CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 11440 depositata il 1° giugno 2016
TRIBUTI – IVA – ACCERTAMENTO – ABUSO DEL DIRITTO – GIUDICATO
IN FATTO
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti della M.B. srl (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno n. 6586/12/2014, depositata in data 2/07/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, per IVA dovuta in relazione all’anno d’imposta 2002, a seguito di recupero a tassazione di costi correlati a fatture emesse per operazioni, ritenute dall’Ufficio erariale, inesistenti – è stata, in parte, riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere parzialmente il gravame della società contribuente (limitato comunque alla contestazione dei soli rilievi attinenti ai rapporti commerciali con le società “Lo C.C. srl e S. srl), hanno sostenuto che, in relazione al recupero a tassazione dell’IVA correlata ai rapporti tra la contribuente e la S. srl, l’avviso era illegittimo, pur nell’inattendibilità della contabilità tenuta dalla contribuente, in quanto, con altra sentenza d’appello, n. “47/4/2008”, depositata il “28/04/2008”, non impugnata e passata in giudicato, come da attestazione rilasciata dalla cancelleria della C.T.P. di Avellino, “è stato riconosciuto il credito II vi relativo all’anno 2002”.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di comunicazione alle parti.
IN DIRITTO
1. L’unico motivo del ricorso, con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., è fondato.
Il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato tributario può operare solo rispetto a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi a una pluralità di periodi d’imposta (es. le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria, anche se pure esse ben possono variare di anno in anno, con conseguente necessità, per ciascun anno, di accertarne la persistenza, cfr. Cass. 4832/2015), assumono carattere tendenzialmente permanente (in riferimento a tali elementi, cfr. Sez.U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006; Cass. 9512/2009; Cass. 24433/2013).
In generale, l’efficacia preclusiva di nuovi accertamenti, propria del giudicato esterno tra le stesse parti, presuppone che si tratti dei medesimi accertamenti di fatto posti in essere nello stesso quadro normativo di riferimento (Cass. 20257/2015; Cass.6953/2015).
Si è così precisato che la sentenza del giudice tributario che definitivamente accerti il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato periodo d’imposta fa stato, quanto ai tributi dello stesso tipo da questi dovuti per gli anni successivi, solo per gli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile rispetto alla disciplina della fattispecie esaminata, sicché, laddove risolva una situazione fattuale riferita ad uno specifico periodo d’imposta, essa non può estendere i suoi effetti automaticamente ad un’altra annualità, ancorché siano coinvolti tratti storici comuni (ex plurimis, Cass. nn. 22941 del 2013, 1837 del 2014).
Nella specie, come risulta dall’esame degli atti, la sentenza, indicata nella decisione impugnata come avente efficacia di giudicato esterno vincolante, aveva ad oggetto una cartella di pagamento emessa, ex art. 54 bis DPR 633/1972, per l’anno 2003, stante l’omesso versamento dell’IVA, conseguente ad errore formale commesso dalla contribuente nella compilazione della dichiarazione (mancata indicazione del eredito IVA risultante dalla dichiarazione presentata per l’anno 2002), mentre il presente giudizio ha ad oggetto il disconoscimento sostanziale, ex art. 54 DPR 633/1972, dell’IVA portata in detrazione, per contestata inesistenza delle operazioni che giustificavano l’IVA esposta a credito e portata in detrazione per l’anno 2002.
Peraltro, nella specie, si controverte di IVA ed occorre, al riguardo, richiamare la giurisprudenza comunitaria in ordine ai limiti del carattere vincolante del giudicato nazionale.
Questa Corte (Cass. 16996/2012; Cass. 12249/2010) ha così affermato che “le controversie in materia di IVA sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 cod. civ., e dalla eventuale sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, ove gli stessi impediscano – secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 3 settembre 2009, in causa C-2/08 – la realizzazione del principio di contrasto dell’abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema armonizzato di imposta”.
La sentenza della C.T.R. non è pertanto in linea con i suddetti principi di diritto.
2. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. Campania, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione.
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