CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 14979 depositata il 20 luglio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PREVIDENZA SOCIALE – ACCERTAMENTO DEL REQUISITO REDDITUALE – ATTRIBUZIONE DELLA PENSIONE DI INABILITA’
FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio dell’8 giugno 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con sentenza del 14 gennaio 2014, la Corte di Appello di Lecce confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda proposta da R.M.L. nei confronti dell’INPS ed intesa al riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità ex lege n. 118/1971.
La Corte territoriale, pur prendendo atto che all’esito del rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio la R. era affetta da un quadro morboso invalidante nella misura del 100% a decorrere dal luglio 2010, evidenziava che a tale data e per l’anno 2011 (la predetta il 1° luglio 2011 aveva compiuto il 65° anno di età) non ricorreva il requisito reddituale dovendosi tenere conto – per il periodo antecedente l’entrata in vigore del D.L. n. 76 del 28 giugno 2013 – non solo del reddito personale della R., ma anche di quello del coniuge. Precisava, inoltre, che pur essendo intervenuta in corso di causa la modifica legislativa di cui all’art. 10 del citato D.L. n. 76 del 2013, al momento della entrata in vigore di detta norma la R. aveva già compiuto il 65° anno di età e, dunque, non poteva accedere alla prestazione invocata.
Per la cassazione della decisione propone ricorso la R. sulla base di un unico motivo.
L’I.N.P.S. ed il Comune di Lecce sono rimasti intimati.
Con l’unico motivo di ricorso deducendo plurime violazioni di legge, si censura la decisione di appello per avere, al fine della verifica del requisito reddituale, cumulato al reddito individuale della ricorrente anche il reddito del coniuge e per aver ritenuto non applicabile alla fattispecie in esame la disposizione di cui al comma 7° dell’art. 14 septies del D.L. 30 dicembre 1979 n. 633 (ndr comma 7° dell’art. 14 septies del D.L. 30 dicembre 1979 n. 663) conv. con modifiche in L. 29 febbraio 1980 n. 33 – inserito dall’art. 10, co. 5°, del D.L. 30 n. 76 del 29 giugno 2013 conv. in legge 9 agosto 2013 n. 99 – in palese violazione del disposto di cui al comma 6° dell’art. 10 del D.L. n. 76 del 2013 cit.
Il motivo è infondato.
Si premette che questa Corte, con indirizzo consolidato (vedi, in particolare, Cass. n. 16363 del 2002, n. 16311 del 2002, 12266 del 2003, 14126 del 2006, n. 13261 del 2007) aveva statuito che in tema di verifica del requisito reddituale prescritto ai fini della pensione di cui all’art. 12 l. n. 118 del 1971, assume rilievo non solamente il reddito personale dell’invalido, ma anche quello (eventuale) del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l’importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri indicati dalla norma suindicata. Tale soluzione interpretativa, come evidenziato nella sentenza impugnata, risulta fondata oltre che sul dato testuale dell’art. 14 septies, comma quarto d.l. n. 663 del 1979 conv. in l. n. 33 del 1980 – il quale, nell’elevare i limiti di reddito anteriormente fissati dagli artt. 6, 8 e 10 d.l. n. 30 del 1974 conv. in l. n. 114 del 1974, non prevede, per la pensione di inabilità, l’esclusione del reddito percepito dagli altri componenti il nucleo familiare, diversamente da quanto stabilito dal comma quinto per l’assegno di cui all’art. 13 l. n. 118 del 971 – anche su considerazioni di ordine generale attinenti alla funzione sostitutiva dell’intervento assistenziale pubblico riconosciuta alla solidarietà familiare nell’ambito del sistema di sicurezza sociale. L’orientamento sopra richiamato è stato successivamente posto in discussione da alcune decisioni (Cass. n. 18825 del 2008, n. 7259 del 2009 e n. 20426 del 2010). Tuttavia la questione è stata oggetto di ulteriore rimeditazione in esito alla quale questa Corte, con condivisibile recente pronunzia (Cass. n. 5003 del 2011), seguita da altre conformi (v. tra queste: ord. n. 19658 del 2012), ha confermato l’orientamento più risalente affermando che ai fini della pensione di cui all’art. 12 L. n. 118 del 1971 il requisito reddituale deve essere verificato considerando anche il reddito dell’eventuale coniuge.
Su questo quadro normativo e giurisprudenziale si innesta il recente intervento del legislatore che con il d.l. 28 giugno 2013, n. 76, recante “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti” conv. nella legge n. 99 del 2013, all’art. 10 comma 5 ha inserito dopo il sesto comma dell’art. 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, una ulteriore disposizione (divenuta il comma 7° dell’art. 14 septies) con la quale si specifica che «Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all’articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte». La disposizione si completa con il successivo comma sesto (divenuto comma 8° dell’art. 14 septies cit.) il quale stabilisce che “La disposizione del settimo comma dell’articolo 14- septies del decreto legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i criteri di cui al comma 5”.
Come chiarito in recenti pronunzie di questa Corte (ord. n. 27812 del 2013, n. 28565 del 2013 cui ne sono succedute numerose altre), con tale previsione il legislatore ha inteso definire un nuovo regime reddituale senza, tuttavia, pregiudicare le posizioni di tutti quei soggetti che avendo presentato domanda nella vigenza della precedente normativa (da interpretarsi nei termini più sopra riportati) non avessero ancora visto la definizione in sede amministrativa del procedimento ovvero fossero parti di un procedimento giudiziario ancora sub indice. Quasi a ribadire il suo carattere innovativo, poi, la norma precisa che il diritto alla pensione, sulla base dei nuovi requisiti stabiliti, decorrerà solo dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione (28.6.2013) e soggiunge che non possono essere pagati importi arretrati sulle prestazioni riconosciute precisando quindi che, ove tale pagamento sia già intervenuto, le somme erogate non sono comunque recuperabili purché il loro riconoscimento sia intervenuto prima della data di entrata in vigore del nuovo requisito reddituale e risulti comunque rispettoso dello stesso.
Consegue, con riferimento al caso di specie, che il diritto al beneficio in controversia poteva essere riconosciuto solo previa verifica che i redditi della ricorrente, cumulati con quelli del coniuge, non superassero la soglia di legge, dovendosi evidenziare la inapplicabilità, in concreto, della novella di cui al d.l. 28 giugno 2013, n. 76 conv. in legge n. 99 del 2013, in ragione del fatto che la R., all’epoca della relativa entrata in vigore, aveva già compiuto i sessantacinque anni di età, essendo nata il 1° luglio 1946.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. Civ., n. 5″.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
La R. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui si critica la interpretazione, esposta nella riportata relazione, dell’art. 14 – septies, co.8°, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33.
Orbene il Collegio condivide pienamente il contenuto della riportata relazione che risulta essere in linea con i precedenti di questa Corte – anche riguardo all’interpretazione del menzionato comma 8° dell’ art. 14 septies cit. (di recente: Cass. n. 17867 del 09/09/2015, tra le varie); né le argomentazioni addotte in memoria sono tali da indurre uno scostamento dai richiamati precedenti.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio non avendo l’INPS ed il Comune di Lecce svolto alcuna attività difensiva.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014).
Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, nulla per le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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