CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10229 depositata il 18 maggio 2016
IVA – LAVORI DI COSTRUZIONE DI GARAGE PARCHEGGIO – OPERA DI URBANIZZAZIONE PRIMARIA – COSTITUZIONE DEL VINCOLO DI PERTINENZIALITA’ – EFFETTIVA DESTINAZIONE ALL’ATTIVITA’ COMMERCIALE DI UNA CONCESSIONARIA AUTO – APPLICAZIONE DELL’ALIQUOTA RIDOTTA – ESCLUSIONE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nei confronti di C. Irpini s.p.a. venne emesso in relazione all’anno d’imposta 2003 avviso di accertamento per costi non deducibili e sottofatturazione di operazioni attive per euro 272.448,00 erroneamente assoggettate ad aliquota agevolata (10%). Il ricorso dei contribuente venne parzialmente accolto dalla CTP, che dichiarò non recuperabile a tassazione l’importo di euro 27.987,00 (costo per l’acquisto di piante) e non oggetto di sottofatturazione la somma di euro 272.448,00 per lavori di costruzione di garage interrato. La Commissione Tributaria Regionale della Campania accolse parzialmente sia l’appello principale proposto dall’Ufficio che quello incidentale proposto dalla contribuente così disponendo: “in parziale riforma della sentenza impugnata, ridetermina in euro 3.580,00 l’importo dei costi non recuperabili a tassazione; fermo il resto”. La motivazione era la seguente. Con il primo motivo di appello l’Ufficio eccepisce che l’importo di euro 27.987,00 attiene a tre specifici recuperi (costi per tasse automobilistiche non deducibili di euro 1.996,00, spese di rappresentanza non deducibili di euro 5.991,00 e costi pluriennali per l’acquisto di piante di euro 20.000,00) e che per mero errore la CTP ha ritenuto che l’illegittimità del rilievo relativo al costo sostenuto per l’acquisto delle piante riguardasse l’intero importo. “La vertenza, pertanto, deve essere ristretta al solo recupero delle spese sostenute per l’acquisto delle piante che, come risulta sia dal p.v.c. che dall’avviso di accertamento, è di euro 20.000,00, fermi gli altri due rilievi, non accolti (e che, pertanto, qui si riconfermano), per complessivi euro 7.987,00”. Il costo, relativo a spese di manutenzione del verde delle aiuole e per impianto di alberi, non esaurisce la sua utilità nell’esercizio in cui è stato sostenuto (2003), ma esplica la sua funzione anche negli esercizi successivi sicché è deducibile in quote costanti nell’esercizio in cui è stato sostenuto e nei quattro successivi (art. 74 – ora 108 – TUIR). Sul secondo motivo di appello, avente ad oggetto l’appalto per la costruzione di garage-parcheggio in parte interrato, corretta è l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10% perché la società appaltante G.B.F. s.p.a., avendo costituito il vincolo di pertinenzialità ai sensi dell’art. 9 L. n. 122/1989, aveva chiesto alla contribuente la fatturazione dei lavori di appalto con IVA ridotta ai sensi dell’art. 11 della medesima legge.
Circa l’appello incidentale va osservato quanto segue: quanto al primo motivo (perdite su crediti prescritti) manca la prova dell’invocata inesigibilità ai sensi dell’art. 66 (ora 101), comma 5, TUIR; con riferimento alle spese per trasferte e per omaggi e regalie manca la documentazione; fondata è invece la doglianza per spese notarli e spese per l’acquisto di sollevatore oleopneumatico. Le spese notarili per euro 16.700,00, in quanto spese relative a più esercizi, concorrono alla determinazione del risultato dell’esercizio 2003 con una quota pari al 20%, e cioè euro 3.340,00, sicché la ripresa a tassazione va effettuata solo per la parte che va capitalizzata, pari ad euro 13.360,00; il costo di euro 1.680,00 sostenuto per l’acquisto di sollevatore oleopneumatico concorre alla determinazione del risultato dell’esercizio 2003 con una quota pari al 10%, e cioè euro 160,00, sicché la ripresa a tassazione va effettuata solo per la parte che va capitalizzata, pari ad euro 1.512,00; non sono quindi recuperabili a tassazione euro 3.580,00 (euro 3.340,00 + euro 168). Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la contribuente, che ha altresì proposto ricorso incidentale sulla base di tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli artt. 111 Cost, 1, 2 e 36 d. leg. n. 546/1992, 132 e 156 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente che, benché sia stato accolto il primo motivo di appello, nel dispositivo si ridetermina “in euro 3.580,00 l’importo dei costi non recuperabili a tassazione; fermo il resto” e che, pur essendo la difformità di dispositivo e motivazione emendabile come errore materiale ai sensi dell’art. 287 c.p.c., il contrasto insanabile fra motivazione e dispositivo, non consentendo di individuare la statuizione del giudice, non può essere eliminato con la procedura di correzione dell’errore materiale e determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 156, comma 2, c.p.c. Precisa la ricorrente che la censura viene proposta in via prudenziale.
Il motivo è infondato. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, solo il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza. Tale insanabilità deve escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (sì da potersi escludere l’ipotesi di un ripensamento del giudice); in tal caso è configurabile l’ipotesi legale del mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l’esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall’altro, deve qualificarsi come inammissibile l’eventuale impugnazione diretta a far valere la nullità della sentenza asseritamente dipendente dal contrasto tra dispositivo e motivazione (fra le tante Cass. 14 maggio 2007, n. 11020; 27 agosto 2007, n. 18090; 3 luglio 2008, n. 18202). Laddove ricorra l’errore materiale, va evidenziato che la procedura prevista dall’art. 287 c.p.c. è applicabile anche nel procedimento innanzi alle commissioni tributarie (Cass. 19 luglio 2006, n. 16488). Nel caso di specie non ricorre una divergenza fra dispositivo e motivazione tale da investire il giudizio concettuale della decisione e da incidere sul contenuto della sentenza (cfr. Cass. 20 dicembre 2013, n. 28523).
La divergenza è meramente quantitativa perché mentre nei dispositivo si determina l’importo dei costi non recuperabili a tassazione in euro 3.580,00, che è la quota di spese notarili e spese per l’acquisto di sollevatore oleopneumatico corrispondente ai costi deducibili nell’anno 2003, nella motivazione si riforma la sentenza di primo grado non solo relativamente a tali costi (non deducibili per la CTP), ma anche con riferimento alla sottrazione a recupero fiscale operata dalla CTP dell’importo di 27.987,00 quale costo per l’acquisto di piante. Tale costo, meglio identificato in motivazione in euro 20.000,00, per la CTR è deducibile in quote costanti nell’esercizio in cui è stato sostenuto (2003) e nei quattro successivi. Secondo la CTR, quindi, sono costi non recuperabili a tassazione non solo euro 3.580,00, ma anche la quinta parte di euro 20.000,00, corrispondente alla quota deducibile nel 2003 (e non l’importo di euro 27.987,00, come affermato dalla CTP). Il riferimento nel dispositivo solo all’importo di euro 3.580,00 costituisce una mera divergenza quantitativa, mentre ancorato ad un elemento obiettivo è quanto accertato in motivazione, sicché l’inciso “fermo il resto” in dispositivo è inidoneo di per sé a determinare un insanabile contrasto fra motivazione e dispositivo.
Con il secondo motivo si denuncia insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 11 L. n. 122/1989, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Osserva la ricorrente che la CTR ha omesso di esaminare (da cui l’insufficienza della motivazione) la contestazione sollevata dall’Ufficio in ordine all’eccepito difetto di sussistenza del vincolo pertinenziale, con riferimento all’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10%, per essere destinato il garage/parcheggio a soddisfare l’interesse esclusivo della concessionaria e non anche l’interesse generale della popolazione residente, sicché all’opera non poteva attribuirsi la qualifica di opera di urbanizzazione primaria. Osserva inoltre la ricorrente che il deposito servente alla concessionaria a scopo di custodia di veicoli da porre in vendita è privo della natura di pertinenza delle singole unità immobiliari di cui all’art. 9 L n. 122 del 1989 sia perché non garantisce il posto auto al conducente dell’autoveicolo che transita sulla pubblica via sia perché il concetto di pertinenza implica manufatti di piccole dimensioni rispetto al fabbricato principale cui ineriscono secondo un rapporto di uno ad uno rispetto all’unità immobiliare di riferimento.
Il motivo è in parte fondato ed in parte assorbito. Il motivo si articola in due sub-motivi, l’uno per vizio motivazionale, l’altro per violazione di legge, chiaramente separabili e valutabili in modo indipendente. La denuncia di vizio motivazionale è fondata.
Deve premettersi che, in tema di IVA, l’aliquota ridotta non è applicabile in virtù della semplice dichiarazione del vincolo pertinenziale esistente fra unità immobiliari, in quanto, trattandosi di un’eccezione a quella ordinaria generalmente prevista, il contribuente deve dimostrare la ricorrenza dei relativi presupposti di fatto (Cass. 28 gennaio 2014, n. 1735). Come recita l’art. 9 L. n. 122 del 1989, i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Nel procedimento logico della decisione non risulta chiaramente contemplata la circostanza, dedotta nell’atto di appello, della natura dell’opera oggetto di appalto per il quale risulta corrisposta VIVA secondo l’aliquota agevolata, e cioè un garage/parcheggio destinato all’attività commerciale di una concessionaria. Non si comprende dall’itinerario logico della decisione quindi se tale circostanza di fatto sia stata tenuta presente dalla CTR per concludere nel senso della spettanza dell’aliquota agevolata in discorso. La circostanza del garage parcheggio è infatti enunciata quale contenuto del motivo di appello, ma non risulta poi valutata dal giudice tributario, che si è limitato a rilevare il dato della costituzione del vincolo di pertinenzialità dell’area in discorso (si parla solo di “costruendo garage-parcheggio”) al fabbricato sulla base di scrittura privata autenticata e la richiesta di fatturazione dei lavori da parte dell’appaltante con applicazione dell’IVA ridotta. Se la valutazione di spettanza dell’aliquota agevolata si sia basata sull’esame della circostanza di fatto della realizzazione di un garage/parcheggio destinato all’attività commerciale di una concessionaria non è dato comprendere dal tessuto della motivazione, la quale appare così affetta da una grave lacuna sul piano dell’itinerario logico. Il giudice di merito dovrà pertanto valutare la circostanza dedotta con l’atto di appello (la destinazione del garage/parcheggio a soddisfare l’interesse esclusivo della concessionaria), apprezzarla nella sua portata storica e valutare, all’esito di tale apprezzamento, se ricorrano i presupposti di fatto dell’aliquota agevolata.
L’accoglimento del sub-motivo relativo al vizio motivazionale determina l’assorbimento di quello relativo alla violazione di legge.
Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 111 Cost, 1, 2 e 36 d. leg. n. 546/1992, 132 e 156 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c., nonché erronea applicazione dell’art. 108 TUIR in luogo dell’applicazione dell’art. 109 TUIR. Osserva la ricorrente in via incidentale che le spese di euro 20.000,00 sostenute per l’acquisto di piante, e la sistemazione delle stesse su aree sottoposte ad interventi di estrazione di materiale calcareo, vanno imputate solo all’esercizio in cui sono state sostenute, in conformità di quanto disposto dall’art. 75 TUIR (oggi art. 109), trattandosi di opere di bonifica, necessarie ed indispensabili, da eseguirsi annualmente.
Il motivo è inammissibile. La deduzione con la quale si contesti al giudice del merito non di non aver correttamente individuato la norma regolatrice della questione controversa o di averla applicata in difformità dal suo contenuto precettivo, bensì di avere o non avere erroneamente ravvisato, nella situazione di fatto in concreto accertata, la ricorrenza degli elementi costitutivi d’una determinata fattispecie normativamente regolata, è inammissibile come censura ai sensi dell’art. 360 n. 3, giacché tale valutazione non comporta un giudizio di diritto ma un giudizio di fatto, da impugnarsi, se del caso, sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. 30 marzo 2005, n. 6653; 29 aprile 2002, n. 6224). Ed invero, sulla base dell’apprezzamento dei costi quali costi utili non solo per l’esercizio in cui sono stati sostenuti, ma anche negli esercizi successivi, la CTR ha ritenuto applicabile la fattispecie delle spese relative a più esercizi (art. 74 – oggi art. 108 – TUIR). La ricorrente contesta che i costi rivestano l’utilità anche per gli esercizi successivi, deducendo solo l’utilità per l’anno di sopportazione della spesa, e nega così che ricorra la fattispecie delle spese relative a più esercizi. In tal modo, però, si sta contestando il giudizio di fatto della CTR, contestazione che richiede la denuncia del vizio motivazionale. Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 111 Cost, 1, 2 e 36 d. leg. n. 546/1992, 132 e 156 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c., nonché violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 108 TUIR. Osserva la ricorrente che, qualora dovesse essere accolto il rilievo dell’Ufficio in ordine al costo di euro 20.000,00, dovrebbero dedursi i costi in quote costanti pluriennali ai sensi dell’art. 108 TUIR a decorrere dall’anno 2003.
Il motivo è inammissibile. La ricorrente non ha interesse ad impugnare in parte qua la sentenza perché la CTR ha già affermato che l’importo di euro 20.000,00 è deducibile in quote costanti nell’esercizio in cui è stato sostenuto e nei quattro successivi ai sensi dell’art. 74 (ora 108) TUIR. Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 111 Cost, 1, 2 e 36 d. leg. n. 546/1992, 132 e 156 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c., nonché violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 108 TUIR. Osserva la ricorrente che la CTR, pur avendo riconosciuto in motivazione le deduzioni per euro 7.987,00, ha omesso il riferimento a tale importo nel dispositivo. Il motivo è infondato. Ha affermato la CTR che “la vertenza, pertanto, deve essere ristretta al solo recupero delle spese sostenute per l’acquisto delle piante che, come risulta sia dal p.v.c. che dall’avviso di accertamento, è di euro 20.000,00, fermi gli altri due rilievi, non accolti (e che, pertanto, qui si riconfermano), per complessivi euro 7.987,00”. La CTR è giunta a tale conclusione accogliendo il motivo di appello proposto dall’Ufficio che lamentava che la CTP aveva dichiarato non recuperabile a tassazione il costo per l’acquisto per le piante, ma erroneamente aveva valutato tale costo non pari ad euro 20.000,00, ma pari ad euro 27.987,00, includendovi anche i costi per tasse automobilistiche di euro 1.996,00 e quelli per spese di rappresentanza di euro 5.991,00. Tali costi resterebbero quindi recuperabili a tassazione e non deducibili. Nel dispositivo pertanto non viene riconosciuta la deducibilità di tali importi proprio perché in motivazione sono stati ritenuti non deducibili.
P.Q.M.
Accoglie parzialmente il secondo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito per il resto il secondo motivo e rigetta il primo motivo; rigetta il terzo motivo del ricorso incidentale e lo dichiara per il resto inammissibile; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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