CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 14614 depositata il 15 luglio 2016
TRIBUTI – IVA – CREDITO INDICATO A RIMBORSO IN SEDE DI DICHIARAZIONE ANNUALE – ESECUZIONE DEL RIMBORSO – TERMINE DI PRESCRIZIONE ORDINARIO DECENNALE PER LA PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA
Osserva
La CTR di Milano ha accolto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n. 79/02/2012 della CTP di Cremona che aveva già accolto il ricorso del contribuente “F.lli C. snc” (in liquidazione) – ed ha così confermato il diniego di rimborso relativo ad IVA per l’anno 2007, emesso a seguito di istanza di data 20.1.2010 e fondato sulla premessa che alla dichiarazione del periodo non fosse stato allegato l’apposito modello VR, così come stabilito dall’art. 38 bis del DPR n. 633/1972..
La predetta CTR ha ritenuto che l’articolo 30 del menzionato DPR prevede una modalità tipizzata e complessa di formulazione della richiesta di rimborso dell’eccedenza di versamento, sicché la semplice esposizione nella dichiarazione non integra domanda di restituzione, che deve intendersi perfezionata solo con la compilazione dell’apposito allegato contenente i dati richiesti dal DM che è stato adottato in esecuzione delle disciplina di legge.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Agenzia non si è difesa se non con costituzione volta a conservare la facoltà di partecipazione all’udienza di discussione.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione degli art. 30 e 38 bis del DPR n. 633/1972) la parte ricorrente si duole per avere il giudicante escluso la legittimità dell’istanza di rimborso, pur trovando il diritto al rimborso la sua genesi nell’effettuazione di operazioni imponibili e non dall’indicazione del credito in dichiarazione o da altre formalità connesse, mentre solo l’esercizio del diritto è subordinato alla formulazione della richiesta che può essere effettuata anche nella dichiarazione annuale. Con il secondo motivo (centrato sulla violazione dell’art. 21 del D.Lgs. 546/1992) il ricorrente lamenta che il giudicante ha erroneamente ritenuto che la domanda di rimborso sia assoggettata alla decadenza biennale prevista dall’anzidetta norma di legge mentre il rimborso, una volta formulatane istanza con la dichiarazione annuale, è soggetto alla prescrizione decennale annuale.
I motivi (tra loro connessi per ragioni logiche, e perciò da esaminarsi congiuntamente) appaiono fondati e da accogliersi, alla luce della pregressa (prevalente, alla quale si ritiene che si debba dare qui alimento) giurisprudenza di questa Corte: “La domanda di rimborso dell’IVA o di restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente deve ritenersi già presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro relativo al credito, analogamente a quanto avviene in materia di imposte dirette, ed in linea con la Sesta Direttiva CEE, per la quale il diritto al ristoro dell’IVA versata “a monte” è principio basilare del sistema comunitario, per effetto del principio di neutralità, mentre la presentazione del modello di rimborso costituisce esclusivamente presupposto per l’esigibilità del credito e, quindi, adempimento necessario solo per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso. Ne consegue che, una volta manifestata in dichiarazione la volontà di recuperare il credito d’imposta, il diritto al rimborso, pure in difetto dell’apposita, ulteriore domanda, non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto dall’art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e, oggi, dall’art. 21, comma secondo, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 cod. civ.” (si vedano Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15229 del 12/09/2012, in precedenza Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7684 del 16/05/2012 e Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20039 del 30/09/2011, sicché l’orientamento deve considerarsi ormai consolidato a seguito di iniziali apparenti oscillazioni).
In considerazione di tanto, la Corte potrà cassare la sentenza che non si è attenuta ai menzionati principi e decidere la causa anche nel merito, atteso che non appare necessario provvedere all’accertamento di elementi di fatto ulteriori.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Ritenuto inoltre:
– che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
– che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
– che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
– che le spese di lite vanno regolate secondo il criterio della soccombenza per questo giudizio, con compensazione delle spese dei gradi di merito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna la parte intimata a rifondere le spese di lite di questo giudizio, liquidate in € 2.500,00 oltre al 15% per spese generali, oltre ad accessori di legge ed oltre ad € 200,00 per esborsi, compensando integralmente le spese dei gradi di merito.
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