CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 12819 depositata il 21 giugno 2016
FALLIMENTO – CONCORDATO PREVENTIVO – DELIBERAZIONE ED OMOLOGAZIONE – SENTENZA DI OMOLOGAZIONE – IMPUGNAZIONI – APPELLO
IL PROCESSO
B. s.p.a. impugna il decreto App. Genova 21.4.2010, nel proc. R.G. 101/2010 VG, cron. 66, Rep. 865 con cui e’ stato respinto il proprio reclamo avverso il decreto Trib. Sanremo 15.1.2010 che aveva accolto la domanda di omologazione della proposta di concordato preventivo con cessione dei beni presentata dalla societa’ M. s.r.l. MAC il 5.3.2009.
La corte d’appello ebbe in primo luogo a reiterare il convincimento, gia’ espresso dal tribunale, sulla esclusione di un giudizio sulla fattibilita’, tra i poteri ancora riservati dopo la riforma all’autorita’ giurisdizionale, unicamente tenuta ad un controllo di legalita’, circoscritto alla verifica della provenienza della domanda da un imprenditore commerciale, con il corredo documentale di cui alla L. Fall., art. 160 e senza controllo sulla meritevolezza, posto che la proposta viene rimessa nel merito alla negoziazione fra le parti. Secondo il decreto, il voto di maggioranza dei creditori vincola i dissenzienti, legittimati eventualmente a chiedere la revoca del concordato solo nelle ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., mentre compete al commissario giudiziale, ai sensi della L. Fall., art. 173, la denuncia di condotte fraudolente, come non avvenuto nella fattispecie.
Sotto il profilo della convenienza, per la decisione ora impugnata il tribunale sarebbe chiamato solamente a verificare la soddisfazione integrale dei creditori privilegiati, quali non ammessi al voto e sempre che ritraggano un trattamento non peggiore rispetto al fallimento, mentre per i chirografari nessuna valutazione di merito competerebbe al giudice, dovendo piuttosto il commissario denunciare le irregolarita’. Tale organo in realta’ aveva affermato, per l’ipotesi di fallimento, la minore convenienza per i creditori stessi, stante il saldo negativo tra attivo realizzabile e passivo sociale.
Il ricorso e’ affidato a due motivi, cui resiste con controricorso la societa’ M. s.r.l. in concordato preventivo. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, quanto alla L. Fall., artt. 160 e 161, oltre che vizio di motivazione, per la mancata valutazione delle carenze delle informazioni fornite ai creditori e l’errata disamina sulla fattibilita’ della proposta avendo in particolare riguardo alla transazione di ingente somma (700 mila Euro su 1 milione circa) del credito vantato da M. verso una societa’ appartenente agli stessi soci della debitrice e assuntori del concordato, al modesto affitto percepito dalla societa’ debitrice sull’immobile condotto in locazione proprio da tale societa’ (F.lli Boeri s.r.l.), alla valutazione di un immobile della debitrice (fermato alla stima del 2003 e abbattuto di altri 100 mila Euro), alla sbrigativa inesigibilita’ di un credito di circa 76 mila Euro dato a caparra confirmatoria per l’acquisto di un immobile dagli ex accomandatari della F.lli Boeri s.a.s. (poi divenuta di proprieta’ degli attuali soci della societa’ M.), alla riduzione drastica e non motivata di 120 mila Euro di crediti pregressi cosi’ riducendosi l’attivo da oltre 1,5 milioni di Euro a poco meno di 500 mila Euro. Per la stessa censura andrebbe rilevata una errata valutazione dello stato patrimoniale degli assuntori e della famiglia M., nonche’ della destinazione delle fidejussioni prestate a garanzia della proposta.
Con il secondo motivo viene censurata la motivazione del decreto ed il rispetto in esso della L. Fall., artt. 172 e 173, oltre che L. Fall., artt. 161 e 162 avendo riguardo alla inadeguatezza dell’operato del commissario giudiziale, autore di deficitaria relazione e mancato autore delle denunce sui fatti di frode compiuti dalla debitrice.
1. In via preliminare ed assorbente, va accolta l’eccezione della controricorrente, peraltro oggetto di disamina officiosa, in punto di tardivita’ del ricorso per cassazione. Tale limite sussiste in quanto il decreto della Corte d’appello di Genova risulta essere stato notificato il 30 aprile 2010 dalla cancelleria, a mezzo ufficiale giudiziario, all’avvocato Filippo Zorzi, nel provvedimento medesimo indicato come domiciliatario in Genova degli avvocati Marco Cappello e Angelica Scozia, gia’ difensori di B. s.p.a. La successiva notifica del ricorso per cassazione reca la data del 20 ottobre 2010, conseguendone percio’ la violazione del principio per cui in tema di concordato preventivo, al decreto emesso, ai sensi della L. Fall., art. 183, comma 1, dalla corte d’appello, che decida sul reclamo avverso il decreto di omologazione, si applica il rito camerale di cui all’art. 737 c.p.c. e ss. e, quindi, e’ ricorribile per cassazione entro il termine ordinario di sessanta giorni, decorrenti dalla data di notificazione dello stesso; ne’ puo’ applicarsi per analogia la disciplina prevista per il concordato fallimentare falla L. Fall., art. 131, e riformata con il D.Lgs. n. 169 del 2007, attesa la compiutezza della disciplina del concordato preventivo e stante la diversita’ dei presupposti oggettivi in cui interviene la rispettiva omologazione (impresa fallita da un lato e in bonis dall’altro) (Cass. 22932/2011). E ad identico esito si giungerebbe anche a dar corso al criterio seguito in un precedente applicato al diverso caso di concordato attinente al regime intermedio (tra il D.L. n. 35 del 2005 e il D.Lgs. n. 169 del 2007) (Cass. 2706/2009).
2. Puo’ invero ripetersi che, per un verso e cioe’ nonostante l’omessa previsione esplicita nella L. Fall., art. 183, dunque disattendendo per questa parte un’eccezione ancor piu’ pregiudiziale del controricorrente, non vi sarebbe dubbio in ordine alla ricorribilita’ del provvedimento ai sensi dell’art. 111 Cost., in quanto il decreto della corte d’appello ha natura di sentenza, per sua attitudine alla definitivita’ ed incidendo su diritti soggettivi, dal momento che se comporta l’omologazione del concordato esso determina un diverso assetto dei diritti di credito coinvolti nella procedura (Cass. 3585/2011, 15699/2011) ovvero realizza una regolazione della insolvenza secondo un progetto alternativo a quello propugnato dagli stessi creditori opponenti (Cass. 8804/2016).
Tuttavia la devoluzione alle Sezioni Unite della questione (gia’ avvenuta in punto di provvedimenti denegativi), per come allora sollecitabile in astratto altresi’ nella fattispecie odierna, sulla scorta della ampia ordinanza 3472/2016 con cui questa Sezione ha rimesso la questione al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite, puo’ non essere disposta ove, come nel caso, si riscontri un concorrente profilo di complessiva inammissibilita’ del ricorso stesso.
3. Quanto al termine, infatti, una volta accertata l’inapplicabilita’ in via analogica del procedimento di cui alla L. Fall., art. 131, e quindi dato per ammesso che la citata diversita’ dei presupposti oggettivi in cui interviene l’omologazione abbia indotto il legislatore, in assenza di particolari esigenze di sollecitudine, a ricorrere nel concordato preventivo agli strumenti ordinari, deve ribadirsi che il procedimento di omologazione si svolge secondo il comune rito camerale di cui all’art. 737 c.p.c. e ss., con il qui violato termine ordinario di sessanta giorni, decorrente – come nella fattispecie dalla data di notificazione, cosi’ come gia’ stabilito dalla Corte, per i provvedimenti camerali (Cass. 18514/2003, richiamato da Cass. 22932/2011). La ratio dell’adempimento officioso, invero svolto nella vicenda dalla cancelleria, e’ peraltro puo’ ora essere precisato – quella di scongiurare un’impugnazione protratta nel tempo: ne consegue che, come di recente statuito da questa Corte avuto riguardo alla decorrenza del termine per il ricorso per cassazione laddove la notifica della sentenza resa dalla corte d’appello sul reclamo avverso la dichiarazione di fallimento era avvenuta ad opera del curatore fallimentare e non della cancelleria, per quanto previsto alla L. Fall., art. 18, commi 13 e 14 (Cass. 7384/2016), identicamente puo’ dirsi raggiunto, anche per la presente fattispecie, il medesimo risultato di stabilita’ di interesse pubblico concorsuale comunque sussistente, dal punto dei vista dei creditori e dei terzi (per la cristallizzazione della sorte concorsuale dei crediti) e del debitore (per la definitiva programmazione dei modi di soluzione della propria crisi). Anche in tal caso, infatti, la parte opponente puo’ conoscere tempestivamente le ragioni e l’esito del reclamo, ai fini di valutarne la ricorribilita’ per cassazione, e dunque da tale evento decorre il medesimo termine, stante l’equipollenza dell’atto dell’ufficio a quello di parte.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimita’, liquidate in Euro 7.200 (di cui Euro 200 per esborsi), nonche’ al rimborso forfettario del 15% sul compenso, oltre agli accessori di legge.
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