CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 14539 depositata il 15 luglio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO – AVVOCATO – ONORARI – LIQUIDAZIONE DEGLI ONORARI PROFESSIONALI A CARICO DEL CLIENTE – POTERE AL GIUDICE E ONORARI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al tribunale di Catania l’avvocato F.A. chiedeva ingiungersi al “Consorzio A. di S. I. di Catania” il pagamento di Euro 205.159,16, oltre interessi maturati e maturandi e spese della procedura monitoria.
Esponeva che aveva svolto attivita’ professionale su incarico e per conto del “Consorzio” nel giudizio che il “Raggruppamento Temporaneo d’Imprese A. Costruzioni” s.p.a. aveva intrapreso nei confronti dello stesso “Consorzio” onde ottenerne la condanna al risarcimento di asseriti danni quantificati in misura pari ad Euro 11.228.951,00; che, benche’ sollecitata, controparte non aveva provveduto al pagamento delle spettanze.
Pronunciata con decreto n. 1384/2009 l’ingiunzione siccome domandata, con atto notificato in data 15.6.2009 il “Consorzio” proponeva opposizione.
Costituitosi, il ricorrente invocava a sua volta il rigetto dell’opposizione.
Rappresentava che a fronte di una richiesta di risarcimento danni per Euro 11.228.951,00 il “Consorzio” era rimasto soccombente per la minor somma di Euro 1.786.963,28.
Disposta la trasformazione del rito, con ordinanza dei 22/26.10.2010 il tribunale di Catania revocava l’ingiunzione opposta; condannava l’opponente a corrispondere la minor somma di Euro 4.456,00 per diritti e di Euro 30.100,00 per onorari, oltre rimborso forfetario, i.v.a., cassa ed interessi; compensava integralmente le spese del procedimento.
Osservava il tribunale che era da applicare l’art. 6 della tariffa civile a tenor del quale “nella liquidazione degli onorari a carico del cliente puo’ aversi riguardo al valore effettivo della controversia quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile”; che invero nella fattispecie era “manifesta la sproporzione tra il valore indicato nel petitum dell’atto di citazione introduttivo del giudizio civile nel quale l’Avv.to F. ha prestato la propria attivita’ professionale in favore del Consorzio (…) e il valore del credito effettivamente liquidato dal Tribunale all’esito del giudizio in favore della parte attrice” (cosi’ ordinanza impugnata, pag. 4).
Osservava, su tal scorta, che la liquidazione era da operare applicando lo scaglione da Euro 1.549.400,00 ad Euro 2.582.300,00, determinando gli onorari nella misura massima “e con esclusione di ulteriori aumenti (…) non (…) giustificati dalle questioni giuridiche trattate (…) non particolarmente complesse, rispetto a quelle meramente tecniche affrontate dal C.T.U.” (cosi’ ordinanza impugnata, pag. 4).
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’avvocato F.A.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.
Il “Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Catania” non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione della l. 7-11-1957, n. 1051, art. unico (…) e del D.M. 8 aprile 2004, n. 127, art. 5, commi 1, 3 e 6, degli artt. 10 e 14 c.p.c. – Omessa motivazione” (cosi’ ricorso, pag. 4).
Adduce che ha errato il tribunale di Catania, allorche’ ha determinato il valore della controversia – nell’ambito della quale ha prestato la propria opera professionale a vantaggio del “Consorzio” – assumendo a parametro di riferimento non gia’ il quantum – Euro 11.228.950,85 – fuor di contestazione, preteso dal “Raggruppamento Temporaneo d’Imprese AIA Costruzioni” s.p.a., sibbene il minor ammontare – Euro 1.786.963,28 – del risarcimento poi effettivamente conseguito; che, viceversa, il collegio, in aderenza agli insegnamenti di questa Corte di legittimita’, “avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 10 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 14 cp.c. ” (cosi’ ricorso, pag. 5); che, propriamente, nel caso di specie, “l’attivita’ del Collegio si presentava sostanzialmente vincolata alla scelta del criterio di cui all’art. 10 c.p.c. ” (cosi’ ricorso, pag. 6).
Il ricorso non merita seguito.
Vanno ribaditi gli insegnamenti di questo Giudice del diritto.
Ovvero l’insegnamento secondo cui, in tema liquidazione degli onorari a carico del cliente ed in favore dell’avvocato per l’opera prestata in giudizio, il valore della causa – laddove risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile – si determina, del D.M. n. 127 del 2004, ex art. 6, comma 2, non gia’ sulla base del credito a tutela del quale si e’ agito, bensi’ del valore effettivo della controversia (cfr. Cass. 30-9-2015, n. 19520; nella specie il credito si correlava ad un’azione revocatoria).
Ovvero l’insegnamento secondo cui l’art. 6, comma 2, della tariffa forense allegata al d.m. 5 ottobre 1994, n. 585, secondo cui, in sede di liquidazione degli onorari professionali a carico del cliente, “puo’ aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile”, comporta l’applicazione di tutte le regole processuali, ivi comprese quelle di cui agli artt. 10 e 14 c.p.c., per la determinazione del valore delle cause relative a somme di denaro o a beni mobili, attribuendo al giudice, qualora venga ravvisata una manifesta sproporzione tra il “petitum” della domanda e l’effettivo valore della controversia, un generale potere discrezionale di adeguare la misura dell’onorario all’effettiva importanza della prestazione (cfr. Cass. 8-2-2012, n. 1805).
Ovvero l’insegnamento secondo cui l’art. 6, comma 2, della tariffa forense allegata al D.M. 23 dicembre 1976, secondo cui, in sede di liquidazione degli onorari professionali a carico del cliente, “puo’ aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile”, comporta l’esercizio, da parte del giudice, di un potere discrezionale e non arbitrario, con conseguente necessita’ di espone, sia pure in forma succinta, le relative ragioni ed i criteri cui esso si ispira (cfr. Cass. 11-7-2006, n. 15685).
Ebbene, alla luce delle enunciate indicazioni giurisprudenziali, e’ da ritenere che il tribunale di Catania ha succintamente, nondimeno esaustivamente e congruamente esplicitato le ragioni alla cui stregua ha inteso far riferimento al “valore effettivo della controversia”.
Piu’ esattamente il tribunale ha dato conto dell’enorme ed abissale differenza intercorrente tra il quantum del credito preteso ed il quantum del credito riconosciuto al “Raggruppamento Temporaneo d’Imprese A.Costruzioni” s.p.a..
In tal guisa il rilievo di parte ricorrente – a seguire “il ragionamento dei Decidenti, deve concludersi che l’attivita’ (…) sarebbe stata paradossalmente retribuita maggiormente ove il giudizio (…) si fosse concluso con una condanna di pagamento per il Consorzio (…) di gran lunga maggiore (…)” (cosi’ ricorso, pag. 5) – pur seducente, si risolve in una sterile argomentazione difensiva.
Il “Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Catania” non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso, percio’, nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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