CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 12275 depositata il 14 giugno 2016
FALLIMENTO – ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – AMMISSIONE AL PASSIVO – TARIFFA RIFIUTI – PRIVILEGIO EX ART. 2752, COMMA 3, C.C. – SPETTANZA – FONDAMENTO
IL PROCESSO
A.M.A. Azienda Municipale Ambiente s.p.a. impugna il decreto Roma 28.7.2010 cron.3417/2010 con cui è stato respinto il proprio reclamo avverso il decreto del giudice delegato 3.12.2008 che aveva ammesso il credito dell’istante, vantato per il servizio di smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilati per conto della GER in bonis, quanto ad curo 17.070,16 (e cioè nella misura richiesta, salvo due curo, ma) in chirografo, anche per la parte – di euro 16.535,76 – per la quale era stato invocato il privilegio.
Nel disattendere la domanda di privilegio, avanzata ex art.2752 cod.civ., il collegio romano rilevò che il riferimento alla legge sulla finanza locale, quale contenuto nell’art. cit., richiamava esattamente il R.D. n. 1175 del 1931, dunque i crediti derivanti da imposte, tasse e tributi ivi previsti con riguardo alla sola finanza locale, per come storicamente descritta, senza dunque possibilità di estensione oltre quel perimetro impositivo. La più restrittiva interpretazione era peraltro in linea con altri indirizzi dettati in tema di ICIAP, così impedendo la norma un’estensione di privilegi a casi eccezionali e non esplicitamente considerati.
Il ricorso è affidato ad un motivo, cui resiste con controricorso il fallimento. Le parti hanno depositato memorie ex art.378 cod.pro.civ.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo il ricorrente deduce la violazione di legge, quanto agli artt. 2752 cod.civ., oltre che vizio di motivazione, laddove il decreto non ha esteso l’applicazione della norma al credito per la TARI, in relazione alla natura tributaria del credito stesso e alla sostanziale continuità tra la precedente TARSU e la nuova tariffa sui rifiuti.
1.Va in primo luogo dichiarata la tardività del controricorso, posto che il fallimento resistente, dopo aver ricevuto la notifica del ricorso in data 7.10.2010, ha provveduto — come ammesso in udienza – ad iniziare il procedimento notificatorio del predetto atto difensivo solo il 11.1.2011, dunque oltre i termini di cui al combinato disposto degli artt. 370-369 cod. proc. civ. (Cass.24639/2015). Dalla conseguente inammissibilità deriva il divieto per i giudici di conoscerne il contenuto e per il resistente di depositare memorie, fatta salva la facoltà di partecipazione del difensore di quest’ultimo alla discussione orale (Cass. 9393/2006, 9897/2007), come avvenuto nella specie.
2. Nel merito, il ricorso è fondato, dovendosi dare continuità – per identità di rado – all’indirizzo, espresso da questa Sezione, per cui già la tariffa di igiene ambientale (nella specie, allora TIA) riveste natura tributaria, quale entrata pubblica costituente “tassa di scopo”, che mira a fronteggiare una spesa di carattere generale, ripartendone l’onere sulle categorie sociali che da questa traggono vantaggio, mentre manca un rapporto sinallagmatico tra la prestazione specifica da cui scaturisce l’onere ed il beneficio che il singolo riceve. Pertanto, al credito relativo si è ritenuto applicabile il privilegio previsto dall’art. 2752, co. 3, cod. civ., in quanto tale norma, con l’espressione “legge per la.finana locale”, rinvia non ad una legge specifica istitutiva della singola imposta, bensì all’atto astrattamente generatore dell’imposizione, in coerenza con il fine del privilegio in questione, volto ad assicurare agli enti locali la provvista dei mezzi economici necessari per l’adempimento dei loro compiti istituzionali (Cass. 2320/2012, 24970/2013). Le stesse Sezioni Unite (Cass. n. 14903/2010), pronunciandosi in tema di riparto di giurisdizione, avevano affermato in precedenza che spettano alla giurisdizione tributaria le controversie aventi ad oggetto la debenza della tariffa di igiene ambientale (TIA), in quanto, come evidenziato anche dall’ordinanza della Corte costituzionale n. 64 del 2010, tale tariffa non costituisce una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della TARSU, disciplinata dal d.P.R. 15 novembre 1993, n.507, di cui conserva la qualifica di tributo (conf. Cass. s.u. 25929/2011, 23114/2015). È stato così specificato che la TIA continua a rivestire natura tributaria, cioè rientra – analogamente ai contributi consortili o al canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue – nell’ambito di quelle entrate pubbliche che, mirando — come detto – a fronteggiare una spesa di carattere generale ripartendone l’onere sulle categorie sociali che ne sono avvantaggiate o che comunque determinano l’esigenza per la mano pubblica di provvedere, rimandano alla fondamentale esclusione di un rapporto sinallagmatico tra la prestazione dalla quale scaturisce l’onere suddetto ed il beneficio che il singolo ne riceve: anche la T1A non trova fondamento in alcun intervento o atto volontario del privato, essendo ad essa assoggettati tutti coloro che occupano o conducono immobili esistenti nelle zone del territorio comunale, a prescindere dal conferimento dei rifiuti al servizio pubblico; conferimento che peraltro (secondo il Regolamento approvato con D.P.R. n. 158 del 1999) assume rilevanza, ai soli fini della determinazione della quota di partecipazione alla spesa complessiva del servizio di igiene ambientale, comprendente anche i costi dei servizi relativi ai rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche, non già in relazione alla quantità di rifiuti effettivamente conferita dal cittadino bensì alla produzione media comunale pro-capite. Per Cass. 17994/2014 non si tratterebbe “insomma del corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, bensì di una forma di finanziamento di servizio pubblico attraverso la imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tali costi ricava, nel suo insieme, beneficio: non è dato quindi individuare nella T.I.A. caratteri sostanziali di diversità riipetto alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani interni (onginariamente prevista dal citato TU. n. 1175 del 1931, art. 268 e segg. poi modificata dal D.P.R. n. 915 del 1982 e compiutamente riordinata dal D.Lgs. n. 507 del 1993), che pure è stata soppressa dalla stessa norma, il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49 (poi a sua volta sostituito dal D.Lgs. n. 152 del 2006), che ha istituito la Tariffa.”.
A sua volta la TARI (tassa rifiuti) ha sostituito, a decorrere dal 1 ° gennaio 2014, i preesistenti tributi dovuti al Comune da cittadini, enti ed imprese quale pagamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, noti in precedenza con gli acronimi di TARSU, e successivamente di TIA e di TARES ed è stata istituita per finanziare i costi del predetto servizio (comma 639, art.1, legge 27 dicembre 2013, n. 147).
La nuova imposizione conserva tuttavia taluni – decisivi ai presenti fini – presupposti e modalità di determinazione della tassa soppressa, avendo mantenuto la natura di tributo locale, così continuando mediante il sistema della tariffazione a parametrare un servizio che nella entità della superficie calpestabile e nell’occupazione immobiliare dichiarata rinviene il mero presupposto del pagamento, ma ancora a prescindere dalla effettività della produzione di una data quantità individuale certa di rifiuti, posto che la TARI, ad esempio, è dovuta (sia pur in una misura minima) addirittura in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti o di effettuazione violando la disciplina di riferimento (comma 656 arti legge 27 dicembre 2013, n.147), va corrisposta in base a tariffa commisurata ad anno solare coincidente con un’autonoma obbligazione tributaria (comma 650), i componenti di costo calcolati per la tariffa debbono considerare altresì i crediti risultati inesigibili relativi alla TIA e alla TARES (comma 654bis), essa va assolta dal titolare del diritto di proprietà o altro diritto reale in caso di detenzione temporanea dell’utilizzatore dell’immobile inferiore ai sei mesi nell’anno solare (comma 643). Si tratta di elementi la cui significatività dunque convince a dare continuità all’indirizzo già formatosi in tema di TIA.
3.Va soggiunto che, con norma ritenuta di interpretazione autentica (così Cass. 21897/2013), il legislatore del 2011 ha stabilito che ai “Ai fini del quarto comma dell’articolo 2752 del codice civile il riferimento alla “legge per la finanza locale” si intende effettuato a tutte le disposkioni che disciplinano i singoli tributi comunali e provinciali.” (art. 13, co. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201-Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, convertito con modificazioni dalla 1. 22 dicembre 2011, n. 214), restando così superato in via normativa ogni residuo dubbio sull’applicabilità del privilegio in parola anche alla TARI in esame. Può invero osservarsi che nonostante la soppressione con l’art.49 d.lgs. n. 22 del 1997 della tassa per lo smaltirnento dei rifiuti solidi ed urbani e la previsione in suo luogo della tariffa rifiuti (già oggetto dei precedenti citati), questa ultima non evidenziava – come già rilevato nella giurisprudenza riportata – elementi di diversità strutturali rispetto alla prima, condividendo entrambe la natura di tributo, cui era applicabile la menzionata estensione di trattamento privilegiato e l’appartenenza alla normativa propria della finanza locale come sopra intesa, che opera perciò con riguardo anche alla successiva TARI.
4.11 ricorso va pertanto accolto, con conseguente riconoscimento del privilegio per il credito della tassa sui rifiuti, in quanto la conseguente cassazione del decreto impugnato si accompagna, sussistendo i requisiti di cui all’art. 384 cod.proc.civ. e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, alla decisione della causa nel merito, con l’attribuzione del privilegio generale mobiliare ex art. 2752 co. 3 cod.civ. (nel testo ratione temporis vigente) al credito insinuato al passivo del Fallimento, con la correzione, quanto al capitale, in curo 16.535,76 e in euro 536,40 per la parte in chirografo. Analoga sorte compete alla prestazione accessoria degli interessi, da ammettere al passivo secondo le decorrenze e nelle misure di legge e qualità richieste dal creditore e dunque fino alla ripartizione mobiliare ai sensi degli artt. 54-55 I.f.
In ragione delle epoche di formazione di più univoci orientamenti giurisprudenziali quanto alle questioni oggetto di controversia, tenuto conto della data della domanda e delle decisioni assunte nel procedimento, sussistono giusti motivi per compensare nella misura di un terzo le spese dell’intero giudizio, con liquidazione come meglio da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; dichiara inammissibile il controricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito la domanda, ammette il creditore A.M.A. al passivo del Fallimento per curo 16.535,76 in via privilegiata e per curo 536,40 in chirografo, quanto al credito per la TARI, nonché agli interessi con il tasso di legge sulla parte ammessa in privilegio come da domanda e fino alla ripartizione mobiliare ai sensi e nei limiti degli artt. 54 e 55 1.f.; dichiara compensate per un terzo le spese del giudizio e condanna il fallimento al pagamento dei rimanenti due terzi liquidati, quanto al procedimento avanti al Tribunale, in curo 1.800, di cui 200 per spese, 600 per diritti e 1.000 per onorari, oltre agli accessori di legge e quanto al procedimento di legittimità, in euro 2.100, di cui 200 per spese, 1.900 per compensi, oltre agli accessori di legge.
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