CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 novembre 2016, n. 24412
Credito IVA – Non esposto in dichiarazione – Istanza di rimborso – Silenzio- rifiuto
Ritenuto in fatto
1. R.G. insorge avverso la sentenza in atti della CTR Puglia che, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto legittimo il silenzio- rifiuto opposto dal fisco avverso un’istanza di rimborso concernente un credito IVA non esposto in dichiarazione in quanto omessa e non tempestivamente chiesto in restituzione.
La CTR, motivando la conferma della decisione di primo grado, ha affermato che “il credito IVA riferito al periodo di imposta 1999 non è stato mai richiesto a rimborso e, che allo stato la domanda non è più proponibile”. In particolare, nessuna rilevanza è ascrivibile per il giudice d’appello all’istanza presentata dalla parte il 10.10.2003 ed intesa a conseguire il rimborso delle somme versate a seguito della comunicazione di irregolarità emessa dall’ufficio all’esito della liquidazione del mod. Unico 2001 in cui il predetto credito era stato portato in compensazione, in quanto essa “non è relativa al credito IVA”, ma appunto alla somma versata a seguito della predetta comunicazione, ed in ogni caso andrebbe dichiarato “prescritto” il diritto al rimborso per decorso del termine decadenziale di due anni.
Il mezzo azionato dalla parte si vale di un solo motivo, al quale ha replicato l’erario con controricorso.
Il collegio ha autorizzato l’adozione della motivazione semplificata.
Considerato in diritto
2.1. Con l’unico motivo di ricorso, il R. lamenta l’erroneità dell’impugnato pronunciamento di secondo grado per violazione dell’art. 21, comma 2, D.lg. 546/92 in considerazione del fatto, che diversamente da quanto opinato dal decidente, benché esso ricorrente avesse formulato tempestivamente l’istanza di rimborso della somma indebitamente versata a seguito dell’avviso di irregolarità di cui in premessa, la CTR “ha ritenuto legittimo il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate al rimborso richiesto” rilevando la pretesa irritualità dell’istanza poiché a mente dell’art. 21, comma 2, innanzi citato, il diritto al rimborso si era estinto per decorso del termine decadenziale di due anni.
2.2. Il motivo è fondato.
2.3. Richiamati qui i recenti dieta delle SS.UU. 17757/16 e 17758/16 e ricordato perciò che “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione” – sicché quand’anche qui fosse in discussione la rimborsabilità del credito IVA in caso di dichiarazione omessa, essa non sarebbe stato comunque denegabile, atteso che il credito era maturato nell’anno 1999 e la compensazione era stata effettuata nell’anno 2001 – va osservato che la specie in discorso attiene al diverso tema della rimborsabilità delle somme – che il contribuente, allegando appunto la sussistenza del credito in questione, assume indebitamente pretese – richieste dall’ufficio in esito alla liquidazione automatizzata della dichiarazione IVA per l’anno 2001, allorché, raffrontando i dati esposti dal contribuente – che aveva compensato il debito di imposta con il credito maturato nell’anno 1999 – con quelli presenti nell’Anagrafe tributaria, l’ufficio aveva riscontrato l’omessa presentazione della dichiarazione per queU’anno ed aveva perciò disconosciuto l’operata compensazione, provvedendo ad inviare al contribuente l’avviso di irregolarità di cui all’art. 54-bis. comma 3, D.P.R. 633/72, in ottemperanza al quale il contribuente aveva appunto provveduto a versare in data 4.4.2003 la somma dovuta, chiedendone poi il rimborso in data 10.10.2003.
2.4. Giudicando tardiva l’istanza in considerazione del decorso del termine biennale previsto dall’art. 21, comma 2, D.lg. 546/92, la CTR, oltre ad essere smentita in punto di rimborsabilità del credito IVA non esposto in dichiarazione dal ricordato pronunciamento delle SS.UU., è incorsa peraltro in un vistoso errore di interpretazione, avendo applicato alla fattispecie de qua – che ha ad oggetto è il rimborso delle somme pagate in adesione all’avviso bonario – l’art. 21 anzidetto, che ha notoriamente un campo d’azione più limitato rispetto alla previsione recata dall’art. 38 D.P.R. 602/73, provvisto di portata generale ed applicabile a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque ne sia la ragione e quindi riferibile ad errori connessi ai versamenti o all’an o al quantum del tributo.
Ne discende perciò che, ferma in ogni caso l’astratta rimborsabilità nella specie del credito IVA ancorché non esposto in dichiarazione, l’istanza presentata dal contribuente per il rimborso delle somme versate in adesione all’avviso di irregolarità non poteva giudicarsi fuori temine, essendo intervenuta a distanza di poco più di sei mesi dalla data dell’effettuato pagamento ed è perciò errato il contrario convincimento espresso dal giudice territoriale.
3. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza della CTR qui impugnata va conseguentemente cassata.
Non essendo peraltro necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 382, comma 2, c.p.c. con l’accoglimento del ricorso introduttivo.
4. Le spese seguono la soccombenza quanto al presente giudizio, mentre possono essere compensate riguardo ai gradi di merito, atteso che alla chiarificazione della vicenda non sono risultate estranee le ricordate pronunce delle SS.UU. in materia di rimborsabilità del credito IVA non esposto in dichiarazione perché omessa, intervenute in epoca succesiva alla proposizione del ricorso introduttivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo, ordina il rimborso delle somme chieste in restituzione oltre agli accessori di legge; condanna parte intimata al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 1200,00 per compensi, oltre al 15% per spese generali e agli accessori di legge, e compensa le spese dei giudizi di merito.