CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 15206 depositata il 22 luglio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO – AVVOCATO – COSTITUZIONE FONDO CAUZIONALE – POTENZIALI PROCEDIMENTI – VIOLAZIONE CODICE DEONTOLOGICO
RAGIONI IN FATTO
L’Avvocato M.S., a seguito di procedimento disciplinare scaturito dalla comunicazione dell’adozione nei suoi confronti della misura cautelare degli arresti domiciliari, veniva ritenuto responsabile dal COA di Sassari della violazione degli artt. 5, 6 e 41 cod. deon., per essersi fatto consegnare tre assegni da 6.000,00 euro ciascuno al fine di costituire un fondo cauzionale finalizzato a definire con l’Agenzia delle entrate potenziali procedimenti tributari in relazione ad una transazione effettuata da coeredi, e per avere trattenuto gli importi benché successivamente richiesto della restituzione.
Il COA applicava la sanzione della radiazione.
L’Avvocato S. proponeva ricorso al CNF articolando censure su vari aspetti del procedimento sanzionatorio.
Con sentenza n. 67 del 2015, il CNF rigettava il ricorso, ritenendo che: correttamente il procedimento non fosse stato sospeso ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., per pregiudizialità penale, in considerazione del fatto che il procedimento penale nel quale era stata adottata l’ordinanza cautelare, si trovava ancora nella fase delle indagini preliminari, ed operando la sospensione necessaria solo dal momento della esistenza di un processo penale; nessuna violazione procedimentale si fosse verificata nella predisposizione del capo di incolpazione e nelle comunicazioni, del tutto idonee a consentire al ricorrente l’esercizio del diritto di difesa; nessuna disposizione imponesse lo svolgimento di istruttoria nel contraddittorio con l’incolpato; le risultanze istruttorie dimostrassero con certezza la sussistenza delle incolpazioni, in tutti i profili di violazione dei doveri deontologici contestati.
L’Avvocato S. ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Sassari non ha svolto difese.
Con ordinanza n. 21827 del 2015, queste Sezioni Unite hanno accolto l’istanza di sospensione della esecutività della sanzione disciplinare oggetto della impugnata sentenza del CNF.
La trattazione del ricorso per il merito è stata fissata per l’udienza pubblica del 5 luglio 2016.
Ragioni in diritto
1. – Con l’unico motivo, rubricato violazione degli artt. 6 e 41 del previgente codice deontologico e vizio di motivazione, il ricorrente contesta i seguenti punti della decisione impugnata: mancata sospensione del procedimento disciplinare stante la pendenza del procedimento penale per i medesimi fatti; violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, per avere il COA effettuato attività istruttoria nella fase sommaria prima dell’apertura del procedimento disciplinare; omesso rinvio dell’udienza del COA in presenza di un certificato medico inviato via fax (non contestato) con prognosi di dieci giorni; omessa audizione dell’incolpato prima della applicazione della sanzione; inadeguatezza della prova in ordine alla sussistenza degli illeciti contestati.
2. – Il ricorso è stato notificato non solo al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Sassari, ma anche al Consiglio Nazionale Forense e alla Procura generale presso la Corte suprema di cassazione.
In ricorso, in relazione al CNF, deve ritenersi inammissibile, atteso che il CNF è il giudice che ha emesso la decisione qui impugnata e che per definizione non può essere parte del procedimento di impugnazione.
3. – Il Collegio ritiene che debba essere accolto il profilo del ricorso con il quale il ricorrente lamenta la mancata sospensione del procedimento disciplinare per pendenza del procedimento penale.
Invero, come già rilevato nella citata ordinanza n. 21827 del 2015, «in tema di procedimento disciplinare nei confronti di avvocati, per effetto della modifica dell’art. 653 cod. proc. pen. disposta dall’art. 1 della legge 27 marzo 2001, n. 97, qualora l’addebito abbia ad oggetto gli stessi fatti contestati in sede penale, si impone la sospensione dei giudizio disciplinare in pendenza del procedimento penale, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. Tale sospensione si esaurisce con il passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento penale, senza che la ripresa di quello disciplinare innanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati sia soggetta a termine di decadenza» (Cass., S.U., n. 11409 del 2014; Cass., S.U., n. 16169 del 2011). In sostanza, allorquando sia avvenuta la contestazione di un reato e il destinatario abbia acquisito la qualità di imputato, «il Consiglio Nazionale Forense deve necessariamente verificare la sussistenza dei presupposti per la sospensione del procedimento disciplinare, procedendo ad una delibazione in ordine alla effettiva identità esistente tra le condotte contestate in sede penale e quelle oggetto del procedimento sottoposto alla sua cognizione» (Cass., S.U., n. 5991 del 2012).
L’elemento che appare qualificante ai fini della valutazione di pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello disciplinare è dato dunque dall’avvenuta contestazione, in sede penale, di un fatto reato sovrapponibile a quello oggetto di accertamento in sede disciplinare. Non quindi il concreto esercizio dell’azione penale, ma la contestazione di un reato; tanto più, deve rilevarsi, quando tale contestazione avvenga con l’esecuzione di una misura cautelare personale, quale quella degli arresti domiciliari, nella specie applicata al professionista. E tanto è sufficiente per ritenere operante la sospensione necessaria del procedimento disciplinare in attesa della definizione del procedimento penale.
Deve quindi formularsi, in proposito, il seguente principio di diritto: «Ai fini della valutazione della sussistenza di un rapporto di pregiudizialità tra il procedimento penale e il procedimento disciplinare a carico di un avvocato, allorché i due procedimenti abbiano ad oggetto i medesimi fatti, e quindi ai fini della sussistenza dell’obbligo di sospensione del procedimento disciplinare sino alla definizione del procedimento penale per quei fatti, la circostanza che la contestazione dei fatti all’imputato sia avvenuta nel procedimento penale con l’esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale (nella specie, quella degli arresti domiciliari) assume carattere decisivo e comporta la necessità della sospensione del procedimento disciplinare. La sospensione così disposta si esaurisce con il passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento penale, senza che la ripresa di quello disciplinare innanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati sia soggetta a termine di decadenza».
4. – In conclusione, il motivo di ricorso concernente la mancata sospensione del procedimento disciplinare per pendenza del procedimento penale a seguito di esecuzione della misura coercitiva degli arresti domiciliari, va accolto, essendosi il CNF discostato dall’indicato principio.
L’accoglimento del ricorso per questo preliminare profilo comporta l’assorbimento delle altre censure.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al Consiglio Nazionale Forense per nuovo esame alla luce dell’indicato principio di diritto.
Quanto alle spese, si ritiene che le stese debbano essere dichiarate irripetibili, tenuto conto della natura del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Consiglio Nazionale Forense, in diversa composizione.
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