CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10809 depositata il 25 maggio 2016
ICI – ACCERTAMENTO – TERRENO DI PROPRIETA’ DELLA COMUNITà MONTANA – ESENZIONE EX ART. 7 CO 1 LETT. A) DLGS 504/92 – CRITERI – IMPIANTO DI ITTICOLTURA – ATTIVITA’ MERAMENTE PRIVATISTICA – ASSOGGETTABILITA’ AL TRIBUTO NON ESCLUSA
Fatto
Con sentenza n. 253/09/12, depositata il 6.7.2012 la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, rigettava l’appello proposto dalla Comunita’ Montana Bussento-Lambro e Mingardo, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno n. 391/08/2009 che aveva confermato la legittimita’ degli avvisi di accertamento ICI, per gli anni 2003-2007, emessi dal Comune di Santa Marina con riferimento a beni immobili siti alla foce del fiume Busento, in localita’ Crocefisso.
Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale che l’impianto di itticoltura rappresentava per l’ente attivita’ di natura privatistica.
La Comunita’ Montana impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:
a) nullita’ della pronuncia per errata indicazione degli avvisi di accertamento oggetto di impugnativa, omessa pronuncia e mancata corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4 e articoli 112 e 277 c.p.c. in combinato con il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 35 e vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, essendo riportati in epigrafe anche 4 avvisi di accertamento Tarsu-Tia, mentre trattavasi di accertamenti ICI e avendo fatto riferimento la CTR solo all’avviso di accertamento relativo all’anno 2003, lamentando l’omessa pronuncia sugli avvisi di accertamento ICI relativi agli anni 2004-2007;
b) nullita’ della pronuncia, omessa pronuncia e mancata corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4 e articoli 112 e 277 c.p.c. in combinato con il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 35, il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 49 e articolo 323 c.p.c. e segg., essendosi la CTR appiattita sulla sentenza di primo grado, omettendo ogni pronuncia sui motivi attinenti il difetto di motivazione dei provvedimenti impositivi, alla insussistenza della capacita’ impositiva secondo la disciplina vigente, alla erroneita’ degli importi pretesi dal Comune;
c) violazione dell’articolo 2, comma 1, lettera c) e Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 7, comma 1, lettera h), in combinato con l’articolo 2135 c.c. e Decreto Legge n. 557 del 1993, articolo 9, comma 3 bis, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 per non essersi la CTR pronunciata su tutti i motivi di impugnazione, per non avere valutato la CTR che in ragione della destinazione agricola dei beni nessuna imposta era dovuta, rilavando che i terreni adibiti a impianto di itticoltura sono a fini ICI terreni agricoli, in quanto destinati all’allevamento di pesci e attivita’ connessa;
d) vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla mancanza della pretesa impositiva;
e) violazione del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articoli 27 e 28, Legge Regionale Campania n. 6 del 1998, articolo 9 in combinato con le norme e i principi che vincolano le amministrazioni pubbliche a stipulare contratti di appalto per l’affidamento di lavori, beni e servizi di loro competenza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3), trattandosi di struttura di interesse pubblico realizzata da ente pubblico mediante procedura di esproprio, con risorse pubbliche per la valorizzazione e lo sviluppo socio economico del territorio, dovendo la Comunita’ necessariamente ricorrere a contratti appalto per la realizzazione e gestione di tali opere;
f) vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5 non avendo la CTR preso in esame le circostanze evidenziate sub e);
g) violazione del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 2, comma 1, lettera a) e articolo 5, comma 3, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5) relativamente alle modalita’ di tassazione non essendo ancora ultimato alla data del 31.12.2003 l’impianto di itticoltura, non risultando all’epoca ancora iscritto al catasto con attribuzione di rendita;
h) vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5 non avendo esaminati i motivi specifici di gravame della Comunita’ Montana;
i) violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 15, in combinato con l’articolo 91 c.p.c. in ordine alle spese e onorari dei precedenti gradi di giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3).
La intimata non ha svolto attivita’ difensiva
Il ricorso e’ stato discusso alla pubblica udienza del 18.5.2016, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. In relazione al primo motivo, ancorche’ nell’epigrafe della sentenza risultino impugnati l’avviso di accertamento ici per l’anno 2003 e avvisi di accertamento Tarsu per gli anni 2004-2007, trattasi, all’evidenza di mero errore materiale, non essendo controverso trattarsi, di accertamento ICI per tutti gli anni in contestazione.
Anche il solo riferimento all’ICI per l’anno 2003, indicato nello svolgimento del processo deve essere considerato un mero refuso, dovendosi considerare che non sussistono motivi specifici e diversi di ricorso relativamente alle diverse annualita’ successive al 2003.
2. In ordine logico vanno esaminati prioritariamente i motivi 5 e 6 esaminati congiuntamente in quanto connessi.
La questione controversa concerne la sottoposizione a ICI di un terreno di proprieta’ della Comunita’ montana adibito a impianto di itticoltura, dovendosi verificare se trattasi di impianto finalizzato a scopi istituzionali della Comunita’ o di attivita’ privatistica.
Il Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, articolo 1, comma 2 prevede che “Presupposto dell’imposta dell’ICI e’ il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio e’ diretta l’attivita’ dell’impresa”.
Il Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, articolo 7, comma 1, lettera a), stabilisce l’esenzione per gli immobili posseduti dallo Stato e da altri enti pubblici ivi elencati, purche’ “destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”, condizione il cui onere della prova incombe, secondo i principi generali, al contribuente che richieda il beneficio. E’ peraltro errato identificare il concetto di “finalita’ istituzionali”, che sono proprie dell’ente locale e che costituiscono la ragion d’essere dello stesso, con quello di “servizio pubblico”, che puo’ essere svolto anche per tramite di altri soggetti di natura privata.(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8450 del 22/04/2005).
Le iniziative intraprese a livello di enti locali, tra cui le Comunita’ Montane, possono essere classificate, a seconda delle caratteristiche, come funzioni pubbliche o come attivita’ puramente economiche.
La locuzione compiti istituzionali utilizzata dalla citata disposizione esentativa, va interpretata come espressione idonea a descrivere tutte le attivita’ svolte dall’ente locale riferibili al molo di istituzione chiamata alla cura diretta degli interessi della Comunita’ di riferimento.
Intesa in tale accezione, la locuzione compiti istituzionali e’ destinata ad abbracciare solo le funzioni pubbliche e le attivita’ di servizio pubblico dell’ente locale, con esclusione delle attivita’ meramente economiche, rispetto alle quali gli enti non si pongono in veste di istituzione ma operano come ordinari soggetti dell’ordinamento. Pertanto l’attivita’ di itticoltura svolta dalla Comunita’ Montana, alla luce delle valutazioni sopra indicate, non puo’ essere considerata un compito istituzionale in quanto servizio pubblico locale, anche perche’ nessuna norma preveda espressamente l’obbligo per tali enti di assumere tale attivita’.
Va, anche, escluso che l’attivita’ di itticoltura, in concreto esercitata, possa essere ricondotta all’attivita’ agricola al fine di beneficiare delle agevolazioni ICI, in quanto il presupposto dell’imposta, indicato nel Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 2 fa riferimento ai terreni “adibiti all’esercizio delle attivita’ indicate nell’articolo 2135 c.c.” tra cui non e’ prevista l’attivita’ ittica.
Peraltro non e’ contestato che l’impianto di itticoltura su cui insiste il terreno in questione risulti condotto non dalla stessa Comunita’, ma da societa’ appaltatrici (come accertato con valutazione di merito dalla CTR).
Inoltre non sussisterebbe comunque, anche nel caso di terreni agricoli, la riduzione d’imposta prevista dal Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 9 che ricorre in presenza dei requisiti della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale e della conduzione diretta dei terreni; a tali fini, la conduzione diretta dei terreni non sussiste in capo alla Comunita’ montana che non conduca anche il terreno stesso, ma che ne appalti la gestione a terzi.
Questa Corte ha gia’ affermato che, in tema di ICI, perche’ un fondo possa beneficiare, ai fini della determinazione della base imponibile, dei criteri di calcolo previsti per i terreni edificabili destinati a fini agricoli, e’ necessaria – ai sensi del secondo periodo del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 2, lettera b), – oltre alla sua effettiva destinazione agricola, anche la conduzione diretta di esso da parte del contribuente (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10144 del 28/04/2010).
La CTR ha rilevato che “l’impianto di itticoltura rappresenta per l’ente ricorrente un’attivita’ meramente privatistica che non gli consente di beneficiare di alcuna agevolazione”, deducendone, con motivazione non illogica, che “avendo posto in essere piu’ di un contratto di appalto per la gestione dell’impianto stesso, evidenziando con cio’ l’utilizzo piu’ che mai privato della struttura”.
Resta a carico del contribuente, in virtu’ della regola generale di cui all’articolo 2697 c.c., l’onere di provare che il terreno non sia assoggettabile al tributo e non risulta dalle risultanze emerse che una tale prova sia stata fornita con particolare riferimento all’attivita’ svolta dalla Comunita’ Montana.
L’esenzione dall’imposta prevista dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, articolo 7, comma 1, lettera i), e’ subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attivita’ di assistenza o di altre attivita’ equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione, e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attivita’ da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciali (Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 87, comma 1, lettera c), cui il citato articolo 7 rinvia). La sussistenza del requisito oggettivo – che in base ai principi generali e’ onere del contribuente dimostrare – non puo’ essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino “a priori” il tipo di attivita’ cui l’immobile e’ destinato, occorrendo invece verificare che tale attivita’, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalita’ di un’attivita’ commerciale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5485 del 29/02/2008)
Nella fattispecie mancano entrambe le prove.
Inoltre l’esenzione prevista dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, articolo 7, comma 1, lettera a), per gli immobili posseduti dagli enti ivi indicati “destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”, spetta soltanto se l’immobile e’ direttamente e immediatamente destinato allo svolgimento di tali compiti: ipotesi che non si configura quando il bene venga utilizzato per attivita’ di carattere privato, come avviene, in linea di massima, in tutti i casi in cui il godimento del bene stesso sia concesso a terzi verso il pagamento di un canone o, comunque, di un corrispettivo (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14094 del 11/06/2010).
Il Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 7, comma 1, lettera i), richiede che gli immobili abbiano la caratteristica oggettiva di essere “destinati esclusivamente allo svolgimento di attivita’ assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”, a prescindere dagli scopi dell’attivita’ dell’ente proprietario, che possono essere anche finalita’ di promozione economica e sociale, e considerato che, salva la prova contraria da parte del soggetto che chiede l’esenzione, l’attivita’ di itticoltura produce normalmente un reddito denotando una finalita’ di lucro e, quindi, trasmodando dall’ambito meramente assistenziale.
3. In relazione al secondo, terzo, quarto e ottavo motivo, esaminati congiuntamente in quanto connessi, gli stessi sono infondati.
Va evidenziato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, ma e’ necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti il rigetto di tale pretesa anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (Sez. 1, Sentenza n. 10696 del 10/05/2007 (Rv. 596362) Sez. 5, Sentenza n. 4972 del 01/04/2003 (Rv. 561684) e cio’, a maggior ragione,nel caso di sentenza di secondo grado che confermi la pronuncia della Commissione tributaria provinciale.
I vizi di motivazione lamentati fanno riferimento alla destinazione a compiti non istituzionali della struttura, la cui destinazione a impianto ittico non e’ oggetto di contestazione ed e’ a conoscenza delle Comunita’ montana e tale enunciazione potrebbe tradursi in vizio motivazione nel caso in cui risultasse erronea tale affermazione, da escludersi invece, i forza delle valutazioni espresse sub. 2; medesime valutazione valgono con riferimento alla valutazione del terreno, affermandone la ricorrente la natura agricola e, rilavando che i terreni adibiti a impianto di itticoltura sono a fini ICI terreni agricoli, in quanto destinati all’allevamento di pesci e attivita’ connessa, circostanza esclusa dall’esame dei precedenti motivi di ricorso.
4. Il settimo motivo difetta di autosufficienza non avendo allegato o riprodotto alcun documento gia’ prodotto nel giudizio di merito da cui potere desumere che, con riferimento all’annualita’ 2003, l’impianto di itticoltura non era ancora ultimato alla data del 31.12.2003 e all’epoca non ancora iscritto al catasto con attribuzione di rendita, circostanza, quest’ultima, che non esclude la tassabilita’ del terreno a fini ICI, sia pure con diversi criteri.
5. Anche l’ultimo motivo va disatteso avendo entrambi i giudici di merito compensato le spese nonostante la soccombenza della Comunita’ montana in entrambi i gradi di giudizio.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.
Nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di attivita’ difensiva dell’intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
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