CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 12603 depositata il 17 giugno 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PREVIDENZA ED ASSISTENZA (ASSICURAZIONI E PENSIONI SOCIALI) – CONTRIBUTI ASSICURATIVI E PREVIDENZIALI – RIFERIMENTO ALLA RETRIBUZIONE – SGRAVI – AGEVOLAZIONI FISCALI E PREVIDENZIALI PER I SOGGETTI COLPITI DA ALLUVIONE
FATTO
Con sentenza depositata il 31.5.2012, la Corte d’appello di Genova, in riforma della statuizione di primo grado, condannava l’INPS a restituire a D.O s.r.l. e a 3F F.F. di F.S. s.p.a. il 90% delle somme versate a titolo di contributi previdenziali nel periodo novembre 1994-dicembre 1997, oltre accessori dalla data della domanda amministrativa al saldo.
La Corte territoriale, per quanto qui rileva, dava atto che, secondo l’interpretazione fatta propria da questa Corte di legittimità, l’art. 3-quater, d.l. n. 300/2006 (conv. con L. n. 17/2007), nel prorogare al 31.7.2007 il termine di presentazione delle domande di cui all’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, che a sua volta aveva esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e destinatari di provvedimenti agevolativi in materia di versamento di somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, i benefici di cui all’art. 9, comma 17, L. n. 289/2002, aveva fugato ogni dubbio in ordine all’applicabilità delle disposizioni recate dalla norma ult. cit. anche ai contributi previdenziali; sotto altro ma connesso profilo, considerava che, sempre secondo l’interpretazione di questa Corte di legittimità, non potevano distinguersi, ai fini dell’accesso ai benefici in questione, la posizione di coloro che a tale data non avessero ancora provveduto al pagamento dei contributi e quella di coloro che, come le imprese in epigrafe, vi avessero già provveduto, dovendo in tale caso riconoscersi il loro diritto a ripetere quanto versato in eccesso rispetto al dovuto, e a tale ultimo riguardo riteneva che, pur avendo le imprese citate proposto la domanda di restituzione in data successiva al 31.7.2007, nessuna decadenza poteva essere maturata a loro carico, dal momento che la previsione del termine di decadenza poteva concernere solo le imprese che non avessero provveduto al pagamento dei contributi, quelle che li avevano regolarmente corrisposti potendo richiederne la restituzione entro il termine di prescrizione.
Avverso tali statuizione ricorre l’INPS affidandosi a due motivi. Resistono le imprese intimate con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 9, comma 17, I. n. 289/2002, 4, comma 90, I. n. 350/2003, e 3-quater, comma 1, d.l. n. 300/2006 (conv. con I. n. 17/2007), per avere la Corte territoriale escluso che le imprese in epigrafe fossero decadute dai benefici di cui all’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, cit., pur non avendo presentato alcuna domanda di restituzione entro il 31.7.2007.
Con il secondo motivo, l’Istituto ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), per avere la Corte territoriale dato applicazione ad una normativa istituente benefici configurabili alla stregua di aiuti di Stato non consentiti dall’ordinamento comunitario. Va anzitutto disattesa l’eccezione preliminare d’inammissibilità del ricorso, sollevata dalle imprese controricorrenti per asserita maturazione del termine di decadenza di sei mesi di cui all’art. 327, comma 1°, c.p.c.: indipendentemente dal fatto che la sentenza impugnata è stata depositata il 31.5.2012 e che il ricorso per cassazione è stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica in data 30.11.2012, onde non si potrebbe comunque attribuire alcun rilievo alla data successiva in cui la notificazione è stata effettuata, giusta l’insegnamento di Corte cost. n. 477 del 2002, decisivo è invece rilevare che il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., per come novellato dall’art. 46, I. n. 69/2009, si applica, ai sensi dell’art. 58, I. cit., al giudizi instaurati (e non alle impugnazioni proposte) a decorrere dal 4.7.2009, dovendo pertanto ritenersi ancora vigente il termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia anteriore a tale data (Cass. n. 6784 del 2012).
Ciò posto, il primo motivo è fondato.
Al riguardo, questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che l’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, nell’estendere l’applicazione delle disposizioni dell’art. 9, comma 17, I. n. 289/2002, ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994, si riferisce espressamente ai provvedimenti agevolativi concernenti i versamenti di quanto dovuto “a titolo di tributi, contributi e premi”, restando privo di rilievo il mancato rinvio, nel testo della norma, anche alla disposizione di cui all’art. 7, d.l. n. 646 del 1994, in quanto il richiamo dell’art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, d.l. ult. cit., da parte dell’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, è funzionale esclusivamente all’individuazione della categoria dei destinatari del beneficio e non già all’individuazione della tipologia dei tributi a cui riferire l’agevolazione, e – precisando che tale interpretazione trova espressa e letterale conferma nell’art. 3-quater, d.l. n. 300/2006 (conv. con L. n. 17/2007), che ha esplicitamente stabilito l’operatività dell’agevolazione “per i contributi previdenziali, i premi assicurativi e i tributi riguardanti le imprese relativi all’alluvione del Piemonte del 1994” – ha fugato ogni dubbio sulla legittimità costituzionale della norma ult. cit., sulla scorta dell’insegnamento di Corte cost. n. 274 del 2006, in considerazione della piena legittimità in materia civile di leggi retroattive non solo interpretative ma anche innovative con efficacia retroattiva, quando la disposizione trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (come nel caso in cui l’interpretazione della disciplina richiamata rappresenti una delle possibili letture del dato normativo) e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Cass. nn. 11133 e 11247 del 2010).
Ha inoltre chiarito questa Corte che la definizione automatica della posizione previdenziale può avvenire, per chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento del solo 10°/0 del dovuto e, per chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato, dovendo ritenersi, nel silenzio del legislatore circa la posizione di coloro che, all’entrata in vigore della normativa recante il beneficio, avessero già ottemperato al pagamento dell’obbligazione contributiva, che un’interpretazione che escludesse costoro dalla possibilità di richiedere la restituzione di quanto versato in eccesso si porrebbe in contrasto con la costante giurisprudenza della Corte costituzionale circa l’irragionevolezza di disposizioni legislative che sopprimano o riducano la prestazione dovuta per obbligazioni pubbliche già perfezionatesi, prevedendo al contempo l’irripetibilità delle somme già versate in esecuzione del rapporto obbligatorio siccome conformato in precedenza (Cass. n. 11247 del 2010, cit.).
Così ricostruita la portata oggettiva e soggettiva del beneficio in questione, deve invece escludersi che – come ritenuto dalla Corte territoriale – l’imposizione del termine del 31.7.2007 sia collegata soltanto ad un’ipotesi di versamento non effettuato, per modo che l’impresa che abbia effettuato il versamento possa invece ripeterlo nei (soli) termini di prescrizione: al contrario, deve ritenersi che una differenziazione tra la posizione di chi abbia provveduto al versamento dei contributi e chi non vi abbia provveduto non è sostenibile né su un piano testuale, né su un piano logico-sistematico.
Sotto il profilo testuale, giova rilevare che l’art. 4, comma 90, L. n. 350/2003, nel prevedere che le disposizioni di cui all’art. 9, comma 17, l. n. 289/2002, si applicassero anche ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali agevolatici in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, ha previsto che costoro “possono regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1995, 1996 e 1997, entro il 31 luglio 2004, ovvero secondo le modalità di rateizzazione previste dal citato comma 17 dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002”:
ed è evidente che, se il riferimento alle “modalità di rateizzazione” è logicamente da intendersi come correlato all’ipotesi di versamenti non effettuati, la locuzione “regolarizzare la propria posizione” è invece suscettibile di riferirsi ad entrambe le ipotesi, presupponendo semplicemente la pendenza di termini entro i quali conformare al ius superveniens il fatto considerato dal legislatore (id est, il pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi da parte delle imprese destinatarie dei provvedimenti agevolativi previsti a seguito dell’alluvione).
Tanto è vero che questa Corte ha già avuto modo di chiarire che l’art. 9, comma 17, L. 289/2002, nel prevedere che la posizione dell’interessato si definisca “in maniera automatica” con il versamento “dell’intero ammontare dovuto (…) diminuito al 10 per cento”, si riferisce ad un importo non contestato (o non più contestato) dal privato e/o, a fortori, ad una somma determinata in via definitiva a seguito di sentenza passata in giudicato, con ciò attribuendo al giudicato sulla determinazione dell’importo dovuto la natura di mero presupposto di fatto per la corretta quantificazione dell’agevolazione e non già di ostacolo alla sua fruizione (cfr. Cass. n. 11133 del 2010, cit.).
Sotto il profilo logico-sistematico, rilevano le medesime considerazioni già svolte da questa Corte a sostegno di un’interpretazione del testo normativo che estendesse la provvidenza anche alle imprese che avevano già provveduto al pagamento dei contributi: una volta acclarata la struttura unitaria dell’agevolazione, se è irragionevole ex art. 3 comma 1° Cost. ritornano esclusi quanti hanno già pagato (cfr. al riguardo Cass. n. 11247 del 2010, cit.), altrettanto irragionevole è ritenere che essi possano beneficiarne al di fuori dei termini di decadenza previsti per coloro che non hanno ancora pagato, non essendovi per il legislatore differenza alcuna tra la “definizione” (o “regolarizzazione”) della posizione previdenziale mediante il pagamento del solo 10% del dovuto o attraverso il rimborso del 90% di quanto versato.
E’ poi appena il caso di precisare che non possono condividersi le considerazioni svolte dalle parti controricorrenti circa l’impossibilità logica di presentare una domanda di rimborso in epoca anteriore ai pronunciamenti di questa Corte che hanno riconosciuto che anche quanti avevano già pagato i contributi avevano la possibilità di accedere alla provvidenza in questione: la molteplicità dei significati resi possibili dalla plurivocità dei significante testuale impiegato dal legislatore non toglie che la norma giuridica trovi pur sempre la sua fonte di produzione nella legge (cfr. da ult. Cass. S.U. n. 15144 del 2011) e, se è vero che la mediazione del giudizio è necessaria affinché la volontà generale contenuta nel testo di legge diventi norma particolare del caso concreto, non è meno vero che l’incertezza che de facto connota l’esperienza fino al definitivo formarsi del giudizio è de iure irrilevante, appunto perché la volontà della legge è un universale che comprende in sé tutta l’esperienza (ciò che in dottrina si suole riassumere nella formula secondo cui tutte le sentenze hanno natura dichiarativa). In ragione dei principi di diritto dianzi esposti, assorbito il secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata e, non apparendo necessarie ulteriori indagini in fatto, la causa va decisa con il rigetto della domanda proposta dalle aziende controricorrenti, essendo state le loro richieste di rimborso ex art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, presentate oltre il termine di cui all’art. 3-quater, dl. n. 300/2006 (conv. con L. n. 17/2007).
La complessità e novità della questione e l’esito contrastante dei precedenti gradi di merito costituiscono giusto motivo per compensare le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da Dall’O. s.r.l. e 3F F.F. di F.S. s.p,a.
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