CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 1153 del 22 gennaio 2016
TRIBUTI – CLASSAMENTO CATASTALE – RICHIESTA VARIAZIONE – SILENZIO RIFIUTO – RATIO DECIDENDI NON IMPUGNATA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L.C.D. e B.L., impugnavano in sede giurisdizionale, il silenzio rifiuto, opposto dall’Agenzia del Territorio – Ufficio di Prato, alla richiesta di revisione del classamento di un loro appartamento sito in Prato, da categoria A/1 a Categoria A/2.
L’Agenzia del Territorio si costituiva, ribadendo la legittimità del proprio operato ed eccependo il giudicato formatosi su precedente sentenza n. 55/01/2004 della CTP di Prato. L’adita CTP di Prato accoglieva il ricorso, mentre la CTR, giusta sentenza in epigrafe indicata, pronunciando sull’appello dell’Agenzia, riformava la decisione di primo grado, ritenendo legittimo il diniego opposto alla richiesta di variazione e rilevando che, in effetti, così come prospettato dall’Agenzia, “la sentenza della CTP – di Prato – n. 55101/04 – riguardava la modifica del classamento dell’unità immobiliare di cui trattasi da classe 2 a classe 1 ma confermava la classificazione in cat. A/1; mentre la sentenza n. 28.04.09 di cui trattasi ha modificato la categoria da A/1 ad A/2 ferma restando la classe 1”.
C.D.L. ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione, che ha affidato a due mezzi.
L’Agenzia del Territorio, giusto controricorso, ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.
Con ordinanza n. 1274/2015, resa all’udienza del 03.12.2014 e depositata il 26.01.2015, questa Corte ha ordinato l’integrazione del contraddittorio, nei confronti del litisconsorte pretermesso.
Il disposto adempimento risulta effettuato, giusto atto prodotto notificato il 27.03.2015.
Con atto 09.06.2015, si è costituito in giudizio il nuovo procuratore alle liti del ricorrente L., che ha depositato in atti la procura speciale in Notaio Mattera di Prato rep. 80366 del 09 giugno 2015, con la quale viene conferito il mandato alle liti e disposta la revoca del precedente difensore.
Il medesimo difensore, con atto di pari data, si è costituito in giudizio per la B.L., sulla base di mandato conferito con scrittura privata autenticata in data 04.06.2015, dichiarando di associarsi e fare proprie le difese svolte in ricorso dal L. Carlo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La CTR ha accolto l’appello dell’Agenzia, affidando il dictum a due diverse ratio decidendi: sotto un primo profilo, ha ritenuto legittimo il diniego opposto alla richiesta di variazione, nella dichiarata condivisione della eccezione di giudicato sollevata dall’Agenzia, per la quale “la sentenza della CTP – di Prato n. 55/01/04 – riguardava la modifica del classamento dell’unità immobiliare di cui trattasi da classe 2 a classe 1 ma confermava la classificazione in cat. A/1;
mentre la sentenza n.28.04.09 di cui trattasi ha modificato la categoria da A/1 ad A/2 fermo restando la classe 1″; sotto altro aspetto, ha accolto l’appello dell’Agenzia, nella considerazione della correttezza dell’operato dell’Ufficio, avuto riguardo alle riscontrate caratteristiche estrinseche, intrinseche e specifiche dell’immobile, nonché al “fatto che le altre unità facenti parte dell’edificio sono classificate in A/1”.
I due motivi del ricorso, si limitano ad investire, criticandola, tale seconda ratio decidendi, ma non anche la prima.
Infatti, con il primo mezzo, l’impugnata sentenza viene censurata per violazione e falsa applicazione del dpr 01.12.1949 n. 1142 e del D.M. 02.08.1969, deducendosi che, dalla normativa applicabile ratione temporis, “emerge inequivocabilmente che la categoria catastale deve essere attribuita in relazione alle caratteristiche intrinseche della singola unità immobiliare e che per definire una abitazione “di lusso (Cat. A/1), devono concorrere più di cinque delle caratteristiche elencate nella tabella allegata al D.M. 04.12.1961, applicabile al caso in specie perché il fabbricato del ricorrente risulta assentito e realizzato prima dell’entrata in vigore del D.M. 02.08.1969 e, precisamente, nel 1962”, la dove, invece, nel caso, l’immobile presentava solo una delle previste caratteristiche, avendo una superficie superiore a mq. 200.
D’altronde, con il secondo motivo, la decisione viene censurata per omessa ed insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo, sostenendosi che il dictum non risulta assolutamente motivato e che le argomentazioni svolte dal Giudice di appello non danno contezza del percorso decisionale, né palesano la ratio decidendi.
Entrambi i mezzi, che avuto riguardo alla connessione vanno trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili ed infondati, alla stregua di consolidati e condivisi principi giurisprudenziali.
Costituisce, infatti, ius receptum che “Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza” (Cass. n. 3386/2011, n.793172013, n. 24540/2009).
Altresì le censure, sembrano, in vero, formulate in spregio al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la parte, in sede di ricorso per cassazione, “ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli elementi che diano al Giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali” (Cass. n. 849/2002, n. 2613/2001, n. 9558/1997).
D’altronde, costituisce pacifico principio quello secondo cui per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza (Cass. n. 9368/2006, n. 1014/2006, n. 22979/2004).
Nel caso, la decisione di appello, che ha ritenuto infondata la pretesa fiscale, avuto riguardo alla statuizione contenuta nel precedente giudicato, risulta sul piano logico giuridico, coerente con i principi desumibili dalle richiamate pronunce, mentre le doglianze mosse con il ricorso non sembrano in linea con il citato orientamento giurisprudenziale, non essendo indicati i concreti elementi pretermessi che, ove presi in considerazione avrebbero potuto determinare una diversa decisione.
Conclusivamente il ricorso va rigettato, per inammissibilità dei motivi.
Le spese del giudizio, avuto riguardo al contrastante esito dei gradi di merito, vanno compensate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.
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