 comma 2 d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 (vigente ratione temporis), secondo cui le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione iscritti nell’attivo di bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge ( nel caso in esame dal contratto che prevede il diritto all’uso dei nomi commerciali per la durata di anni cinquanta), escludendo, per le medesime ragioni, la riferibilità della fattispecie esaminata all’ipotesi prevista dall’art. 68 comma primo del citato d.P.R.
2. Secondo motivo ( rubricato “2.1 primo motivo”):”violazione e falsa applicazione degli artt. 60 e 75 comma 5 del D.P.R. 917/86 in relazione all’art. 360 n.3 cod.proc.civ. “, nella parte in cui il giudice di appello ha confermato il rilievo 2) “Prestazioni e consulenze per la ricerca”.
3. Terzo motivo ( rubricato 2.2 secondo motivo): “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n.5 cod.proc.civ. “, con riferimento alla medesimo rilievo censurato con il precedente motivo.
I motivi secondo e terzo, da esaminare congiuntamente, sono infondati. La Commissione tributaria regionale ha accertato in fatto che le prestazioni di servizio di ricerca sono state ultimate dalla controllata I. C. nell’anno 2002, come dimostrato dal fatto che la ricorrente è subentrata alla sua controllata nei rapporto con il Consorzio destinatario dei servizi per effetto della delibera del Consiglio di Amministrazione del 27.3.2002; pertanto la ricorrente, alla data di chiusura del bilancio 2002, era in grado di determinare con certezza l’ammontare dei costi e dei correlati ricavi di competenza del medesimo esercizio, in relazione ai rapporti con I. C..
4. Quarto motivo ( rubricato “2.1 primo motivo): ” violazione e falsa applicazione dell’art.l comma 2 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n.546, dell’art. 112 cod.proc.civ. e 24 Cost.-ultra ed extra petizione- violazione dei principi in materia di motivazione e prova dell’accertamento in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 cod.proc.civ. “, con riferimento al rilievo 3) conto “spesa difesa ordinaria prodotti”.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la ripresa effettuata dalla Agenzia delle Entrate, secondo cui le spese in oggetto non erano a carico della società I. spa, osservando che l’accordo del 23.6.1994, in base al quale la controllata I. Ricerca si obbligava a fornire a I. spa “le prestazioni utili e necessarie alla difesa e sviluppo dei prodotti di quest’ultima”, era stato seguito dall’accordo 5.1.2001 con il quale i costi per la difesa dei prodotti (feromoni) erano stati ribaltati da I. spa sulla I. B. srl, con la conseguenza che detti costi fatturati da I. B. a I. spa non dovevano rimanere a carico di quest’ultima ma dovevano essere riaddebitati a I. B.; ha ritenuto ininfluente sugli accordi contrattuali in oggetto l’ulteriore contratto di appalto servizi commerciali stipulato in data 9.1.2002 tra I. spa e I. B. srl. La motivazione è giuridicamente corretta con riferimento alla applicazione del principio di inerenza di cui all’art.75 d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, ed è congrua.
I motivi di censura si risolvano in divergenti apprezzamenti, in fatto, delle risultanze istruttorie e del contenuto degli accordi contrattuali, costituenti questioni di merito non censurabili in questa sede.
5. Quinto motivo ( rubricato 2.2.Secondo motivo): “violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 , dei principi generali in materia di motivazione e validità degli atti impositivi e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., con riferimento alla medesimo rilievo indicato nel motivo precedente, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha erroneamente ritenuto legittima la motivazione dell’avviso di accertamento.
Il motivo è infondato.La Commissione tributaria regionale ha escluso la nullità dell’avviso di accertamento per mancanza di motivazione, comminata dall’art.42 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, in ragione della circostanziate motivazioni dell’atto impositivo, riprodotte nello stessa sentenza impugnata. Le censure della ricorrente non attengono al profilo di invalidità dell’atto per mancanza del requisito formale della motivazione, bensì alla fondatezza della pretesa impositiva rappresentata nella motivazione dell’atto di accertamento, costituente censura sostanziale di merito.
6. Sesto motivo ( rubricato 2.3 terzo motivo): “violazione e falsa applicazione dell’art. 75 comma 5 d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 ed omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n.3 e 5 cod.proc.civ. “, con riferimento al medesimo rilievo n.3).
Il motivo è infondato per le medesime ragioni indicate nell’esame del motivo quarto.
7.Settimo motivo ( rubricato 2.4 quarto motivo):”violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. , dei principi generali in materia di prova dell’accertamento, ripartizione dell’onere della prova e assolvimento dell’onere di una contestazione argomentata e degli artt. 24 e 111 Cost, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ.”
Il motivo è infondato perché la Commissione tributaria regionale non ha erroneamente applicato le regole legali di ripartizione dell’onere probatorio, ma ha ritenuto che l’ente impositore abbia assolto l’onere, gravante a suo carico, di fornire la prova degli elementi costitutivi della obbligazione tributaria.
8.Ottavo motivo (rubricato 2.5 quinto motivo): “violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma lei comma 2 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n.546 , dell’art.115 primo comma cod.proc.civ. e degli artt.24 e 111 Cost. nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cod.proc.civ. “
Il motivo è inammissibile per commistione di ragioni eterogenee di ricorso. E’ anche infondato nella parte in cui assume che l’art. 7 d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546 obblighi il giudice ad esercitare poteri istruttori ufficiosi in via surrogatoria rispetto all’onere probatorio delle parti, e ad assumere prove di natura testimoniale non ammesse nel processo tributario.
9. Nono motivo ( rubricato 2.1 primo motivo): “violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 2 decréto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, dell’art. 112 cod.proc.civ. dell’art. 24 Cost. -ultra ed extra petizione.Violazione dei principi in materia di motivazione e prova dell’accertamento in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 cod.proc.civ. “, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha confermato il rilievo 4) conto “Spese di difesa straordinaria prodotti”.
10. Decimo motivo ( rubricato 2.2 secondo motivo): “violazione e falsa applicazione dell’art. 75 quinto comma d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 , nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n.3 e 5 cod.proc.civ.”, con riferimento al medesimo rilievo 4).
11. Undicesimo motivo ( rubricato 2.3 terzo motivo):”violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. , dei principi generali in materia di prova dell’accertamento, ripartizione dell’onere della prova e assolvimento dell’onere di una contestazione argomentata e degli artt. 24 e 111 Cost, in relazione all’art. 360 n.3 cod.proc.civ. “, nella parte in cui il giudice di appello ha confermato il rilievo 4).
I motivi nono, decimo e undicesimo, da esaminare congiuntamente poiché relativi alla parte della sentenza impugnata che ha confermato il rilievo 4, sono infondati. La Commissione tributaria regionale ha ritenuto non provata la circostanza, allegata dalla ricorrente, secondo cui le spese di difesa in oggetto aveva carattere straordinario e permanevano in capo ad I. spa, ed ha considerato indimostrata la circostanza che esse fossero attinenti alla difesa della intervenuta modifica del principio attivo del prodotto, come sostenuto dalla società I. senza tuttavia assolvere l’onere di fornire la prova del proprio assunto. La motivazione è giuridicamente corretta, sufficiente e non viola la regola legale di ripartizione dell’onere probatorio.
12.Dodicesimo motivo ( rubricato 2.4. quarto motivo): “violazione e falsa applicazione dell’art.7 primo comma e 1, secondo comma, del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n.546 , dell’art.115 primo comma cod.proc.civ. e degli artt. 24 e 111 Cost., nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ.”
II motivo deve essere rigettato per le medesime ragioni già indicate nella trattazione del motivo ottavo.
13. Tredicesimo motivo (rubricato 2.1 motivo di impugnazione): “violazione e falsa applicazione dell’art. 75 quinto comma d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 ed omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ.”, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha confermato il rilievo 5) conto “Iniziative speciali clientela”.
Il motivo è fondato nei seguenti termini. L’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto, per difetto del requisito della inerenza prevista dall’art.75 (ora 109) del d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, il costo di euro 23.755 per pubblicità su stampa specializzata sostenuto dalle controllate I. Italia e S., società distributrici dei prodotti pubblicizzati sul mercato domestico, e riaddebitato alla società produttrice I. spa. La Commissione tributaria regionale ha ritenuto che ” la vendita dei prodotti al retail da parte delle società distributrici si traduce in un immediato vantaggio di queste ultime a cui carico sono le inerenti spese pubblicitarie. Anche la ricorrente, quale realizzatrice dei prodotti, ha un interesse ad un incremento di vendita dei medesimi, in quanto ciò si traduce in un aumento dei prodotti da essa realizzati, ma in questo caso deve procedere direttamente ad una campagna pubblicitaria sostenendone i relativi costi diretti”. La motivazione non è conforme alla nozione di inerenza delle spese desumibile dall’art. 75 (ora 109) comma 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e mostra profili di contraddittorietà. Il requisito della inerenza richiesto dall’art. 75 (ora 109) comma 5 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 ai fini della deducibilità delle spese, sussiste qualora il componente negativo del reddito sia afferente all’attività di impresa, ossia funzionale alla produzione di ricavi. Nel caso in esame, lo stesso giudice di appello rileva che la spesa pubblicitaria di euro 23.755 è finalizzata all’aumento del volume di vendite dei prodotti realizzati dalla I. spa, la quale quindi beneficiava dell’ aumento delle vendite verificatosi sul complessivo mercato nazionale, a prescindere dai vantaggi derivanti alle due società controllate, distributrici sul mercato interno, in via non esclusiva, dei prodotti pubblicizzati. La circostanza che la spesa pubblicitaria sia stata sostenuta in prima battuta dalle società controllate e poi riattribuita alla società controllante, anziché essere sostenuta direttamente da quest’ultima, rientra nelle scelte imprenditoriali di tipo discrezionale, prive di incidenza sulla deducibilità del costo di cui sia assodata l’inerenza.
14. Quattordicesimo motivo (rubricato 2.1 primo motivo): “violazione e falsa applicazione degli artt. 9 terzo comma e 76 quinto comma d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, dell’art. 2697 cod.civ. e più in generale dei principi in materia di prova dell’accertamento ed assolvimento dell’onere probatorio, dell’art. 1 secondo comma decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, degli artt. 88, 117 e 416 cod.proc.civ. e dell’art. 111 Cost, in relazione all’art. 360 n.3 cod.proc.civ. “, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha confermato il rilievo 6) “Ricavi lordi prodotto estero”.
Il motivo è inammissibile perché, dopo avere denunciato una violazione di legge, articola una censura relativa al vizio di motivazione, (reiterata nel successivo motivo quindicesimo).
15. Quindicesimo motivo (rubricato 2.2 secondo motivo): “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 n.5 cod.proc.civ.”, con riferimento al medesimo rilievo 6).
Il motivo è fondato sotto il profilo della contraddittorietà-illogicità della motivazione. La Commissione tributaria regionale premette che il medesimo prodotto “benalaxil” viene venduto alla società controllata I. France al prezzo di euro 50 ed alla società Sipcam Phyteurop al prezzo di euro 60,52; riporta le allegazione della ricorrente I. spa secondo cui la differenza del prezzo unitario di vendita del medesimo prodotto discende dal fatto che la società Sipcam vende al dettaglio mentre I. France rivende a sua volta ai distributori francesi ( tra cui Sipcam) derivando da ciò la necessità di differenziare i prezzi. Ciò premesso, il giudice di appello conclude che “senza spendere troppe parole va rilevato che la ricorrente ammette che è il mercato esterno, quello concorrenziale al retail francese a determinare il valore normale dei beni venduti dalla ricorrente , valore che corrisponde al prezzo unitario di euro 60,53 praticato alla Sipcam che la stessa ricorrente assume non essere la sua controllante”.
La motivazione è illogica nella parte in cui pone sullo stesso piano e raffronta il prezzo praticato alla controllata I. France venditrice all’ingrosso , con il prezzo praticato alla indipendente Sipcam venditrice al dettaglio, costituendo fatto notorio, apprezzabile sul piano meramente logico, che il prezzo praticato dal fornitore ad un rivenditore all’ingrosso non sia uguale, bensì inferiore, a quello a quello praticato ad un rivenditore al dettaglio dei medesimi prodotti.
16. Sedicesimo motivo (rubricato 2.1 motivo di impugnazione): “violazione e falsa applicazione dell’art.19 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n.633 , ed omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 n. 3 e 5 cod.proc.civ. “, nella parte in cui ha confermato il rilievo 8) in materia di Iva.
Il motivo è fondato per le medesime ragioni indicate nella trattazione del tredicesimo motivo.
La sentenza deve pertanto essere cassata limitatamente all’accoglimento del tredicesimo, quindicesimo e sedicesimo motivo, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, alla quale è demandata anche al liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie parzialmente il ricorso limitatamente ai motivi tredicesimo, quindicesimo e sedicesimo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.
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