CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10679 del 23 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO – LICENZIAMENTO – CONTRIBUTI – REINTEGRAZIONE NEL POSTO DI LAVORO – SANZIONI PREVIDENZIALI TRA LA NULLITA’ O INEFFICACIA DEL LICENZIAMENTO
Svolgimento del processo e motivi della decisione
1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.
2. L’NPS impugnava, dinanzi la Corte d’Appello di Firenze, la sentenza del locale Tribunale che aveva accolto l’opposizione a cartella esattoriale proposta, dalla F. S. S.p.A., avverso l’iscrizione a ruolo di sanzioni ed interessi, di cui le era stato intimato il pagamento, per il ritardato versamento, con riferimento ad un lavoratore, dei contributi relativi al periodo compreso fra il licenziamento e la pronuncia della sentenza di annullamento e reintegrazione nelle mansioni.
3. In sostanza l’INPS contestava il pagamento delle dette somme solo dopo la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e non già alle scadenze previste per il relativo versamento.
4. Resisteva la società appellata che, in particolare, ribadiva di non potersi addebitare, nella specie, il mancato o ritardato pagamento di contributi, trattandosi di obbligo contributivo scaturito da un provvedimento giudiziale, successivo al maturare delle singole scadenze.
5. La Corte d’Appello di Firenze respingeva l’appello ritenendo, per quanto qui interessa, non configurabile un ritardato adempimento dell’obbligazione contributiva e non dovute, pertanto, le sanzioni.
6. Per la cassazione di tale sentenza, l’I.N.P.S., anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., propone ricorso affidato ad unico motivo.
7. La F. S. s.p.a. ha resistito, con controricorso, e proposto ricorso incidentale condizionato, cui ha resistito l’INPS.
8. Equitalia Centro s.p.a. (già Equitalia Cerit s.p.a.) è rimasta intimata.
9. L’Istituto denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, commi 8 e 9, in connessione con la L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3).
10. L’INPS ravvisa comunque, nella specie, un ritardo (nell’adempimento dell’obbligazione contributiva) imputabile al datore di lavoro, per avere intimato un licenziamento illegittimo: l’impugnazione giudiziale del licenziamento non estingue il rapporto di lavoro ma lo rende quiescente sino alla pronuncia giudiziale, con conseguente obbligo di corrispondere i contributi in caso di annullamento del recesso (come stabilito dalla Corte di legittimità, con sentenza n. 402/12).
11. Il ricorso principale è qualificabile come manifestamente infondato, come già deciso da questa Corte, con sentenza n. 10971 del 2015, in conformità con l’arresto delle Sezioni unite, n. 19665 del 2014.
12. “In materia deve registrarsi un contrasto giurisprudenziale, poi risolto dalle sezioni unite di questa Corte con sentenza 18.9.14 n. 19665.
13. Ed invero mentre con sentenza n. 7934/09 si era affermato che l’omissione contributiva del datore di lavoro nel periodo compreso tra il licenziamento, dichiarato illegittimo, e la reintegrazione non rientra in alcuna delle fattispecie di evasione o omissione sanzionate dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 217 e segg, applicabile ratione temporis (come nel caso oggi in esame), né alcuna sanzione può essere irrogata per il ritardato versamento adducendo l’efficacia retroattiva che esplica la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo, atteso che il rapporto assicurativo non è assistito dalla medesima fletto iuris che caratterizza il rapporto di lavoro (che si considera, de iure, come mai interrotto); con successive pronunce questa Corte ha affermato che la pronuncia d’illegittimità del licenziamento ha effetti retroattivi, che comportano la non interruzione del rapporto di lavoro, assicurativo e previdenziale; ne consegue che il datore di lavoro ha, pertanto, l’obbligo di versare all’ente previdenziale i contributi assicurativi per tutta la durata del periodo e l’eventuale ritardo, che, dipendendo da un atto illegittimo dello stesso datore di lavoro, non può reputarsi giustificato, comporta l’applicazione delle sanzioni civili previste dalla L. n. 388 del 2000, art. 116, commi 8 e 9 (Cass. n. 23181/13 e n. 402/12).
14. Con la citata pronuncia resa a sezioni unite (n. 19665/2014) questa Corte ha risolto il contrasto affermando che in tema di reintegrazione del lavoratore per illegittimità del licenziamento, ai sensi della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18 anche prima delle modifiche introdotte dalla L. 28 giugno 2012, n. 92 (nella specie, inapplicabili ratio ne temporis), occorre distinguere, ai fini delle sanzioni previdenziali, tra la nullità o inefficacia del licenziamento, che è oggetto di una sentenza dichiarativa, e l’annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, che è oggetto di una sentenza costitutiva: nel primo caso, il datore di lavoro, oltre che ricostruire la posizione contributiva del lavoratore “ora per allora”, deve pagare le sanzioni civili per omissione L. 23 dicembre 2000, n. 388, ex art. 116, comma 8, lett. a; nel secondo caso, il datore di lavoro non è soggetto a tali sanzioni, trovando applicazione la comune disciplina della mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie, fermo che, per il periodo successivo all’ordine di reintegra, sussiste l’obbligo di versare i contributi periodici, oltre al montante degli arretrati, sicché riprende vigore la disciplina ordinaria dell’omissione e dell’evasione contributiva” (così Cass. n. 10971/2015 cit.).
15. Nella specie risulta dagli atti, e dalle deduzioni dell’INPS, che il giudice del lavoro annullò il licenziamento in questione, con pronuncia, dunque, costitutiva, con la conseguenza applicazione della comune disciplina della mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie ed esclusione della configurabilità di un ritardo nel versamento dei contributi previdenziali successivamente alla sentenza di reintegrazione.
16. Risulta, pertanto, conforme a diritto la sentenza impugnata.
17. Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale in quanto condizionato, essendo stato proposto dalla parte interamente vittoriosa in appello.
18. Sussistono giustificati motivi, in considerazione della controvertibilità delle questioni dibattute tanto da richiedere l’intervento delle Sezioni unite della Corte, in epoca successiva al deposito del ricorso in esame, per la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
19. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi).
20. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi integralmente, deve provvedersi in conformità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; spese compensate. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater; del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pan a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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