CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10225 depositata il 18 maggio 2016
RICORSO PER CASSAZIONE – VIZIO DI MOTIVAZIONE – FACOLTA’ DEL GIUDICE DI LEGITTIMITA’
Svolgimento del processo
X srl (acquirente) ed Y s.s. (alienante) propongono quattro motivi di ricorso congiunto per la cassazione della sentenza n. 208/1/10 del 4 novembre 2010, con la quale la commissione tributaria regionale di Milano, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di rettifica e liquidazione per maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale loro notificato in relazione alla compravendita di due appezzamenti di terreno tra esse intercorsa il 31 ottobre 2006.
In particolare, la commissione tributaria regionale ha ritenuto congruo, sulla base della stima operata dall’agenzia del territorio ed allegata all’avviso di rettifica, il maggior valore accertato (Euro 4.161.900,00) rispetto al valore dichiarato in atto (Euro 2.982.000,00).
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; insito nell’omesso rilievo da parte della commissione tributaria regionale dell’esistenza di motivi di deprezzamento delle aree compravendute, nonchè dell’insussistenza dei motivi di maggiorazione di valore individuati dall’agenzia del territorio nella stima allegata all’avviso di rettifica in questione.
Il motivo non può trovare accoglimento, risultando anzi finanche inammissibile in quanto mirato a suscitare nella presente sede di legittimità, mediante la proposizione di un vizio di motivazione, la rivisitazione degli elementi fattuali della vicenda impositiva attraverso i quali la commissione tributaria regionale è giunta a ritenere congruo il maggior valore accertato.
E’ principio consolidato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo controllo, bensì la sola facoltà di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 19.1.2015 n. 742). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame dei punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (ex multis, Cass. n. 8718 del 27/04/2005). Si è inoltre stabilito (Sez. U., n. 24148 del 25/10/2013; Cass. n.12799 del 6/6/2014) che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento;
non già quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati. Risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (che non può essere utilizzato, nell’attuale ordinamento processuale, alla stregua di un terzo grado di merito).
Orbene, nel caso di specie la commissione tributaria regionale ha dato succintamente, ma esaurientemente, conto delle (tre) ragioni per le quali l’accertamento dell’ufficio doveva, in riforma della prima decisione, ritenersi legittimo.
In particolare, il giudice di merito ha ritenuto di recepire quanto osservato dall’agenzia del territorio nella stima allegata all’avviso di rettifica e liquidazione in oggetto. Stima nella quale: – si descrivono analiticamente per superficie, ubicazione e caratteristiche intrinseche i due lotti di terreno compravenduti in Comune di (OMISSIS) (rispettivamente destinati a “zona per insediamenti produttivi in espansione assoggettata a piano attuativo obbligatorio” ed a “zona di rispetto stradale”); – si indica il metodo di stima utilizzato, di tipo sintetico-comparativo; – si specificano le maggiorazioni (10 + 10 %) degli indicatori standard di mercato applicabili nel caso concreto, in ragione della destinazione urbanistica e degli edifici realizzabili sull’area.
Il recepimento, da parte del giudice di merito, della stima dell’agenzia del territorio fatta propria dall’ufficio (anche per gli effetti di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2) è dipeso dal fatto che essa ha tenuto conto, in aumento e diminuzione, di parametri valutativi considerati rilevanti dalla commissione tributaria regionale, quali: – la posizione decentrata dei terreni; – la loro forma irregolare; – l’esistenza di fasce di rispetto su tre lati; – la vicinanza alla strada provinciale (OMISSIS).
E’ dunque evidente l’incensurabilità, sotto tale profilo, della delibazione fattuale così operata, sebbene con richiamo alla suddetta stima dell’agenzia del territorio, dalla commissione territoriale.
Tanto più considerando che la stima effettuata da un organismo tecnico interno all’amministrazione finanziaria – pur concretando una mera perizia di parte inidonea a fare piena prova del suo contenuto valutativo – ben può essere posta dal giudice di merito a fondamento, eventualmente anche esclusivo, del proprio convincimento; salvo l’onere – qui soddisfatto – di spiegare le ragioni di tale scelta, anche in relazione al tenore delle contestazioni del contribuente.
2. Con il secondo motivo si lamenta analoga censura motivazionale, per avere la commissione tributaria regionale erroneamente attribuito efficacia probatoria del maggior valore accertato al conseguimento da parte di X srl, presso la Banca Popolare di Bergamo, di un finanziamento, con ipoteca sui terreni in questione, per un credito di 15 milioni di Euro. La commissione tributaria regionale non avrebbe infatti considerato che il finanziamento in oggetto (ottenuto, due anni dopo la compravendita, per l’importo di 10 e non di 15 milioni di Euro) era commisurato al valore dell’intera operazione edilizia e commerciale avente riguardo all’edificazione dell’area, nel cui ambito i terreni in oggetto erano stati valutati così come dichiarati in atto dalle parti contraenti.
Con il terzo motivo si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51; per avere la commissione tributaria regionale omesso di rilevare che l’ottenimento del finanziamento ipotecario in questione non costituiva elemento idoneo a comprovare la correttezza della valutazione dell’ufficio, e ciò per ragioni di ordine sia temporale sia afferenti alla complessità dell’intera operazione finanziata. Sicchè, tale finanziamento era privo d’incidenza, anche presuntiva, nell’attribuire ai terreni un valore normale o venale eccedente quello dichiarato dalle parti, con la conseguenza che – come già osservato dei primi giudici – la rettifica di maggior valore doveva ritenersi “il frutto di una valutazione soggettiva ed incontrollabile dell’agenzia delle entrate”.
Si tratta di motivi suscettibili di considerazione unitaria in quanto entrambi basati nella prospettiva della violazione di legge e della carenza motivazionale sull’incidenza probatoria (nel senso della validità della rettifica dell’ufficio) erroneamente attribuita dalla commissione tributaria regionale al finanziamento ipotecario ottenuto dalla società acquirente presso la Banca Popolare di Bergamo.
Essi sono infondati, in quanto non mirati sulla effettiva ratio decidendi della sentenza qui impugnata.
Quest’ultima, come detto, ha basato il proprio convincimento su tre ragioni, costituite: – dalla stima dell’agenzia del territorio, nei termini che si sono detti; dall’esatta ricostruzione, da parte dell’ufficio, del valore venale di commercio in relazione all’indice di edificabilità del primo lotto ed ai listini CCIAA di Milano, nonchè del valore venale di commercio in base al valore di monetizzazione delle aree standard per il secondo lotto (aree di rispetto); – dal mancato utilizzo della stima OMI e dalla ritenuta efficacia non retroattiva della L. n. 88 del 2009, art. 24 invocato dalle società ricorrenti.
Orbene, si evince come da tali ragioni decisorie esuli ogni richiamo essenziale al finanziamento ipotecario; il quale è stato sì menzionato dalla sentenza impugnata, ma non quale ratio a sè stante, in grado di autonomamente sostenere la decisione, ma solo quale argomento dimostrativo ad abundantiam. Vale a dire, quale ulteriore prova di correttezza delle valutazioni operate dall’ufficio.
In definitiva, non risulta in alcun modo dalla sentenza che, in assenza di tale “riscontro” (ovvero nella sua diversa delibazione, così come proposta nelle censure in parola), la decisione (basata sulla convergenza di altri elementi) sarebbe stata certamente differente.
Va inoltre considerato, ad ulteriore e definitiva infondatezza dei motivi di ricorso, che – sul piano logico e giuridico – ben poteva la commissione di merito attribuire allo specifico elemento del finanziamento ipotecario un significato probatorio di congruità del maggior valore accertato nella considerazione proprio dell’entità economica complessiva dell’operazione edificatoria finanziata, indipendentemente dal valore specificamente attribuito ai terreni nel piano di finanziamento. Operazione edificatoria la cui fattibilità è stata ritenuta influente sulla determinazione di valore dei terreni già al momento del loro trasferimento. Di tal chè, non potrebbe in questa sede darsi ingresso ad una valutazione probatoria differente da quella così adottata dal giudice territoriale.
3. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione della L. n. 88 del 2009, art. 24 (legge comunitaria 2008). Per avere la commissione tributaria regionale omesso di considerare che In base a tale disposizione – adeguativa, con portata retroattiva, dell’ordinamento interno a quello UE – dovevano ritenersi illegittimi, in materia di trasferimenti immobiliari, gli accertamenti basati sul concetto di valore normale; con conseguente invalidità di tutti gli accertamenti basati puramente e semplicemente sulla discordanza, non supportata da altri elementi concreti e diretti, tra valore dichiarato e valore normale dell’immobile, come determinato in base a listini OMI o similari.
Dalla sola discordanza tra valore dichiarato e valore normale non poteva dunque desumersi – non soltanto per l’Iva e le imposte dirette, ma nemmeno per l’imposta di registro – alcuna presunzione legale di congruità del maggior accertamento.
La doglianza non può trovare accoglimento, posto che il maggior valore accertato non è qui dipeso dalla mera discrepanza tra valore dichiarato in atto e valore medio standard rilevato sulla base dei listini OMI; bensì – come detto – dall’applicazione di correttivi di stima del valore venale specificamente mirati sulle caratteristiche del terreni.
Sicchè, la rettifica contestata non si basa sulla presunzione legale derivante dal solo dato di discrepanza, ma sull’impiego da parte dell’amministrazione finanziaria dei criteri di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3 in materia di imposta di registro;
comprensivi, tra il resto, “di ogni altro elemento di valutazione”.
Elemento di valutazione che il giudice di merito ha ritenuto idoneo a sorreggere il maggior valore accertato in esito ad una stima non basata sui soli dati medi, così come emergenti dai listini OMI. Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 8.000,00 per compenso professionale;
oltre spese prenotate a debito.
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