CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 1178 del 22 gennaio 2016
AGEVOLAZIONI FISCALI “PRIMA CASA” – ESCLUSIONE PER LE ABITAZIONI DI LUSSO – LOCALI NON COMPUTABILI AI FINI DELLA QUALIFICAZIONE DI LUSSO – ELENCAZIONE TASSATIVA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Milano 6 – notificò ai signori G.M. e S.G. avviso di liquidazione col quale recuperava le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute, con applicazione d’interessi e sanzioni, in relazione ad atto registrato il 12 giugno 2003, con il quale essi avevano acquistato ad uso di abitazione un immobile per il quale avevano beneficiato dell’agevolazione c.d. prima casa.
L’Ufficio con detto atto ritenne, infatti, intervenuta la decadenza dei contribuenti dal beneficio, in ragione del fatto che si trattava d’immobile di lusso, ai sensi dell’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, in quanto avente superficie utile complessiva superiore a 240 mq.
L’avviso di liquidazione fu impugnato dai contribuenti dinanzi alla CTP di Milano, che accolse il ricorso, limitatamente alla ritenuta non debenza delle sanzioni.
Detta pronuncia fu gravata da appello principale da parte dell’Ufficio, che assumeva l’erroneità della decisione nella parte in cui, sulla base di un’inammissibile valutazione di tipo equitativo, aveva ritenuto non dovute le somme liquidate per sanzioni, e da appello incidentale dei contribuenti, con il quale essi insistettero per l’annullamento in toto dell’avviso di liquidazione impugnato dinanzi alla CTP di Milano.
La CTR della Lombardia, con sentenza n. 82/49/09, depositata il 16 ottobre 2009, accolse l’appello incidentale, nulla espressamente statuendo sull’appello principale dell’Ufficio.
Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Gli intimati, ai quali il ricorso è stato regolarmente notificato, non hanno svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo l’Amministrazione ricorrente censura la sentenza impugnata per “violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e ss. D.M. 2 agosto 1969, in combinato disposto con gli artt. 1 e ss. Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, nonché con l’art. 14 delle preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3”.
L’Agenzia delle Entrate rileva l’erroneità in diritto della pronuncia impugnata, nella parte in cui ha escluso dal calcolo della superficie utile complessiva, al fine dell’attribuzione o meno all’immobile in oggetto della qualità di lusso, in forza di un’interpretazione estensiva del succitato art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, che, in quanto norma tributaria di favore, è di stretta interpretazione, parti dell’immobile non comprese nell’elenco tassativo delle superfici da escludere indicate dalla citata norma.
2. Con il secondo motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate deduce il vizio di “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4”, per avere omesso di pronunciare sull’appello principale dell’Ufficio, con il quale era stata chiesta la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui, accogliendo parzialmente il ricorso dei contribuenti, essa aveva affermato non essere dovute le sanzioni.
3. Il primo motivo è fondato e va accolto.
La sentenza impugnata ha accolto la tesi dei contribuenti secondo cui dal calcolo della superficie utile complessiva dovesse escludersi non solo la superficie di alcuni locali del piano seminterrato concretamente adibiti a cantina, ma anche due disimpegni realizzati a servizio sia dei locali cantina che di altri locali, in particolare del locale taverna e del locale lavanderia, ciò che ha consentito di giungere alla determinazione del calcolo della superficie utile complessiva in misura inferiore ai mq 240.
Giova in proposito ricordare che l’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, in combinato disposto con l’art. 1 nota II – Bis della Tariffa parte I allegata al D.P.R. n. 131/1986, esclude dall’agevolazione c.d. prima casa l’acquisto per destinazione abitativa di immobili di lusso, per tali dovendosi intendere – per quanto stabilito dal succitato art. 6, “le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)”.
Detta disposizione, in quanto norma tributaria che prevede un’agevolazione fiscale, è norma di stretta d’interpretazione, la cui previsione non è dunque suscettibile di un’interpretazione che ne ampli la sfera applicativa.
La sentenza impugnata, che ha escluso dal calcolo della superficie utile complessiva dell’unità immobiliare non solo i locali adibiti a cantina, ma anche i disimpegni realizzati al servizio degli stessi e di altri locali, quello adibito a taverna e quello destinato a lavanderia, si pone dunque in contrasto con il principio di diritto più volte affermato da questa Corte in controversie similari e che va in questa sede ribadito, secondo cui “in tema d’imposta di registro, ipotecaria e catastale, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi della Tariffa parte I, art. 1 comma II bis, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la sua superficie utile – complessivamente superiore a mq 240 – va calcolata alla stregua del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, che va determinata in quella che, dall’estensione globale riportata dall’atto di acquisto sottoposto all’imposta, residua una volta detratta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale del posto macchina, senza che le suddette previsioni, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, siano suscettibili di un’interpretazione che ne ampli la sfera applicativa” (cfr., tra le molte, Cass. civ. sez. VI – V ord. 17 giug 2015, n. 12471; Cass. civ. sez. V 17 gennaio 2014, n. 861; Cass. civ. sez. V 26 ottobre 2011, n. 22279).
La sentenza impugnata, che non si è attenuta a detto principio, va dunque cassata, con rinvio per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Lombardia, che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato, decidendo anche in ordine alla disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.
4. Il secondo motivo deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse, atteso che il venir meno della statuizione con la quale, in forza dell’accoglimento dell’appello incidentale dei contribuenti, era da intendersi implicitamente rigettato, per antinomia logica, l’appello principale dell’Ufficio quanto alla ritenuta, da parte della CTP, non debenza delle sanzioni, comporta che il giudice del rinvio debba nuovamente estendere il suo esame anche sull’appello principale dell’Amministrazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, dichiarato inammissibile il secondo per sopravvenuta carenza d’interesse.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Lombardia anche in ordine alla pronuncia delle spese del presente giudizio di legittimità.
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