CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 13342 depositata il 26 maggio 2017
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
1. B.E. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento contenente rettifica dei valori di 10 appezzamenti di terreno e di un fabbricato rurale compresi fra i cespiti formanti l’asse ereditario relitto dalla madre MR. La CTP di Livorno accoglieva il ricorso. Proponeva appello l’agenzia delle entrate e la CTR della Toscana, sezione staccata di Livorno, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, annullava l’avviso di accertamento limitatamente ai cespiti dal numero 30 al numero 36 dell’avviso di accertamento. Osservavano i giudici di appello che i valori accertati relativamente ai cespiti numero 23, 24, 25 e 37 non avevano formato oggetto di specifica contestazione da parte del ricorrente di talché essi erano definitivi. Quanto ai cespiti dal numero 30 al numero 36, l’Ufficio non aveva allegato gli atti di comparazione previsti dall’articolo 34, comma 3, del decreto legislativo numero 346/90. Avendo l’Ufficio indicato solamente gli estremi catastali dei beni oggetto degli atti di comparazione, la data ed il numero degli atti stessi, l’avviso di accertamento era illegittimo.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a due motivi. Il contribuente si è costituito in giudizio con controricorso ed ha svolto ricorso incidentale affidato a tre motivi.
3. Con il primo motivo l’agenzia delle entrate deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., civile in relazione all’articolo 34 del decreto legislativo 346/1990. Sostiene che l’obbligo di allegazione all’avviso di accertamento degli atti non conosciuti dal contribuente è riferito unicamente agli atti che costituiscono elementi essenziali della motivazione mentre tale onere non è previsto con riguardo ai trasferimenti, alle divisioni e alle perizie giudiziarie aventi ad oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni che costituiscono mero atto di comparazione ai sensi dell’articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 346/90.
4. Con il secondo motivo deduce omessa motivazione in relazione ad un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ., in quanto la CTR non ha dato conto delle ragioni per le quali doveva ritenersi necessaria l’allegazione anche degli atti comparativi.
5. Con il primo motivo di ricorso incidentale il contribuente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 19 e 21 del decreto legislativo numero 546/1992 ed in relazione agli articoli 1362 e 1363 cod. civ.. Sostiene che hanno errato i giudici d’appello nel ritenere la definitività dei valori accertati con riguardo ai cespiti elencati ai numeri 23, 24, 25 e 37 dell’avviso di accertamento. Ciò in quanto il ricorso del contribuente poneva censure che riguardavano anche tali cespiti poiché l’avviso di accertamento era stato contestato per intero sotto il profilo della nullità assoluta e del difetto di motivazione.
6. Con il secondo motivo deduce omessa motivazione, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ., in ordine alla definitività dell’avviso di rettifica e liquidazione con I riferimento ai cespiti immobiliari numero 23, 24, 25 e 37, posto che la CTR si è limitata a concordare con l’ufficio circa la definitività dei valori stessi senza esplicare la ratio decidendi.
7. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 4, cod. proc. civ., per violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. poiché la CTR non si è pronunciata sulle questioni, ritenute assorbite, relative alle sanzioni ove occorreva far applicazione del principio del favor rei disciplinato dal decreto legislativo 472/97 ed alla buona fede del contribuente il quale era incorso in errore di fatto.
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Osserva la Corte che il primo ed il secondo motivo del ricorso principale debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica.
Essi sono entrambi fondati. Invero mette conto considerare che l’art. 34 d. Ivo n. 346/90 prevede, al comma 2 bis, l’onere di allegazione di documenti non conosciuti né ricevuti dal contribuente cui la motivazione fa riferimento e tale onere di allegazione non è previsto dalla norma di cui al comma 3, che prevede che l’ufficio può determinare il valore dei beni con riferimento ad atti riguardanti cespiti aventi analoghe caratteristiche.
Il criterio di interpretazione sistematica della norma induce, dunque, a ritenere che l’onere della allegazione riguardi solo gli atti che costituiscono il presupposto dell’atto impositivo e che hanno riguardo al contribuente stesso e non invece gli atti riguardanti contribuenti diversi che vengono menzionati al solo fine della comparazione dei valori.
Peraltro la Corte di legittimità ha già avuto modo di affermare l’insussistenza dell’obbligo di allegazione con riguardo all’imposta di registro ed all’Invim, avendo ritenuto che l’avviso di rettifica del valore degli immobili è completo (e quindi legittimo), ai sensi degli artt. 51 e 52 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, nel momento in cui contiene l’indicazione degli atti specifici utilizzati e gli estremi della registrazione, per consentire al contribuente che ne ha interesse di richiedere tali atti e di contestarli nel merito nella maniera più opportuna e producente. Trattandosi di atti pubblici il privato ne può conseguire la disponibilità in ogni momento, per cui correttamente la legge non prevede per l’ufficio l’onere dell’allegazione né tale onere può essere introdotto dall’interprete ( Cass. n. 28772 del 23/12/2005; Cass. n. 16076 del 22/12/2000 ).
E’ ben vero che l’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 prevede che, se nella motivazione dell’atto impositivo si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. Tuttavia la norma non può essere intesa nel senso di imporre un onere di allegazione che aggraverebbe l’Ufficio senza che sussista la correlata esigenza di evitare il pregiudizio del diritto di difesa del contribuente.
Ciò in quanto all’Amministrazione finanziaria è richiesto di porre il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali in modo che egli possa approntare la difesa senza un inesigibile aggravio.
Ne deriva che la norma di cui all’art. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212 deve essere interpretata nel senso che l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento ( cfr. Cass. 11560 del 06/06/2016; Cass. n. 6914 del 25/03/2011 ). Nel caso che occupa risulta riprodotto nell’avviso di accertamento il contenuto essenziale degli atti addotti in comparazione posto che, con riguardo all’immobile similare, sussiste l’indicazione del comune, della via, dell’area urbanistica in cui è ricompreso, degli estremi catastali, del valore per mq. e degli estremi della dichiarazione di successione in cui è compreso. Dunque il contribuente, quand’anche avesse avuto piena conoscenza degli atti di comparazione, non sarebbe venuto in possesso di elementi ulteriori rispetto a quelli indicati nell’avviso di accertamento.
2. Il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale debbono anch’essi essere esaminati congiuntamente poiché sottendono la medesima questione. Essi sono infondati. Invero il contribuente, con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, di cui ha trascritto il testo nel controricorso assolvendo all’onere dell’autosufficienza, ha contestato l’atto impositivo avuto riguardo solamente ai cespiti elencati ai numeri dal 30 al 36 dell’avviso di accertamento poiché si legge nel ricorso stesso , ai righi 24, 25e 26 ” Nel caso in esame l’Ufficio attribuisce maggiori valori ai terreni di cui ai punti 30-31-32-33-34-35-36 dell’avviso, portando come riferimento un atto registrato a Livorno relativo ad immobili ricadenti in zona agricola.”
3. Il terzo motivo di ricorso incidentale è fondato. Invero la CTR non si è pronunciata sulla questione relativa alle sanzioni con riguardo alle quali il contribuente aveva sostenuto nel giudizio di primo grado l’applicabilità del principio del favor rei disciplinato dal decreto legislativo 472/97 e della buona fede, riproponendo i rilievi nell’atto di costituzione in appello.
11. Il ricorso principale ed il terzo motivo di ricorso incidentale vanno, dunque, accolti e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale ed il terzo motivo di ricorso incidentale, rigetta i primi due motivi di ricorso incidentale, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, in diversa composizione.
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