CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10467 depositata il 20 maggio 2016

FABBRICATO ADIBITO ALLA MANIPOLAZIONE E TRASFORMAZIONE DEI PRODOTTI AGRICOLI FORNITI DAI SOCI – ESENZIONE – NON SUSSISTE – NECESSARIA LA PREVENTIVA CLASSIFICAZIONE CATASTALE COME IMMOBILE RURALE

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il Comune di Poviglio opponeva il diniego alla richiesta di rimborso dell’ICI versata per gli anni dal 2002 al 2005 dalla L. Sociale San B. società cooperativa agricola relativamente ad un immobile di sua proprietà censito al catasto edilizio urbano alla categoria D/l. La società proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia assumendo che il fabbricato era esente dall’imposta ICI in quanto adibito alla manipolazione e trasformazione dei prodotti agricoli forniti dai soci. Il ricorso veniva accolto e la sentenza era confermata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, sul rilievo che il fabbricato, in quanto strumentale all’attività della cooperativa agricola, era escluso dall’ICI ancorché iscritto nel catasto dei fabbricati alla categoria D/l; e ciò in quanto esso aveva i requisiti di ruralità previsti dall’articolo 9, comma 3 bis, dei decreto legge 557/1993, convertito dalla legge numero 133/1994, nel testo modificato dal decreto legge numero 159/2007, convertito dalla legge numero 222/2007, norma che era retroattiva in forza di quanto previsto dal decreto legge numero 207/2008, convertito dalla legge numero 14/2009.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il Comune di Poviglio affidato a quattro motivi illustrati con memoria. La L. Sociale San B. non si è costituita in giudizio.

3. Con il primo motivo di ricorso il Comune deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 9 del decreto-legge 557 del 1993, all’articolo 23, comma 1 bis del decreto-legge numero 207 del 2008 e agli articoli 2, comma 1, lett. a, e 5 del decreto legislativo 504 del 1992. Assume il ricorrente che la decisione impugnata si pone in contrasto con il principio di diritto più volte sancito dalla Corte di legittimità secondo cui, qualora un fabbricato non sia catastalmente classificato come rurale, il proprietario che ritenga tuttavia esistenti i requisiti per il riconoscimento della ruralità deve impugnare la classificazione operata al fine di ottenere la relativa variazione e solo all’esito di tale procedimento può chiedere lo sgravio dell’ICI.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ,, in relazione all’articolo 9 del decreto-legge 557 del 1993, all’articolo 23, comma 1 bis, del decreto legge 207 del 2008, all’articolo 2, comma 1, lett. a, del decreto legislativo 504 del 92, agli artt. 2135 e 2697 cod. civ.. Sostiene il ricorrente che la nuova formulazione dell’articolo 9, comma 3 bis, del decreto-legge 557/93 prevede che ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’articolo 2135 cod. civ., anche se effettuate da cooperative e loro consorzi. Ne deriva che il giudice tributario, per valutare se un fabbricato sia rurale, deve preliminarmente accertare se il fabbricato sia realmente strumentale all’attività agricola esercitata dal contribuente. La CTR, invece, ha ritenuto rurale il fabbricato della contribuente esclusivamente sulla base dell’attività agricola esercitata dalla stessa senza valutare se sussistessero i presupposti previsti dalla norma, consistenti nella qualità di imprenditore agricolo, nell’aver la contribuente adibito in concreto e nelle attuali annualità oggetto della richiesta di rimborso il fabbricato a un’attività strumentale allo svolgimento dell’attività agricola e nella necessarietà del fabbricato allo svolgimento dell’attività medesima.

5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 9 del decreto-legge 557 del 1993, agli articoli 1, comma2, e 3, comma 1, della legge 212 del 2000 e all’articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Assume il ricorrente che la nuova formulazione della norma di cui al comma 3 bis dell’articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, introdotta dal decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni dalla L. 29 novembre 2007, n. 222, è innovativa e non retroattiva e, dunque, non può essere applicata alle annualità ICI in oggetto.

6. Con il quarto motivo deduce omessa o, in subordine, insufficiente motivazione circa fatti controversi decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per aver la CTR affermato che il fabbricato della contribuente era adibito ad attività di trasformazione dei prodotti agricoli senza dare conto delle ragioni per le quali era giunta a tale conclusione.

7. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato.

La CTR ha accertato che “il caso che occupa riguarda fabbricati di proprietà di una cooperativa di produttori agricoli nei quali vengono svolte le attività di trasformazione dei prodotti agricoli dei soci. Si tratta, infatti di una cooperativa di conferimento i cui soci sono imprenditori agricoli che qualificano il loro rapporto sociale con il conferimento alla cooperativa di tutto il prodotto agricolo dai medesimi autonomamente ottenuto. La cooperativa provvede alla lavorazione e alla trasformazione di quanto conferito dai soci al fine del collocamento sul mercato del bene finito”.

Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 1, comma 2, prevede che “Presupposto dell’imposta dell’ICI è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa”. Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a) sancisce che “Ai finì dell’ICI: a) per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano…”; Il D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, prevede che “Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o ¡scrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni”. Il D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, conv. nella L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, ossia quelle da ultimo apportate dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 42 bis, conv. in L. 29 novembre 2007, n. 222 prevede che “Ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 cod. civ. e in particolare destinate: i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative Nel caso di specie si tratta di fabbricato censito al catasto edilizio urbano alla categoria D/l di proprietà di una cooperativa di produttori agricoli e nel quale si svolgono attività di “elaborazione” dei prodotti agricoli dei

Questa Corte intende dare continuità all’orientamento espresso nel principio sancito dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite con la sentenza n. 18565 del 21/08/2009 secondo cui “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 de11993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 ai fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta. Per i fabbricati non iscritti in catasto l’assoggettamento all’imposta è condizionato all’accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, e successive modificazioni che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti. Tra i predetti requisiti, per gli immobili strumentali, non rileva l’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci”.

Le ragioni condivisibilmente espresse dalle Sezioni Unite con la sentenza testé citata si sostanziano nella considerazione del fatto che la norma di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009 (Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni ) ha la funzione di determinare in quale categoria catastale è classificabile il fabbricato per il che, se l’immobile è classificato come rurale con attribuzione della relativa categoria ( A/6 per le unità abitative e D/10 per gli immobili strumentali alle attività agricole ) perché in possesso dei requisiti indicati dalla richiamata norma, esso è automaticamente esente dall’imposizione lei. Perciò alla classificazione catastale va ricollegata l’imponibilità. Se il fabbricato è già stato classificato come rurale, con attribuzione della relativa categoria, perché in possesso dei requisiti indicati dalla norma di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, è automaticamente escluso dall’area di imponibilità ai fini ICI ed è precluso ogni accertamento mentre, qualora il fabbricato non sia stato catastalmente classificato come rurale, il proprietario che ritenga sussistenti i requisiti per il riconoscimento come tale deve impugnare la classificazione operata al fine di ottenerne la relativa variazione. L’accertamento dei predetti requisiti in difformità dalla attribuita categoria catastale non può essere incidentalmente compiuto dal giudice tributario che sia stato investito della domanda di rimborso dell’ICI da parte del contribuente poiché compete all’organo che ha adottato il provvedimento di classamento la modifica di esso, eventualmente all’esito di azione giudiziale promossa dall’interessato. Per i fabbricati non iscritti in catasto, invece, l’accertamento della ruralità può essere direttamente e immediatamente compiuto dal giudice che sia investito dalla pretesa del contribuente di conseguire il rimborso dell’ICI pagata per il fabbricato al quale ritenga spetti il riconoscimento come fabbricato rurale; in questo caso, trattandosi di domanda fondata su una pretesa esenzione dall’imposta, spetterà al contribuente dimostrare la sussistenza dei requisiti indicati nel D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis.

Mette conto considerare, poi, che successivamente alla pronuncia della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 18565 del 21/08/2009 è stato emanato il D.L. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011 che, all’art 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avevano la facoltà, esercitabile entro il 30 settembre 2011, di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante che l’immobile possedeva i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. n. 557/1993, convertito in L. n. 133/1994, e modificato dall’art. 42 bis del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”. Il successivo D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”. Il decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 26 luglio 2012 ha stabilito, all’art. 1, che ” Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per II riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. Art. 2 Presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di rurali” . Infine il D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, all’art. 2, comma 5 ter, ha stabilito che “ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2 bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”. Le richiamate disposizioni rafforzano l’orientamento esegetico adottato dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite in quanto disciplinano le modalità attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione lei e non sarebbe stata necessaria l’adozione di dette norme se la ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla classificazione catastale.

L’orientamento di legittimità così delineato non è scevro da alcuni precedenti di segno contrario ( v. Cass. 16973/15; 10355/15; 14013/12 e talune altre ), secondo i quali l’esenzione dati ‘lei dovrebbe venire riconosciuta in ragione del solo carattere di ruralità concretamente rivestito dall’immobile ( nel senso, ricordato, di strumentalltà all’esercizio dell’attività agricola), a prescindere dal suo classarmelo catastale.

Si tratta però di voci largamente minoritarie, che si ritiene in questa sede di dover disattendere; segnatamente perché non basate su una revisione critica del problema tale da poter superare quanto già affermato dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 18565 del 21/08/2009.

Nel caso che occupa i fabbricati della contribuente debbono, perciò, ritenersi assoggettati all’imposizione lei per il periodo dal 2002 al 2005, posto che non risulta sia stato chiesto il riconoscimento della ruralità a norma del D.L. n. 70 del 2011 ed, in ogni caso, l’efficacia retroattiva prevista dalla norma stessa non si sarebbe estesa a tali periodi di imposta.

Gli altri motivi di ricorso rimangono assorbiti.

Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., e il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione dei discordi precedenti e della complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso del Comune di Poviglio, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.