CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 13917 depositata il 7 luglio 2016
FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI – FALLIMENTO – APERTURA (DICHIARAZIONE) DI FALLIMENTO – PROCEDIMENTO – AUDIZIONE DELL’IMPRENDITORE – NOTIFICA DEL RICORSO A MEZZO PEC – MANCATA PREVISIONE DI UNA NUOVA NOTIFICA IN CASO DI INTRUSIONE DA PARTE DI TERZI NELL'”ACCOUNT” DI POSTA ELETTRONICA DEL RESISTENTE – MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE DI COSTITUZIONALITA’ – RAGIONI – ONERE DEL RESISTENTE DI ASSICURARSI DEL CORRETTO FUNZIONAMENTO DELLA CASELLA POSTALE CERTIFICATA – CONTENUTO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che, con sentenza in data 12 marzo 2015, la Corte d’Appello di Milano ha rigettato il reclamo proposto, L. Fall., ex art. 18, da Exogroup srl, contro la sentenza del Tribunale di quella stessa citta’, che aveva dichiarato il fallimento della menzionata impresa societaria;
che, secondo la Corte territoriale, era infondata la doglianza della reclamante relativa al mancato perfezionamento della notificazione dell’avviso di udienza, dovuto al cattivo funzionamento dell’account di posta elettronica della destinataria, in quanto colpito da virus informatici, cio’ che le avrebbe impedito – se non altro – l’accesso a procedure concorsuali minori;
che, infatti, la cattiva manutenzione della posta della destinataria, presso la cui casella si sarebbero accumulate ben 1.500 messagli. nella casella “posta indesiderata”, assieme a numerose e-mail accantonate in modalita’ “ipam”, avrebbero dimostrato, oltre che una cattiva manutenzione per difetto di un valido antivirus, anche un completo disinteresse della destinataria sia rispetto alla posta in arrivo sia riguardo alla vigilanza sul funzionamento del proprio programma gestionale;
che avverso la sentenza della Corte d’Appello ha proposto ricorso la societa’ fallita, con atto notificato il 27 aprile 2015, sulla base di quattro motivi, con cui denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge processuale (artt. 149 bis e 160 c.p.c., D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 45, D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, comma 3) e fallimentare (art. 15) e vizi motivazionali, dolendosi, principalmente, del travisamento degli elementi fattuali relativi allo stato del proprio account di posta elettronica, soggetto non a trascuratezza (peggio che mai, per assenza di un adeguato antivirus) ma ad aggressione ad opera di esterni (come attestato sia dalla relazione giurata di parte e sia da dichiarazione del provider gestore del sistema ed eccependo, in via subordinata, in relazione agli artt. 24, 42 e 111 Cost., la questione di legittimita’ costituzionale degli artt. 149bis e 160 c.p.c., D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 45, e D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, comma 3. Perche’, in caso di assenza del debitore all’udienza di cui alla L. Fall., art. 15, non prevede una nuova notifica dell’avviso di convocazione di cui alla L. Fall., art. 15, comma 2;
che il curatore non ha svolto difese mentre il creditore procedente ha resistito con controricorso.
Considerato che i mezzi di cassazione, tra di loro strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente, e dichiarati non fondati;
che, infatti, con riguardo alla questione della notificazione del ricorso di fallimento e del pedissequo decreto di convocazione del debitore in camera di consiglio, ai sensi della L. Fall., art. 15, comma 3, (come modificato dal D.L. n. 179 del 2012, conv. nella L. n. 221 del 2012) eseguita a mezzo della posta elettronica certificata (PEC), il ragionamento del giudice a quo appare corretto, alla luce dei principi gia’ enunciati da questa Corte, ed in particolare:
a) con riguardo al primo ed al terzo motivo (ed alla questione dell’avviso dell’udienza di comparizione delle parti, in sede prefallimentare, data a mezzo di invio telematico), il ragionamento svolto dal giudice distrettuale e’ motivato e conforme al principio di diritto gia’ affermato da questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22352 del 2015), e secondo cui “in tema di procedimento per la dichiara.zione di fallimento, ai fini del perfezionamento della notifica telematica del ricorso, prevista dalla L. Fall., art. 15, comma 3, – nel testo successivo alle modche apportate dal D.L. n. 179 del 2012, art. 17, convertito nella L. n. 221 del 2012 – occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge e, quindi, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata, e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna, la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica codificata e’ pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento dell’avvenuta consegna tramite un testo leggibile dal mittente”;
b) tale principio, giustificato dal valore cardine di celerita’ del processo, non e’ affatto immune – come si afferma, ponendo, al quarto mezzo, anche una eccezione di legittimita’ costituzionale – dalle garanzie di ricezione, date dalle specifiche tecniche elaborate da appositi comitati in sede ministeriale e collaudate da un lungo periodo di sperimentazione;
c) ad esse, non possono opporsi, come fa la ricorrente, esigenze di sostanziale migliore comodita’, per la debitrice, della ricezione della notifica in via ordinaria e tradizionale (e cioe’ a mezzo dell’ufficiale giudiziario o a mezzo della posta in formato cartaceo) in quanto e’ onere della parte che eserciti l’attivita’ d’impresa, normativamente obbligata D.L. 29 novembre 2008, n. 185, ex art. 16, comma 6, convertito nella L. 28 gennaio 2009, n. 2; ex L. 28 gennaio 2009, n. 2; D.L. n. 179 del 2012, ex art. 5, convertito nella L. n. 221 del 2012, a munirsi di un indirizzo PEC e ad assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata, se del caso delegando tale controllo, manutenzione o assistenza a persone esperte del ramo (i cui costi, palesemente inerenti all’attivita’ dell’impresa, sono in qualche modo riconducibili alle spese rilevanti ed afferenti al proprio bilancio di esercizio), e senza che tali problematiche possano integrare ne’ oneri straordinari di diligenza (secondo mezzo) ne’ un serio sospetto di illegittimita’ costituzionale della relativa disciplina (quarto mezzo), nella parte in cui non prevede una nuova notifica dell’avviso di convocazione che si renderebbe certamente necessario ove si registrasse un’anomalia nella comunicazione telematica dell’avviso, proprio come prevede l’ultima parte della L. Fall., art. 15, comma 3, che, in tal modo, allontana l’ombra dell’illegittimita’ costituzionale di siffatto sistema di notificazione stabilendo i casi in cui debba procedersi attraverso i mezzi tradizionali di consegna dell’avviso;
d) che, infatti, pur non potendosi escludere in linea di massima ed in astratto che, pur non registrando il sistema di ricezione dell’invio dell’avviso alcuna anomalia, possa darsi un’ipotesi di forza maggiore (vis cui resisti non potest), tale caso e’ comunque da escludersi nella specie, proprio in ragione delle allegazioni della stessa parte, poiche’ l’evenienza si rende ascrivibile a un non diligente utilizzo della posta elettronica, ricevuta dalla societa’ in bonis;
e) che infatti non appare immune da censure il caso di colui che, come si ammette da parte della stessa ricorrente, non controlli il contenuto delle e-mail pervenute nella casella della posta elettronica, sia pure archiviate fra quelle considerate dal proprio programma gestionale come “posta indesiderata”, essendo norma di prudenza eseguire anche tale tipo di verifica, com’e’ regola di una diligente prassi aziendale;
f) che, peraltro, l’obbligo di diligenza da parte dell’impresa dotata di una casella PEC si estende sia all’utilizzo dei dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure and intrusione, sia al controllo di tutta la posta in arrivo, quand’anche indesiderata;
g) che, in conclusione, il ricorso e’ manifestamente infondato e deve essere respinto con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, ed al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, in favore della resistente, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.