CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10204 depositata il 18 maggio 2016
ACCERTAMENTO – REDDITO D’IMPRESA – ESERCIZIO DI BAR – RICALCOLO RICAVI – METODO INDUTTIVO – PREZZO DI VENDITA DELLA TAZZINA DI CAFFE’ MOLTIPLICATO PER IL NUMERO DI SOMMINISTRAZIONI RICAVATO DAL RAPPORTO TRA IL QUANTITATIVO DI CAFFE’ UTILIZZATO NELL’ANNO E QUELLO NECESSARIO PER LA SOMMINISTRAZIONE DI UNA CONSUMAZIONE – ILLEGITTIMITA’
Ritenuto in fatto
1. Con avviso di accertamento n. (…), notificato il 20.11.2006, l’Agenzia delle entrate contestava a carico di (…) l’omessa contabilizzazione di corrispettivi e di ricavi in relazione all’anno 2003, ai fini IVA, IRPEF ed IRAP, con riferimento alla attività di bar cessata nel febbraio 2004. L’Amministrazione aveva proceduto al ricalcolo dei ricavi. Per quanto riguardava la somministrazione di caffè, aveva calcolato i maggiori ricavi utilizzando il prezzo di vendita della tazzina, moltiplicato per il numero di somministrazioni ricavato dal rapporto tra il quantitativo di caffè utilizzato nell’anno e quello necessario per la somministrazione di una consumazione. Per gli altri prodotti aveva applicato la percentuale media di ricarico del 150%, calcolato sul costo del venduto.
2. Il ricorso dei contribuente era accolto in primo grado, con decisione parzialmente riformata in secondo grado. Con la sentenza n. 34/18/09, depositata il 04.02.2009 e non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, confermata la legittimità dell’atto impositivo e ritenuta carretta la ricostruzione del ricavi inerenti la somministrazione di caffè, affermava che non poteva essere condiviso il criterio di ricalcolo applicato sugli altri prodotti.
In particolare assumeva che l’utilizzo della percentuale di ricarico media, in luogo della cd. media ponderata, trascurava di considerare la varietà dei prodotti commercializzati in un esercizio bar: quindi, richiamati dati di comune e notoria esperienza riteneva equo applicare una percentuale di ricarico pari ai 50% sul costo del venduto e riduceva, di conseguenza, i ricavi complessivi accertati.
3. Il contribuente ricorre per cassazione su due motivi, ai quali replica con controricorso l’Agenzia delle entrate ed li Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Considerato in diritto
1. Preliminarmente va dichiarato inammissibile il controricorso proposto dal Ministero delle Finanze, con compensazione delle relative spese di giudizio.
In tema di contenzioso tributario, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, divenuta operativa dal 1° gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale la legittimazione ad causam e ad processum nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetta esclusivamente all’Agenzia (Cass. sent. n. 22889/2006, n. 22992/2010, n. 817/2011).
2.1. Con i due motivi proposti il ricorrente si duole: 1) della violazione dell’art. 36 del DLGS n. 546/1992 per illogica e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (artt. 360, comma 1, n.5, cpc) e sostiene che la decisione, in merito all’applicazione della percentuale di ricarico sui prodotti vari è contraddittoria, avendo la CTR prima affermato che il metodo di determinazione del ricarico basato sulla media aritmetica semplice non era corretto, salvo poi a farne concreta applicazione, anche se riducendo la percentuale; 2) della violazione degli artt. 54 del DPR n. 633/1972, 39, comma 1, del DPR n. 600/1973, 2697 cc e 115 cpc, nonché omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cpc) consistito nel ricorso, compiuto dalla Commissione territoriale, al “fatto notorio” sia per la individuazione del quantitativo di caffè necessario per preparare una tazzina (7 grammi), sia per la determinazione della percentuale di ricarico da applicatigli altri prodotti (50%) e sostiene che la CTR ha violato le disposizioni richiamate in quanto l’accertamento ex art. 39, comma 1, lett. d) del DPR n. 600/1973, compiuto dalla Amministrazione vincola quest’ultima all’impegno di provare quanto afferma, di talché ciò non consente il ricorso alle nozioni di comune esperienza, che comportano una deroga al principio dispositivo delle prove e del contraddittorio; soggiunge, inoltre, che i fatti notori vanno circoscritti a situazioni limitate e non vi possono rientrare elementi valutativi, come la dose di caffè occorrente per preparare la tazzina di caffè o la percentuale di ricarico. A corredo del secondo motivo pone il seguente quesito <…se, in riferimento alle disposizioni contenute negli artt. 54 del DPR n. 633/1972, 39, comma 1, del DPR n. 600/1973 e 115 cpc, debba considerarsi legittimo l’accertamento di maggiori corrispettivi e di ricavi a fronte dell’attività di bar che trovano causa, in parte, sulla quantità di miscela ritenuta mediamente necessaria per la produzione di una tazzina di caffè ed in parte sulla percentuale di ricarico al costo del venduto degli altri prodotti, stabilite sulla base della nozione di “fatto notorio”».
2.2. I motivi, per come formulati, sono in parte inammissibili.
2.3. E’ del tutto preliminare il rilievo che il ricorso è in parte viziato dall’ inosservanza dell’art. 366 bis c.p.c. (vigente per le sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006 e abrogato per le sentenze pubblicate dal 4 luglio 2009), nella parte in cui prevede che, a corredo dei motivi riconducibili all’art. 360 c.p.c., comma 1, comma 5, va formulato – a pena di inammissibilità – il c.d. “momento di sintesi” (o “quesito di fatto”), consistente In un apposito passaggio espositivo distinto ed autonomo rispetto allo svolgimento del motivo – ossia un quid pluris rispetto all’illustrazione del mezzo (Cass. SS.UU. n. 12339 del 2010; Cass. n. 8897 e n. 4309 del 2008; n. 21194 del 2014) – finalizzato ad individuare, chiaramente e sinteticamente, il fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o contraddittoria, con specifica segnalazione delle ragioni per le quali la motivazione risulta inidonea a giustificare la decisione (ex plurimis, Cass, s.u. n. 20603 del 2007 e n. 11652 del 2008; Cass. n. 27680 del 2009).
2.4. Nella fattispecie in esame, tale indicazione riassuntiva e sintetica nel due motivi proposti per vizio motivazionale manca del tutto, anche sotto l’aspetto strettamente grafico (cfr. Cass. n. 24313 del 2014); né può assumersi che il contenuto di siffatto momento di sintesi finale, ove formalmente inesistente, debba essere ricavato dalla Corte di legittimità attraverso la lettura e l’autonoma interpretazione dell’illustrazione del motivo (Cass. n. 22591 del 2013), poiché ne resterebbe svilita – rispetto ad un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata – la portata innovativa dell’art. 366-bis cod. proc. civ., consistente proprio nell’Imposizione della formulazione di motivi contenenti una sintesi autosufficiente della violazione censurata, funzionale anche alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, ai miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (ex multis, Cass. n. 16481 del 2014 e n. 20409 del 2008).
2.5. Vanno quindi dichiarati inammissibili il primo motivo ed il secondo nella parte in cui lamenta il vizio motivazionale.
3.1. Va invece accolto il motivo riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, che risulta corredato dai quesito di diritto.
3.2. La censura va condivisa, dal momento che il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati ne controllati, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile. Pertanto non si possono reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, ne quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio (Cfr. anche Cass. nn. 23978/2007, 11946/2002, 16962/2012).
4. Conclusivamente il ricorso, dichiarata inammissibile la costituzione in controricorso del Ministero delle Economia e delle Finanze, va accolto sul secondo motivo per violazione di legge, inammissibili il primo motivo ed il secondo sul prospettato vizio motivazionale; la sentenza impugnata va cassata nei limiti del motivo accolto e, non potendo essere decisa nel merito, la controversia va rinviata al giudice di appello per il riesame alla luce del principio espresso.
P.Q.M.
– dichiara inammissibile il controricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze e compensa le relative spese di giudizio;
– accoglie il ricorso sul secondo motivo per violazione di legge, inammissibili i motivi per vizio motivazionale primo e secondo;
– cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla CTR della Campania per il riesame e la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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