CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10821 depositata il 25 maggio 2016
SOCIETÀ DI CAPITALI – SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA – ORGANI SOCIALI – ASSEMBLEA DEI SOCI – CONVOCAZIONE – INERZIA DELL’ORGANO DI GESTIONE – SOCI CHE RAPPRESENTINO ALMENO UN TERZO DEL CAPITALE SOCIALE – POTERE DI CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA – SUSSISTENZA – FONDAMENTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 19 novembre 2009 il sig. Roberto P. conveniva dinanzi al Tribunale di Milano la LS S.r.l. in liquidazione, di cui egli era l’ex amministratore unico, per l’accertamento dell’invalidità della delibera assunta nel corso dell’assemblea, avente ad oggetto la sua revoca dalla carica, tenutasi il 3 settembre 2009, su convocazione diretta del socio di maggioranza ; o, in via subordinata, per la dichiarazione di nullità dell’emendamento contestualmente introdotto all’art. 7 dello statuto sociale.
Costituitasi ritualmente, la società convenuta eccepiva l’inammissibilità, per tardività, dell’impugnazione, assumendo che la delibera del 3 settembre sarebbe stata la prosecuzione di quella apertasi il 29 luglio 2009; e, nel merito, chiedeva il rigetto della domanda.
Con separato atto di citazione, notificato il 15 dicembre 2009, il medesimo attore proponeva domanda di nullità, o d’annullamento, della delibera del 21 settembre 2009, con cui si era deciso lo scioglimento della società e la sua messa in liquidazione, in quanto assunta con il voto determinante del socio di maggioranza, SIDE Spa, in conflitto di interessi e in danno della società.
Dopo la riunione delle cause per connessione, il Tribunale di Milano, con sentenza 7 maggio 2012, rigettava nel merito le domande, con condanna della parte attrice alla rifusione delle spese di giudizio.
Motivava
– che doveva considerarsi valida la convocazione dell’assemblea da parte del socio di maggioranza, con interpretazione estensiva dei poteri attribuiti ai soci dall’art. 2479, primo comma, cod. civ., alla luce dei loro potenziamento operato dalla riforma del diritto societario di cui al D. Lgs. 6/2003;
– che, stante l’accentuata diversità di disciplina dettata, rispettivamente, per le S.p.a. e le S.r.l., sarebbe stata inammissibile, per contro, una richiesta di convocazione rivolta al Presidente del Tribunale, in caso di inerzia dell’amministratore, ai sensi dell’art. 2367 cod, civ., con conseguente paralisi dell’attività sociale;
– che l’impugnazione della delibera di scioglimento della società appariva infondata, perché sprovvista dell’allegazione specifica delle cause d’invalidità.
Avverso la sentenza, notificata il 2 agosto 2012, il sig. P. proponeva ricorso straordinario per Cassazione ex art 111 Costituzione, notificato il 13 novembre 2012, illustrato con successiva memoria difensiva ed articolato in due motivi.
Deduceva
– la violazione e falsa applicazione dell’art. 2479 cod. civ., in relazione al potere di convocare l’assemblea dei soci in una S.r.l. ;
– la violazione degli artt. 116 e 112 cod. proc. civ., in relazione alla ritenuta mala fede dell’amministratore nel provvedere, in via autonoma, ad una convocazione dell’assemblea in data diversa da quella fissata dal socio di maggioranza.
Resisteva con controricorso la LS S.r.l., che eccepiva, in via pregiudiziale, l’inammissibilità dell’impugnazione, per tardività e perché non proposta dinanzi la Corte d’Appello di Milano.
All’udienza del 16 marzo 2016, il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
È infondata l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso, che è stato notificato il 13 novembre 2012, due giorni prima della scadenza del termine breve di 60 giorni, decorrente dalla notifica della sentenza, avvenuta in data 2 agosto 2012, tenuto conto della sospensione dei termini feriali.
E invece fondata l’ulteriore eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione, ex art. 111 Costituzione, avverso una sentenza del Tribunale, soggetta all’ordinario regime di impugnazioni, in assenza di allegazione e prova di un accordo su un ricorso per saltum (art. 360, secondo comma, cod. proc. civ.).
Ritiene tuttavia questo Collegio di dover egualmente pronunciare d’ufficio il principio di diritto, stante la particolare importanza della questione sollevata con il ricorso (art. 363, terzo comma, cod. proc. civ.).
Giova premettere che appare inestensibile alla S.r.l. la disciplina prevista dall’art. 2367 cod. civ. in tema di S.p.a., stante il mancato richiamo nella disciplina novellata delle S.r.l. Per altro verso, la norma parallela (art. 2487, secondo comma, cod. civ.) non può essere estesa oltre l’oggetto specifico, rubricato “nomina e revoca dei liquidatori”.
La riforma del 2003 ha differenziato fortemente la disciplina delle S.r.l. da quella delle S.p.a., eliminando la tecnica del rinvio. L’autonomia e potenziale onnicomprensività della normativa sulla S.r.l. induce ad escludere l’estensione analogica del meccanismo procedurale di convocazione previsto dall’art. 2367 cod. civ.: estensione, già in linea di principio, dissonante con la rigidità dei diversi tipi societari.
L’obiettivo di fondo della riforma è stato quello di configurare la S.r.l. come un modello elastico, valorizzando i profili di carattere personale presenti soprattutto nelle piccole e medie imprese, cui tale forma sociale è connaturale; con accentuati margini di disponibilità delle norme, ammissive di soluzioni organizzative proprie delle società di persone, per via statutaria. Centrale nella S.r.l. è divenuto, dunque, il ruolo del socio, al quale spettano anche poteri prima riservati in via esclusiva all’amministrazione.
D’altra parte, l’inapplicabilità dell’art. 2367 cod. civ. porterebbe ad una paralisi della vita societaria, se la richiesta di assemblea da parte di una maggioranza qualificata dei soci incontrasse l’inerzia ostruzionistica dell’amministratore: nella specie, direttamente controinteressato alla proposta di revoca portata dall’ordine del giorno. Nel silenzio della legge e dell’atto costitutivo, si palesa dunque necessario trovare un meccanismo alternativo: e questo appare correttamente individuato dalla Corte territoriale nel riconosciuto potere di convocazione dell’assemblea da parte del socio di maggioranza, titolare di almeno un terzo del capitale, in caso di inerzia dell’organo di gestione.
Il ricorso dev’essere dunque dichiarato inammissibile; con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
– Dichiara il ricorso inammissibile;
– condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio liquidate in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 9.000,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie e gli accessori di legge.
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