CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10008 del 16 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – IMPIEGATI DELLO STATO – CARRIERE – SOPPRESSIONE DELLE CD. CARRIERE SPECIALI – CLASSIFICAZIONE DEL PERSONALE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 31 dicembre 2012, la Corte d’Appello di Roma, riformava la decisione resa dal Tribunale di Roma e rigettava domanda proposta da M.A.M. nei confronti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – I.S.P.R.A., avente ad oggetto il riconoscimento del diritto al superiore inquadramento nel 2^ o 3^ livello della classificazione del personale del CCNL per il comparto Enti di ricerca con il profilo di tecnologo, in luogo della posizione di funzionario di amministrazione di 4^ livello illegittimamente attribuitale, con condanna dell’Ente alla corresponsione delle relative differenze retributive.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto il diritto insussistente, da un alato, a motivo dell’irrilevanza dell’appartenenza dell’odierna ricorrente ad una carriera speciale soppressa antecedentemente al passaggio all’Ente e correttamente non considerata dalla successiva disciplina legale e contrattuale intesa ad unificare le condizioni di accesso alle qualifiche funzionali caratterizzanti il nuovo sistema di classificazione del personale; dall’altro, per il difetto di quelle condizioni, con particolare riferimento al titolo di studio idoneo a consentire l’accesso al dottorato di ricerca, richiesta, ai fini del conseguimento del 3^ livello, profilo tecnologo, su cui non incidono le circostanze relative alla richiesta di parere al Dipartimento della Funzione Pubblica, non potendo da qui inferirsi una consapevolezza dell’Amministrazione di non correttezza dell’inquadramento della M. de all’accesso alla rivendicata qualifica di personale sprovvisto del titolo di studio richiesto, in quanto non provato.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la M., affidando l’impugnazione a due motivi. L’ISPRA si è costituita chiedendo di svolgere oralmente le proprie difese nel corso dell’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I due motivi su cui si articola l’impugnazione proposta dalla ricorrente sono entrambi volti a censurare come erronea la pronunzia della Corte territoriale che disconosce il diritto della ricorrente, già dipendente della Presidenza del Consiglio dei Ministri –
Dipartimento Servizi Tecnici Nazionali, con inquadramento nell’area funzionale C, posizione economica 3 super, corrispondente al livello apicale del personale non dirigenziale di cui alla classificazione del CCNL per il comparto Ministeri relativo al quadriennio 1998/2001, poi trasferita all’APAT all’inquadramento come tecnologo di secondo o terzo livello ai sensi del CCNL per il comparto Enti di ricerca, superiore alla posizione di funzionario di amministrazione di quarto livello attribuitale dall’Ente a motivo del mancato possesso del titolo di studio legittimante l’accesso alla qualifica rivendicata, ai sensi della disciplina dettata dall’art. 3, comma 2, del CCNI dell’APAT in data 30.5.2007 in materia di inquadramento ma, altresì, dall’art. 6 del medesimo CCNL relativamente al passaggio del personale proveniente da altri comparti della contrattazione ed in particolare ai criteri di equiparazione; e ciò sotto un duplice profilo, il primo attinente all’irrilevanza del possesso del titolo di laurea ai fini dell’inquadramento nel rispetto della prerogativa che alla ricorrente derivava ex lege dall’originaria appartenenza alle soppresse carriere speciali, alla stregua della quale la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare la validità ed eventualmente disapplicare la normativa collettiva richiamata; il secondo, attinente all’operatività del principio di parità di trattamento/risultando la ricorrente essere stata di fatto discriminata per essersi vista attribuire un inquadramento inferiore a quello corrispondente alla qualifica qui rivendicata viceversa riconosciuto al altro personale, in particolare proveniente dall’ENEA, privo di titolo di laurea ed addetto a mansioni professionalmente equivalenti a quelle assegnate alla ricorrente nonchè un trattamento economico nel tempo rivelatosi deteriore in ragione dell’assorbibilità, per effetto dei successivi incrementi della retribuzione contrattualmente dovuta dell’assegno ad personam inizialmente riconosciutole in adempimento dell’obbligo di conservazione del trattamento economico maturato presso l’amministrazione di provenienza.
In effetti, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1077 del 1970, art. 147, del D.P.R. n. 319 del 1972, art. 4 e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17 bis, lamenta a carico della Corte territoriale l’omessa considerazione della prerogativa dell’indifferenza del possesso del titolo di laurea riconosciuta dalle leggi in materia di inquadramento del personale pubblico succedutesi nel tempo in favore del personale appartenente alle soppresse carriere speciali.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, la ricorrente lamenta l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla non ravvisabilità o, comunque, alla non raggiunta prova della discriminazione subita con riguardo all’attribuzione da parte dell’ APAT del contestato trattamento giuridico ed economico.
Venendo all’esame delle suesposte censure è a dirsi come il primo motivo si riveli infondato, dovendosi ritenere corretto il rilievo della Corte territoriale circa l’irrilevanza, ai fini dell’inquadramento della ricorrente nei ruoli dell’ISPRA, cui era stata trasferita a seguito dell’assegnazione a tale Ente (allora APAT), delle attività fino ad allora svolte nel Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri al quale la stessa era addetta, della sua appartenenza alle c.d. carriere speciali del personale degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche poi soppresse a seguito del riordino delle carriere degli impiegati civili dello Stato attuato con il D.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077.
Deve, infatti, condividersi il convincimento della Corte territoriale, che quel rilievo riflette, circa l’infondatezza della causa petendi invocata a sostegno dell’originaria domanda, data dall’irrilevanza, ai fini dell’accesso all’inquadramento rivendicato, del possesso del titolo di studio ordinariamente richiesto, a motivo appunto dell’appartenenza alle ex carriere speciali cui sarebbe conseguita la perdurante fruibilità del peculiare trattamento riconosciuto a tale categoria di personale in occasione del reinquadramento conseguito alla soppressione delle medesime, per il quale, a quei fini, si veniva a dare rilievo allo svolgimento di funzioni qualificate proprie della carriera direttiva, a prescindere dal possesso di un titolo di studio, il diploma di scuola secondaria, inferiore a quello prescritto. Va considerato che l’azione perequativa voluta dalla legge a favore del personale in origine appartenente alle soppresse carriere speciali, azione basata sulla valorizzazione delle funzioni effettivamente svolte rispetto al titolo di studio, si è attuata e si è esaurita, anche nei confronti della ricorrente, nel consentire l’accesso di quel personale nella qualifica iniziale dei ruoli delle carriere direttive ordinarie e la conseguente progressione in questo ambito secondo la disciplina tempo per tempo vigente in materia di classificazione del personale, che, per quel che riguarda la ricorrente, si è tradotto nel raggiungimento in epoca anteriore al trasferimento all’odierna ISPRA dell’inquadramento nella categoria C, posizione economica 3 Super, che, allora (e con gli adattamenti intervenuti con l’ultimo rinnovo di comparto, ancora oggi) rappresentava il livello apicale dei funzionari direttivi delle amministrazioni pubbliche ad immediato ridosso della dirigenza.
Ciò posto appare evidente come nella vicenda del trasferimento, affrontata dalla ricorrente forte di una posizione di vertice, non entri in gioco alcuna condizione penalizzante da superare attraverso il richiamo all’originaria appartenenza alle ex carriere speciali, neppure per quel che riguarda il titolo di studio.
A, ben vedere, nella specie, aldilà delle apparenze, date dall’aver l’Ente motivato il rifiuto alla ricorrente dell’inquadramento qui rivendicato con il mancato possesso del titolo di studio necessario, non viene neppure in rilievo, come si vedrà in prosieguo, il possesso o meno del diploma di laurea, emergendo, semmai, il diverso tema della peculiarità del contratto di comparto e del suo sistema di classificazione del personale, nel quale è insita la penalizzazione lamentata dalla ricorrente, restando ad essa precluso l’accesso al livello apicale di quella classificazione, per essere questo riconosciuto ai soli tecnologi e ricercatori, qualifiche professionali che la ricorrente comunque non possiede.
Non è un caso che la ricorrente non deduca l’erroneità dell’inquadramento attribuitole sotto il profilo delle mansioni svolte, per quanto la tabella di equiparazione prevista dall’art. 6 del CCNL di comparto, per l’inquadramento del personale proveniente da altre amministrazioni, a quel criterio faccia riferimento anche a prescindere dal titolo di studio posseduto.
La ricorrente è pienamente consapevole della correttezza del profilo professionale attribuitole di funzionario di amministrazione, per essere questo corrispondente all’attività dalla stessa in precedenza espletata. Il fatto è che quel profilo si attesta al livello 4^ della classificazione del personale prevista dal CCNL di comparto, non contemplandosi mansioni amministrative ai superiori livelli 3^ o 2^ qui rivendicati, riservati, come detto, alle specifiche figure del tecnologo e del ricercatore, poi articolate sui tre livelli di vertice, ben diversamente connotate sul piano professionale. Il che, di per sè, preclude l’accesso a quei superiori livelli, che è quanto l’amministrazione ha in realtà inteso esprimere facendo riferimento al mancato possesso da parte della ricorrente del “titolo di studio che consenta l’accesso al dottorato di ricerca”, ancora una volta, in modo ceno non casuale, non corrispondente al generico titolo di laurea, ma specificamente attinente alla qualificazione professionale della figura al cui accesso è funzionale.
Di qui l’infondatezza, se non l’inammissibilità, anche del secondo motivo, incentrato sulla ribadita denuncia della disparità di trattamento perpetrata in danno della ricorrente, per essere stato attribuito l’inquadramento come tecnologo di 3^ o 2^ livello ad altro personale, in particolare proveniente dall’ENEA, ente dello stesso comparto della ricerca, sprovvisto del titolo di laurea, ma, tuttavia, formulato genericamente, senza tener conto alcuno dell’eventualità che la discriminazione, lungi dall’essere irragionevole, fosse al contrario giustificata dal pregresso possesso, da parte di quel personale, proveniente, a differenza della ricorrente, dal medesimo comparto, dell’inquadramento in questione così da vederselo automaticamente riconosciuto nel nuovo ente, ovvero dalla specificità della competenza professionale, anche a prescindere dalla natura delle mansioni in concreto svolte.
Il ricorso va dunque rigettato con compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità in considerazione del contrastante esito dei giudizi di merito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 maggio 2019, n. 12335 - In materia di classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e ai fini dell'applicabilità dell'art. 3, comma ottavo, della legge n. 335 del 1995 l'omessa comunicazione dei mutamenti…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 febbraio 2022, n. 4884 - In tema di accertamento tributario, ai sensi dell'art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d'ufficio devono essere…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 marzo 2020, n. 6698 - L'avviso di accertamento è nullo, ai sensi del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui…
- Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 2362 depositata il 3 febbraio 2020 - Quando l’Amministrazione stia in giudizio avvalendosi di un funzionario appositamente delegato, la stessa non può ottenere la condanna del soccombente al pagamento dei…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 3976 depositata il 13 febbraio 2024 - Ai fini del trattamento retributivo e normativo il datore è libero di scegliere un contratto collettivo diverso da quello afferente al settore produttivo…
- Corte di Cassazione sentenza n. 6697 depositata il 10 marzo 2020 - La sottoscrizione dell'avviso di accertamento, atto della P.A. a rilevanza esterna, da parte di un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo, ovvero da…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…