CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 12957 depositata il 22 giugno 2016
FALLIMENTO – DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO – PROCEDIMENTO – AUDIZIONE DELL’IMPRENDITORE – CONCORDATO PREVENTIVO CD. IN BIANCO – DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ – PREVENTIVA AUDIZIONE DEL DEBITORE – NECESSITÀ – LIMITE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata il 6/3/2014, ha accolto il reclamo di G.V. avverso il decreto di inammissibilita’ della domanda di concordato preventivo in bianco presentata dalla stessa G. e la sentenza dichiarativa di fallimento, ed ha quindi revocato la dichiarazione di fallimento e di inammissibilita’ del concordato preventivo, e rimesso gli atti al Tribunale per gli adempimenti conseguenti alla presentazione dell’istanza di concordato; ha dichiarato l’irripetibilita’ delle spese del giudizio.
Nello specifico, la Corte partenopea ha ritenuto la fondatezza dei due motivi di reclamo, rilevando:
che la G. aveva depositato ricorso L. Fall., ex art. 161, comma 6, corredato dai bilanci degli anni 2011-2013, e dalla situazione patrimoniale aggiornata al 30/6/2014, a conclusione della quale, nella colonna espositiva delle passivita’, risultavano elencati tutti i creditori, con l’indicazione dei nomi o ragione sociale e degli importi relativi; che tale elenco, sebbene non separato dalla situazione patrimoniale, doveva ritenersi corrispondente all'”elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti” di cui alla L. Fall., art. 161, comma 6, che, diversamente da quanto previsto dal comma 2, lett. b) medesima norma, non necessita dell’indicazione delle cause legittime di prelazione;
che il Tribunale aveva dichiarato l’inammissibilita’ della domanda di concordato preventivo senza avere previamente sentito il debitore, con cio’ violando la L. Fall., art. 162, comma 2, e tale violazione aveva concretamente leso la debitrice, che non era stata posta in grado di chiarire come il mancato deposito dell’elenco nominativo dei creditori dovesse essere identificato nell’elenco conclusivo della situazione patrimoniale aggiornata.
Ricorre avverso detta pronuncia il Fallimento della Farmacia Borrelli della dottoressa V.G., sulla base di cinque motivi.
Si difende con controricorso la sola G..
Ambedue le parti hanno depositato le memorie ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.- Col primo motivo, il Fallimento si duole della violazione dell’art. 111 Cost. e della nullita’ della sentenza per la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4.
Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata e’ priva del minimo contenuto motivazionale costituzionalmente garantito e basata su affermazioni inconciliabili e contrastanti, atteso che il secondo argomento presuppone il mancato deposito dell’elenco, mentre, con la prima affermazione, la Corte del merito ha statuito che l’elenco era stato depositato.
2.1.- Il motivo e’ infondato.
E’ infatti insussistente il vizio processuale denunciato, atteso che nella valutazione dei due motivi del reclamo, la Corte del merito ha argomentato in relazione ai due diversi profili implicati, quello documentale, relativo al deposito dell’elenco dei creditori, richiesto dalla L. Fall., art. 161, comma 2, come modificato dal D.L. n. 69 del 2013, art. 82 convertito nella L. n. 98 del 2013, e quello di attivita’, relativo alla mancata convocazione del debitore.
E gli argomenti addotti a sostegno dell’accoglimento dei due motivi sono del tutto comprensibili e lineari.
1.2.- Col secondo motivo, il Fallimento si duole della violazione della L. Fall., artt. 162 e 18, per non avere il reclamo indicato in modo specifico i motivi, da cui l’inammissibilita’ dello stesso.
2.2.- Il motivo e’ infondato.
Ritenuta l’ammissibilita’ del mezzo, non potendosi ritenere la novita’ della doglianza nel giudizio di reclamo, il Fallimento non si era costituito), trattandosi di questione rilevabile d’ufficio (cosi’ le pronunce 19222/2013 e 4706/2016), va evidenziato che dalla verifica diretta dell’atto, esperibile in questo grado di giudizio stante la natura processuale del vizio denunciato, risulta come la reclamante avesse portato all’esame della Corte del merito i due specifici profili, della presenza dell’elenco dei creditori e della mancata audizione del debitore, ne’ poteva la stessa ritenersi onerata di specificamente censurare il mero argomento, e non principio (come oggi sostenuto dal Fallimento), addotto dal Tribunale a giustificazione della pronuncia di inammissibilita’ della domanda di concordato, ovvero evitare di prolungare ingiustificatamente il periodo del c.d. automatic stay di cui alla L. Fall., art. 168.
1.3.- Col terzo mezzo, il Fallimento denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito basato la decisione su fatti e principi di diritto non esposti dalla reclamante.
2.3.- Il motivo e’ infondato.
Come affermato, tra le ultime, nella pronuncia 12716/2014, il giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento L. Fall., ex art. 18 (nella formulazione vigente “ratione temporis”, conseguente alla modifica introdotta con il D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169) deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e la relative conclusioni, ancorche’ non sia richiesta l’indicazione degli “specifici motivi” di cui all’art. 342 e 345 c.p.c.; ne consegue che tale mezzo non ha carattere pienamente devolutivo poiche’ l’ambito dell’impugnazione resta circoscritto alle sole questioni tempestivamente dedotte dal reclamante, in cio’ differenziandosi dal reclamo avverso il decreto di rigetto di cui alla L. Fall., art. 22, che non richiede particolari forme volte a delinearne il contenuto ed ha piena natura devolutiva, attribuendo alla corte d’appello il riesame completo della “res iudicanda”, senza che l’ambito della sua cognizione sia limitato alla valutazione della fondatezza delle ragioni fatte valere dalla parte reclamante.
Cio’ posto, e’ agevole rilevare come, sottoposti all’esame della Corte di merito i due profili del reclamo, questa si e’ mossa all’interno della materia alla stessa devoluta con i motivi, svolgendo gli argomenti ritenuti adeguati, in alcun modo “modificando” i fatti rilevanti, come adombrato dall’odierno ricorrente.
1.4.- Col quarto motivo, il ricorrente fa valere la violazione dell’art. 111 Cost., della L. Fall., artt. 161 e 162 e artt. 15 e 18, art. 737 c.p.c..
Sostiene che l’elenco dei documenti richiesti dall’art. 161 si pone come condizione di proponibilita’ della proposta di concordato con riserva; addebita alla Corte del merito la violazione delle norme del giusto procedimento, anche perche’ la legge impone al debitore di sottoscrivere l’elenco di cui si tratta, e di non avere indicato “la norma in base alla quale un Giudice deve andare a sfogliare tutte le carte depositate da una parte(addirittura quelle non richieste) per andare a ricercare un documento che la parte ha l’obbligo di presentare, evidenziandone l’esistenza nel ricorso, nel foliario.
2.4.- Il motivo presenta profili di inammissibilita’ e di infondatezza.
La Corte d’appello non ha affatto affermato il principio secondo il quale il Giudice sarebbe tenuto a “ricercare” tra i documenti prodotti quello che la legge richiede ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso (principio evidentemente non predicabile), ma ha semplicemente ritenuto la sostanziale corrispondenza dell’elenco posto a conclusione della situazione patrimoniale prodotta a quello previsto dalla L. Fall., art. 161, comma 6, per poi rilevare, accogliendo il secondo motivo di reclamo, che vi era stata la violazione della L. Fall., art. 162, comma 2, e che nel concreto vi era stata la lesione concreta per il debitore, che, ove convocato, avrebbe chiarito, a fronte della contestazione da parte del Tribunale della mancanza documentale, che l’elenco nominativo dei creditori richiesto per legge doveva identificarsi nell’elenco conclusivo contenuto nel documento prodotto.
Il ragionamento della Corte partenopea e’ pertanto chiarissimo, anche se, per seguire l’ordine di esame dei motivi di reclamo, ha posposto l’esame del motivo che, logicamente, doveva ritenersi precedere il primo.
Quanto alle violazioni degli adempimenti previsti per le produzioni documentali, va rilevato che, come affermato nella pronuncia 5671/2010, ai sensi degli artt. 74 ed 87 disp. att. c.p.c., gli atti ed i documenti prodotti prima della costituzione in giudizio devono essere elencati nell’indice del fascicolo e sottoscritti dal cancelliere, mentre quelli prodotti dopo la costituzione vanno depositati in cancelleria con la comunicazione del loro elenco alle altre parti (oppure, se esibiti in udienza, devono essere elencati nel relativo verbale, sottoscritto, del pari, dal cancelliere), con la conseguenza che l’inosservanza di tali adempimenti, rendendo irrituale la compiuta produzione, preclude alla parte la possibilita’ di utilizzarli come fonte di prova, ed al giudice di merito di esaminarli, sempreche’ la controparte legittimata a far valere le irregolarita’ non abbia, pur avendone preso conoscenza, accettato, anche implicitamente, il deposito della documentazione, giacche’, ove non sussista alcuna tempestiva opposizione alla produzione irrituale (da effettuarsi nella prima istanza o difesa successive all’atto o alla notizia di esso), non e’ dato apprezzare la violazione del principio del contraddittorio, che le anzidette norme sono dirette ad assicurare.
E, ancora piu’ chiaramente, e’ stato affermato che le norme relative alla produzione di documenti sono finalizzate a garantire il diritto di difesa della parte contro cui la produzione ha luogo; tale finalita’, peraltro, si deve ritenere conseguita e l’eventuale irritualita’ della produzione risulta sanata quando il giudice di primo grado abbia tenuto conto dei documenti irritualmente prodotti, fondando su di essi la decisione, e la parte che lamenta l’irritualita’ della produzione abbia censurato la decisione, dimostrando, in tal modo, di avere avuto conoscenza dei documenti (cosi’ la sentenza 9545 del 2010). Del tutto generica infine e’ la doglianza relativa al valore attribuito ad un documento la cui produzione non e’ richiesta dalla legge, ed in ogni caso ben ha spiegato la Corte di merito la sostanziale corrispondenza dell’elenco in atti al documento specificamente richiesto dalla L. Fall., art. 161, comma 6.
1.5.- Col quinto motivo, il Fallimento denuncia la violazione della L. Fall., artt. 161, 162, 163 e 175.
Sostiene che non esiste nel sistema di legge l’obbligo di contestare la mancanza dei documenti indispensabili; che la L. Fall., art. 162, comma 1, prevede la concessione del termine solo per consentire l’integrazione al piano e la produzione di nuovi documenti, ed e’ quindi applicabile solo per il concordato in pieno, e che il comma 2 prevede la convocazione del debitore solo quando, all’esito del procedimento, il Tribunale verifica che non ricorrono i presupposti di cui all’art. 160, e che quindi la L. Fall., art. 162 non e’ applicabile ai concordati con riserva.
2.5.- Il motivo e’ sostanzialmente infondato.
La L. Fall., art. 162, comma 2, per la parte che qui interessa, cosi’ recita: “Il Tribunale, se all’esito del procedimento verifica che non ricorrono i presupposti di cui all’art. 160, commi 1 e 2, e art. 161, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato…” E’ opportuno premettere che, nella specie, la proposta di concordato L. Fall., ex art. 161, comma 6, e’ stata presentata il giorno prima dell’udienza di comparizione L. Fall., ex art. 15 in relazione al ricorso della creditrice Farvima Medicinali s.p.a., di talche’ non puo’ utilmente farsi riferimento alle pronunce rese nel caso in cui la domanda di concordato si inseriva nel procedimento prefallimentare nel quale fosse stato gia’ sentito il debitore.
Cio’ posto, va in prima battuta rilevato che il Fallimento tende a riferirsi anche all’art. 162, comma 2 che prevede invece la possibilita’ di concessione di termine al debitore “per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti”, disposizione che chiaramente non puo’ ritenersi applicabile nella specie, non discutendosi nel presente giudizio della concessione del termine, ma solo della convocazione (e peraltro, la norma e’ evidentemente dettata per il concordato pieno, riferendosi alle integrazioni al piano).
Cio’ posto, si deve rilevare che il disposto di cui al comma 2 norma cit. che qui interessa, nel riferimento “all’esito del procedimento” sembrerebbe avallare la tesi del Fallimento, e che quindi si renda necessaria la convocazione del debitore prima di dichiarare inammissibile la proposta dopo avere avviato la procedura, col deposito della proposta e del piano e non a seguito della sola domanda di concordato in bianco.
Tuttavia, tale interpretazione strettamente letterale non e’ in linea con i principi generali e con la specificita’ della disposizione in oggetto, che ragionevolmente induce a ritenere ammissibile un’interpretazione estensiva.
Ed infatti, dovendo il Tribunale esercitare un controllo non solo formale della regolarita’ del ricorso, ma di verifica della legittimita’ della procedura con il riscontro della propria competenza e dell’esistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi di accesso alla procedura, svolge un’attivita’ di valutazione che, ove si rifletta nel provvedimento dichiarativo di inammissibilita’ della proposta, postula la previa convocazione del debitore, nel rispetto del principio fondamentale del diritto di difesa. Non potrebbe pertanto ritenersi validamente dichiarata l’inammissibilita’ della proposta in una fase ritenuta prodromica alla procedura, di mero controllo giudiziale.
Ne’ potrebbe farsi valere che, ritenendo la necessita’ della fissazione di un’udienza per sentire il debitore, verrebbe ad allungarsi di fatto il periodo cd. di automatic stay, con le conseguenze particolarmente incisive per i creditori di cui alla L. Fall., art. 168: trattasi evidentemente di un una possibile conseguenza di fatto, che spettera’ al Giudice del merito contenere in termini ristretti.
Ne’ infine puo’ ritenersi la presente decisione non in linea con la sentenza 13083/2013, che, pronunciandosi in relazione al disposto di cui alla L. Fall., art. 162 nel testo di cui al D.Lgs. n. 169 del 2007, e richiamando l’orientamento formatosi in relazione alla norma previgente, ha ritenuto: che la successione delle operazioni ivi prevista non e’ funzionale alla preventiva comunicazione al debitore delle eventuali ragioni di inammissibilita’, affidando tale opportunita’ alla discrezionalita’ del Tribunale, e che si spiega per avere il legislatore considerato l’autonomo procedimento nel quale l’esame della proposta precede l’audizione del debitore e la decisione; che pertanto, tale successione non e’ vincolante ove la proposta di concordato preventivo si inserisca nell’ambito di un procedimento prefallimentare; che pertanto, “ai fini del rispetto dell’obbligo di audizione del debitore, e’ sufficiente che lo stesso sia stato sentito in relazione alla sua proposta di concordato preventivo ed abbia avuto modo di illustrarla e di svolgere le proprie ragioni, mentre non e’ necessario che al debitore siano contestate le eventuali ragioni di inammissibilita’”.
Ed infatti, nel caso esaminato da detta pronuncia il debitore, nella procedura prefallimentare, aveva chiesto rinvio per presentare la proposta di concordato, cosi’ avendo pienamente garantito il suo diritto di difesa, mentre nel presente giudizio, risulta che il giorno precedente l’udienza fissata L. Fall., ex art. 15 la dott. G. ha depositato la proposta di concordato, dichiarata inammissibile senza convocazione della debitrice.
Il motivo va quindi respinto sulla base del seguente principio di diritto: “Ove sia stata presentata proposta di concordato preventivo cd. “in bianco” ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 6, va rispettato l’obbligo di audizione del debitore L. Fall., ex art. 162, comma 2 per consentire allo stesso di svolgere le proprie difese prima della pronuncia di inammissibilita’, salvo che, inserendosi la proposta nell’ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque sentito in relazione alla proposta ed abbia avuto modo di svolgere le sue difese”.
3.1. – Il ricorso va conclusivamente respinto.
La sostanziale novita’ della questione di maggiore spessore fatta valere dal Fallimento induce a compensare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; compensa le spese del presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
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