CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 11665 depositata il 7 giugno 2016
ACCERTAMENTO – IMPOSTE SUI REDDITI – ACQUISIZIONE DOCUMENTALE EX ART. 32, DPR N. 600/1973 – RISPETTO DEL TERMINE DILATORIO DI CUI ALL’ART. 12, CO. 7, L. N. 212/2000 A PENA DI NULLITA’ DELL’ATTO DI ACCERTAMENTO – NON SUSSISTE
IN FATTO
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di F.G. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5661/24/2014, depositata in data 4/11/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso, per maggiore IRPEF ed addizionali, relativi all’anno d’imposta 2006, a seguito di controllo fiscale, ex art. 32 DPR n. 600/1973 e di acquisizione di documentazione bancaria, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente sotto il profilo della nullità dell’accertamento per mancato rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.
IN DIRITTO
1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 12 comma 7 L. 212/2000, con riguardo al profilo dell’inoperatività della norma, trattandosi di verifica condotta presso gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria e non presso la sede del contribuente.
2. La censura è fondata.
Le Sezioni Unite di questa Corre hanno invero affermato il seguente principio di diritto (Cass. 24823/2015): “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dà diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedmentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse staio tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in religione al canone generale di correttezza e buonafede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.
Le Sezioni Unite hanno quindi precisato le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, L. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente “in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente”, valutati il dato testuale della rubrica (”Diritti e garanzie chi contribuente sottoposto a verifiche fiscal”) e, soprattutto, quello del primo comma dell’art. 12 L. 212/2000 (coniugato con la circostanza che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco), che, esplicitamente, si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, ad operazioni, cioè, che costituiscono categorie d’intervento accertatiti dell’Amministrazione tipizzate ed inequivocabilmente identificabili, in base alle indicazioni di cui all’art. 52, comma 1, d.p.r. 633/1972, richiamato, in tema di imposte dirette dall’art. 32, comma 1, d.p.r. 600/1973 ed in materia di imposta di registro, dall’art. 53 bis d.p.r. 131/1986, ipotesi tutte “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”.
Nella specie, non è contestato che si verteva in ipotesi di controllo fiscale eseguito a seguito di acquisizione documentale ex art. 32 DPR 600/1973 e non a seguito di “accesso, ispezione, verifica” presso la sede del contribuente.
La decisione della C.T.R. non è conforme al suddetto principio di diritto.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. Lombardia, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.
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