CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10383 del 19 maggio 2016
LAVORO – PREVIDENZA – PENSIONE DI INVALIDITA’ – DIRITTO – REQUISITO SANITARIO – SUSSISTENZA – RICORSO PER CASSAZIONE GENERICO
Fatto e diritto
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 20 aprile 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con sentenza del 25 marzo 2014, la Corte di appello di Potenza, confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda proposta da S.D. – deceduto nelle more del giudizio di primo grado – ed intesa al riconoscimento del suo diritto alla pensione di invalidità ex lege n. 222/1984.
Ad avviso della Corte territoriale le censure mosse nell’appello alla consulenza tecnica espletata innanzi al Tribunale erano generiche, contraddittorie non indicando quali fossero i documenti non valutati dall’ausiliare né gli errori di metodo dallo stesso commessi.
Comunque, rilevava che l’assicurato non aveva provato la sussistenza del requisito sanitario per poter accedere alla prestazione richiesta.
Per la Cassazione di tale decisione propone ricorso S.V. – quale erede di S.D. – affidato ad un unico motivo.
L’INPS resiste con controricorso.
Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 222 del 1984 e dell’art. 111 Cost. per difetto di motivazione o per mera apparenza della stessa.
Si assume che la Corte di merito aveva ritenuto generiche le critiche mosse alla decisione di primo grado con una motivazione del tutto apparente che non aveva in alcun modo considerato le argomentazioni contenute nell’atto di appello.
Va, in primo luogo, precisato che il motivo, pur deducendo nella rubrica anche la violazione di norme di diritto, poi, argomenta solo in relazione al lamentato difetto di motivazione.
Ciò detto, ne va rilevata la infondatezza.
Ed infatti la Corte di appello, con una motivazione sintetica – che non può essere ritenuta apparente – ha evidenziato che il gravame doveva considerarsi generico perché lamentava solo una non corretta valutazione delle risultanze documentali senza precisare quali documenti non fossero stati adeguatamente valutati dal consulente tecnico nominato dal Tribunale e gli errori di metodo commessi dall’ausiliare.
Quanto al vizio di motivazione insufficiente ne va rilevata la inammissibilità alla luce dell’art. 360, secondo comma, n. 5, c.p.c. (come modificato dall’art. 54, comma 1° lett. b) d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modifiche in legge 7 agosto 2012 n. 134) essendo stata pubblicata l’impugnata sentenza dopo 11 settembre 2012 ( ai sensi dell’art. 54, comma 3° d.l. cit.).
Ed infatti le Sezioni Unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014) hanno avuto modo di precisare che a seguito della modifica dell’art. 360, comma 1° n. 5 cit. il vizio di motivazione si restringe a quello di violazione di legge e, cioè, dell’art. 132 c.p.c., che impone al giudice di indicare nella sentenza “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”.
Dunque, perché violazione sussista si deve essere in presenza di un vizio “così radicale da comportare con riferimento a quanto previsto dall’art. 132, n. 4, c.p.c. la nullità della sentenza per mancanza di motivazione” fattispecie che si verifica quando la motivazione manchi del tutto oppure formalmente esista come parte del documento, ma le argomentazioni siano svolte in modo “talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum”.
Pertanto, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sulla esistenza (sotto il profilo della assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta), ipotesi queste ultime, come sopra esposto, non ricorrenti nel caso in esame.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui si ribadiscono, sostanzialmente, le argomentazioni di cui al ricorso che non scalfiscono il contenuto della relazione che il condivide pienamente.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
Le spese del presente giudizio vanno dichiarate non ripetibili avendo il ricorrente reso la dichiarazione relativa ai redditi ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., come riformato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito dalla L. n. 326 del 2003.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, nulla per le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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