CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 12375 depositata il 15 giugno 2016
PROCEDIMENTO – RETTIFICA DEL REDDITO DI SOCIETA’ DI PERSONE E DEI SOCI – PRONUNCE SEPARATE EMANATE IN UN UNICO CONTESTO – ESONERO DAL LITISCONSORZIO FORMALE – PRESUNZIONE – SUSSISTENZA – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO – CONFIGURABILITA’ – ONERE PROBATORIO A CARICO DEL RICORRENTE PER CASSAZIONE
RITENUTO IN FATTO
1. D.D., amministratrice della Holding Games s.r.l., societa’ incaricata della riscossione del PREU e del canone di concessione AAMS per conto della COGETH s.p.a., concessionaria del gioco telematico, e’ stata imputata ex art. 314 c.p., art. 61 c.p., n. 7, e art. 646 c.p., per il mancato riversamento di quanto riscosso.
Il Tribunale di Lucca, con sentenza n. 271/2013, ritenendo mancare – sul presupposto che l’imputata, nei pochi mesi in cui ha rivestito la carica formale di amministratrice della Holding Games s.r.l. non ha svolto nessuna attivita’ ne’ ha avuto modo di rendersi conto dell’andamento delle cose (pagg. 4 – 5) – “la stessa materialita’ del fatto di appropriazione in capo all’imputata” e, in ogni caso, assente il dolo, l’ha assolta per non aver commesso il fatto.
2. Nel ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lucca si chiede l’annullamento della sentenza per inosservanza dell’art. 40 c.p., commi 1 e 2, e art. 2392 c.c., ritenendo erroneamente esclusa la responsabilita’ dell’imputata per essere la stessa una mera amministratrice formale. Il ricorrente non deduce esplicitamente vizi della motivazione relativa alla ricostruzione dei fatti, ma assume che dagli obblighi imposti all’amministratore dall’art. 2392 c.c., (Responsabilita’ verso la societa’) derivi ex art. 40 c.p., responsabilita’ anche penale per i reati commessi da soggetti operanti all’interno della societa’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In materia di reati fallimentari e specificamente di bancarotta fraudolenta documentale questa Corte ha piu’ volte espresso il principio che l’amministratore in carica risponde penalmente dei reati commessi dall’amministratore di fatto, non gia’ esclusivamente in virtu’ della posizione formale rivestita all’interno della societa’, ma in ragione della sua condotta omissiva dal punto di vista oggettivo ex art. 40 c.p., comma 2, per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico (art. 2392 c.c.) di impedire, e, dal punto di vista soggettivo, se sia raggiunta la prova che egli aveva la generica consapevolezza delle condotte illecite (Cass. pen. Sez. 5, n. 44826 del 28/05/2014, Rv. 261814; Sez. 5, n. 7332 del 07/01/2015, Rv. 262767). Ma non si tratta di un principio che possa avere valenza generale non risultando adeguato, ad esempio, alla bancarotta fraudolenta per distrazione, relativamente alla quale non puo’, nei confronti dell’amministratore apparente, applicarsi automaticamente il criterio secondo il quale, per essere stata accertata la presenza di determinati beni nella disponibilita’ dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della loro destinazione, legittima la presunzione della dolosa sottrazione. Infatti, la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto (Cass. pen. Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010, Rv. 247251, Sez. 5, n. 28007 del 04/06/2004, Rv. 228713).
In realta’, anche in campi diversi dai reati fallimentari, e’ la consapevolezza che diventa dolo del fatto e che e’ necessario provare per affermare la responsabilita’ dell’amministratore di diritto che sia meramente formale (cosiddetto ‘prestanome’) e non anche di fatto.
Tale consapevolezza non necessariamente deve investire i singoli episodi nei quali l’azione dell’amministratore di fatto si e’ estrinsecata, ma non puo’ desumersi semplicemente dall’avere accettato la carica di amministratore: affinche’ dalla mera consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possono scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) o l’accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale) derivi la responsabilita’ occorre provare che il ruolo di amministratore e’ stato accettato esclusivamente allo scopo di fare da prestanome (fra le altre: Cass. pen., Sez. 5, n. 7332 del 07/01/2015, Rv. 262767 Sez. 5, n. 44826 del 28/05/2014, Rv. 261814).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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