CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 14936 depositata il 20 luglio 2016
FALLIMENTO – ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – AMMISSIONE AL PASSIVO – DICHIARAZIONI TARDIVE – AMMISSIONE TEMPESTIVA DI UN CREDITO IN COLLOCAZIONE CHIROGRAFARIA – DOMANDA TARDIVA PER IL RICONOSCIMENTO DI UNA PRELAZIONE – NON AMMISSIBILITÀ – FONDAMENTO – ONERE DEL CURATORE DI PROVARE LA PREGRESSA INSINUAZIONE – RAGIONE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza definitiva del 7 maggio 2007 la Corte dei Conti condannò, fra gli altri, la C. S. s.r.l. al risarcimento del danno erariale subito dall’ A.I.M.A. – poi divenuta AGEA-AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA – quantificato in Euro 32.566.870,34, oltre accessori; la domanda avanzata da quest’ultima, di insinuazione tardiva in via privilegiata al passivo del fallimento della C. S. s.r.l., venne tuttavia respinta dal Tribunale di Foggia.
Sull’appello dell’AGEA, la Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 27 giugno 2013, poi corretta con decreto del 4 novembre 2013, respinse il gravame assumendo che il medesimo credito era stato già insinuato al passivo del fallimento della C. G. s.n.c., per effetto di una sentenza del Tribunale di Foggia confermata in appello dalla medesima corte; soggiunse il giudice del gravame che l’appellante, comunque, non aveva dato prova che il credito oggetto della domanda fosse diverso da quello già ammesso al chirografo del fallimento della C. S. s.r.l., nell’anno 2006, con decreto del giudice delegato.
Contro la sentenza della Corte d’Appello di Bari propone ricorso per cassazione AGEA, affidato a quindici motivi.
Il fallimento intimato non ha depositato controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo AGEA deduce la nullità della sentenza impugnata, per violazione degli artt. 112, 287 e 288 c.p.c. e per carenza di potere giurisdizionale, avendo i giudici d’appello, in sede di istanza di correzione di un errore materiale, modificato la motivazione del provvedimento.
Con il secondo motivo censura la violazione degli artt. 101, 112 e 183 c.p.c., nonchè degli artt. 3, 24 e 111 Cost., per avere il giudice d’appello posto a fondamento della decisione una questione (la sentenza di ammissione al passivo fallimentare, resa dal Tribunale di Foggia il 13 aprile 2011) mai sollevata dalle parti nel corso del giudizio, senza invitare le stesse ad interloquire.
Con il terzo motivo ribadisce la violazione degli artt. 99, 112, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., per essere stata decisa la causa sulla base di un fatto (la cennata sentenza del Tribunale di Foggia) neppure allegato dalle parti in giudizio.
Con il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non avendo spiegato il giudice di secondo grado perchè la precedente ammissione al passivo fosse ostativa ad una nuova ammissione.
Con il quinto motivo eccepisce la violazione degli artt. 93 e 101 L. Fall., nonchè vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), considerato che non esisteva alcuna precedente sentenza di ammissione al passivo del fallimento della C. S. s.r.l. resa dal Tribunale di Foggia.
Con il sesto motivo lamenta la violazione degli artt. 101, 112 e 183 c.p.c., nonchè degli artt. 3, 24 e 111 Cost., per avere la Corte posto a fondamento della decisione una questione (la sentenza di ammissione al passivo del fallimento della C. G. s.n.c., resa dal Tribunale di Foggia il 13 aprile 2011), mai sollevata dalle parti nel corso del giudizio, senza invitare le stesse ad interloquire.
Con il settimo motivo ribadisce la violazione degli artt. 99, 112, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., per essere stata decisa la causa sulla base di un fatto (la cennata sentenza del Tribunale di Foggia) neppure allegato dalle parti in giudizio.
Con l’ottavo motivo deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost. nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non spiegando la corte d’appello perchè la precedente ammissione al passivo fosse ostativa ad una nuova ammissione.
Con il nono motivo eccepisce la violazione degli artt. 93 e 101 L. Fall., atteso che non può parlarsi di duplicazione del credito ammesso, essendo stata pronunciata la ridetta sentenza del tribunale di Foggia in seno alla procedura fallimentare della C. G. s.n.c..
Con il decimo motivo censura la violazione dell’art. 1292 c.c., in quanto l’ammissione al passivo del fallimento di uno dei coobbligati, non è di ostacolo all’ammissione al concorso dell’altro coobbligato.
Con l’undicesimo motivo assume la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in quanto non spetta al creditore che si insinua al passivo, provare che il credito oggetto della domanda tardiva sia diverso da quello già insinuato in precedenza.
Con il dodicesimo motivo deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere i giudici d’appello omesso di motivare sulle ragioni che hanno indotto a ritenere l’identità dei crediti insinuati con quelli oggetto della nuova domanda di insinuazione.
Con il tredicesimo motivo eccepisce violazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 324 c.p.c. e degli artt. 93 e 101 l.fall., per essere stato male interpretato il giudicato formatosi sulla precedenza istanza di insinuazione al passivo.
Con il quattordicesimo motivo torna di nuovo ad eccepire violazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 324 c.p.c. e degli artt. 93 e 101 L. Fall., considerato che solo in parte il danno erariale liquidato con la sentenza della Corte dei conti non era distinguibile dai diritti di credito nascenti dal cd. “rapporto di assuntoria”, oggetto del provvedimento di insinuazione al passivo reso dal giudice delegato nel 2006.
Con il quindicesimo motivo deduce violazione degli artt. 99, 112, 342 e 345 c.p.c., avendo omesso la corte d’appello di pronunciarsi sullo specifico motivo di impugnazione concernente l’integrale condanna alle spese del giudizio di primo grado.
2. – Il primo motivo è infondato, restando cosi’ assorbiti il secondo, il terzo, il quarto e il quinto, che diverrebbero rilevanti solo in caso di accoglimento del primo.
Invero, secondo il fermo orientamento di questa Corte, deve qualificarsi come errore materiale suscettibile di correzione, soltanto quello che non riguarda la sostanza del giudizio, ma la manifestazione del pensiero all’atto della formazione del provvedimento e si risolve in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza e come tale percepibile e rilevabile ictu oculi (Cass. 26 novembre 2011, n. 19601; Cass. il aprile 2002, n. 5196).
Ora, dalla mera lettura della sentenza qui impugnata, emerge in maniera inequivoca che per un evidente lapsus calami – plausibilmente indotto dalla circostanza che in pari data venne pronunciata dal medesimo collegio altra sentenza riferita alle medesime procedure fallimentari -, risulta scritto “C. S. s.r.l.” laddove andava scritto “C. G. s.n.c.” e viceversa.
Nè può ritenersi che il giudice investito di una domanda di correzione avanzata dalla parte sia tenuto a provvedere soltanto alle correzioni espressamente invocate dall’istante, in quanto una volta ritualmente instaurato il subprocedimento previsto dagli artt. 287 c.p.c. e segg., deve ritenersi, se non altro per evidenti ragioni di economia processuale, che il giudice possa rimuovere tutti gli ulteriori errori riscontrati nel testo, che siano stati dettati da sviste o disattenzioni, purchè inidonei ad incidere sul contenuto effettivo della motivazione.
3. – Il sesto, il settimo, l’ottavo, il nono e il decimo motivo, da esaminare congiuntamente stante l’intima connessione, sono fondati nei sensi di cui si dirà.
E invero, la corte d’appello ha ritenuto che l’ammissione al passivo del credito fondato sulla sentenza di condanna della C. S. s.r.l. per danno erariale, resa dalla Corte dei Conti in data 7 aprile 2007, fosse preclusa dalla circostanza che il medesimo credito risulterebbe ammesso allo stato passivo di altra società fallita (la C. G. s.n.c.), in forza di una sentenza del tribunale di Foggia depositata il 13 aprile 2011 e confermata dalla medesima corte d’appello, con sentenza resa lo stesso giorno in cui è stata pronunciata quella qui impugnata.
Orbene, a prescindere dalla circostanza che la questione concernente l’esistenza della precedente sentenza del Tribunale di Foggia nonchè della contestuale decisione della corte barese sull’appello
proposto avverso la detta pronuncia, non risulta indicata alle parti, in violazione dell’art. 101 c.p.c., rientrando peraltro (almeno la decisione assunta in sede d’appello) tra i fatti a conoscenza diretta del solo giudice, è decisiva la considerazione che l’ammissione al passivo di altra procedura fallimentare – trattandosi pacificamente di crediti vantati nei confronti di piu’ coobbligati in solido – non può, di per sè, costituire ostacolo all’ammissione al concorso nel fallimento di altro coobbligato, dovendo conseguentemente andare senz’altro cassata sul punto la decisione impugnata.
4. – l’undicesimo motivo è fondato, restando conseguentemente assorbiti il dodicesimo, il tredicesimo e il quattordicesimo, tutti dipendenti dalla precedente doglianza.
Com’è noto, il sistema della legge fallimentare – in ragione del principio generale che riconosce il carattere giurisdizionale e decisorio del procedimento di verificazione del passivo – esclude la possibilità di una duplice insinuazione, ordinaria e tardiva, di uno stesso credito; pertanto, atteso che il petitum della domanda di ammissione al passivo è costituito dal riconoscimento del diritto del creditore di partecipare al concorso per un credito di un determinato importo e secondo il rango competente, è preclusa – una volta che sia stata proposta ed accolta la domanda di ammissione al passivo di un credito in via chirografaria e non impugnato lo stato passivo – la successiva domanda di ammissione tardiva, ai sensi dell’art. 101 L. Fall., del medesimo credito con riconoscimento del rango privilegiato.
Tuttavia, deve ritenersi che quando sia stato il curatore fallimentare ad eccepire che la domanda di insinuazione tardiva si riferisce ad un credito già precedentemente ammesso al concorso, trattandosi di un fatto impeditivo dell’ammissione al concorso, il relativo onere della prova incombe sul medesimo curatore e non sul creditore concorsuale che aspira a divenire concorrente, il quale è tenuto a provare solo i fatti costitutivi della pretesa.
La corte d’appello ritenendo che AGEA non avesse dato la prova della “non identità del credito”, meritando per ciò solo di non essere ammessa al passivo, non ha fatto applicazione del detto principio; dunque anche sul punto la sentenza impugnata va cassata dovendo il giudice di merito procedere ad un nuovo esame della vicenda, tenendo conto che spettava al curatore dimostrare l’identità della domanda tardiva rispetto a quella precedentemente ammessa.
5. – Il quindicesimo e ultimo motivo è fondato.
AGEA aveva formulato uno specifico motivo d’appello (il quarto), in seno al quale censurava la pronuncia di condanna alla rifusione delle spese del primo grado sostenute dal fallimento, invocando altresi’, sia pure in via subordinata, la compensazione delle stesse.
La corte d’appello nulla ha statuito sulla detta doglianza, neppure in maniera implicita, e, pertanto, la sentenza merita di essere cassata anche in relazione al motivo in esame.
6. – In definitiva, respinto il primo motivo, accolto il sesto, il settimo, l’ottavo, il nono, il decimo, l’undicesimo e il quindicesimo motivo e assorbiti i restanti, la sentenza impugnata deve andare cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, per un nuovo esame della vicenda, anche sulle spese del grado di legittimità.
P.Q.M.
La Corte respinge il primo motivo, accoglie il sesto, il settimo, l’ottavo, il nono, il decimo, l’undicesimo e il quindicesimo motivo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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