CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 13235 depositata il 27 giugno 2016
TRIBUTI – AGEVOLAZIONI FISCALI PRIMA CASA – IVA RIDOTTA – DECADENZA – IMMOBILE DI LUSSO – SUPERFICIE UTILE SUPERIORE AL LIMITE – COMPUTO DEI LOCALI DEL PIANO INTERRATO ADIBITO A SALE HOBBY – MODIFICA NORMATIVA DEI REQUISITI OGGETTIVI DI AGEVOLAZIONE – APPLICAZIONE RETROATTIVA – ESCLUSIONE – PRINCIPIO DEL FAVOR REI AI FINI SANZIONATORI
IN FATTO E IN DIRITTO
La CTR Toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza resa dalla CTP di Pisa con la quale era stato annullato l’avviso di liquidazione relativo alla decadenza del beneficio dell’agevolazione prima casa ai fini IVA per un immobile acquistato da C.F.; cespite ritenuto di lusso dall’Ufficio.
Secondo la CTR la normativa di riferimento riguardava la superficie utile con esclusione di alcuni locali, senza alcun riferimento alla nozione di abitabilità, comprendendo anche i locali adibiti a sale hobby ed ubicati nel piano interrato dell’abitazione. La parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria.
Con il primo motivo si deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. La CTR aveva omesso di considerare che i locali relativi al piano interrato dovevano essere esclusi dal computo della superficie utile per l’attribuzione della qualifica di lusso.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 33 d.lgs. 175/2014 che doveva ritenersi applicabile alla fattispecie in quanto ius superveniens.
Il primo motivo è inammissibile.
La CTR ha esaminato il fatto relativo alla rilevanza delle parti che non sarebbero utilizzabili ai fini del computo della superficie utile, ritenendo rilevanti anche quelle dedicate ad hobby, pur se ubicati nel piano interrato. Nessuna omissione di fatti rilevanti e decisivi per il giudizio è dunque rinvenibile nel caso di specie – cfr. Cass. SU. n. 8054/2014.
Il secondo motivo è fondato.
Ed invero, questa Corte ha in effetti ritenuto che il d.lgs. n. 175/2014, art. 33, in vigore dal 13.12.2014, pur riferendosi all’allineamento della disciplina agevolata sulla prima casa in materia di IVA a quella dell’imposta di registro, non può trovare applicazione quanto alla debenza del tributo con riferimento ad atti negoziali anteriori alla data di entrata in vigore della disposizione anzi detta, avendo l’innovazione legislativa efficacia a decorrere dall’1 gennaio 2014 – cfr. art. 10 c. 5 d.lgs. n. 23/2011: Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2014. In particolare Cass. n. 12471/2015 ha chiarito che “il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 10, modificato dal D.L. 12 settembre 2013, n. 104, art. 26, comma 1, convertito dalla L. 8 novembre 2013, n. 128, intervenendo sull’art. 1, della tariffa parte prima allegala al D.P.R. n. 131 del 1986, ha effettivamente modificato l’art. 1 introducendo una diversa definizione dei requisiti oggettivi delle case di abitazione, per il cui acquisto a titolo oneroso è possibile usufruire – in presenza delle condizioni di cui alla nota 2^ bis – di un’aliquota ridotta dell’imposta di registro, ancorandola solo alla categoria catastale. Ora, detta modifica, in forza alla quale l’aliquota ridotta è dovuta, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota 2^-bis per “le case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9” non può trovare applicazione rispetto al caso qui all’esame della Corte – compravendita conclusa l’1.10.2007 – avendo l’innovazione legislativa efficacia a decorrere dall’1 gennaio 2014 – cfr. D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 10 comma 5: Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1 gennaio 2014.
Ciò tuttavia non impedisce alla disposizione anzidetta, che ha in definitiva agganciato l’esistenza del tributo a fatti diversi da quelli originariamente previsti in forza della normativa precedentemente in vigore, di spiegare effetti ai fini sanzionatori, posto che, proprio in ragione della disposizione sopravvenuta la condotta che prima integrano una violazione fiscale non integra più il presupposto per l’irrogazione della sanzione.
Ne consegue che in forza dell’art. 3 d.lgs. n. 472/1997, deve ritenersi estensibile in questa sede, posto che l’oggetto del contendere in questa fase era appunto rappresentato dall’esistenza della violazione, il principio del favor rei-cfr. Cass. n. 4616/2016, secondo la quale “in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, che ha esteso il principio del “favor rei” anche al settore tributario, sancendone l’applicazione retroattiva, le più favorevoli norme sanzionatorie sopravvenute debbono essere applicate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in sede di legittimità, all’unica condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo: pertanto, qualora essendo in contestazione l’ “an” della violazione tributaria, sussista ancora controversia sulla debenza delle sanzioni, s’impone l’applicazione del più favorevole regime sanzionatorio sopravvenuto”.
Sulla base delle superiori considerazioni, ritenuto inammissibile il primo motivo di ricorsa il secondo deve essere accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Toscana anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Toscana anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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