CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 15221 depositata il 22 luglio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – CESSAZIONE RAPPORTO DI LAVORO – LICENZIAMENTO DISCIPLINARE – ACCERTAMENTO SUSSISTENZA E GRAVITA’ DEGLI ADDEBITI CONTESTATI – SUSSISTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell’11 dicembre 2014, la Corte d’Appello di L’Aquila, pronunziando in sede di reclamo ex art. 1, comma 58, l. n. 92/2012 avverso la decisione resa dal Tribunale di Chieti in ordine all’impugnativa proposta dai Sig.ri S. D. P., G. G. e M. Di V. avverso il licenziamento disciplinare loro intimato dagli Istituti di Vigilanza Riuniti d’Italia, loro datore di lavoro, in relazione all’ addebito concernente lo smarrimento, nel corso dell’effettuazione di un servizio di portavalori, di un plico di denaro, che i primi due avevano il compilo di consegnare ed il terzo di ricevere presso il caveau dell’azienda datrice, confermava la pronunzia sfavorevole resa nei confronti del P., rigettando la domanda relativa alla declaratoria di illegittimità del recesso e riformava parzialmente la pronunzia di accoglimento resa quanto ai Sig.ri G. e Di V., rigettando la domanda di quest’ultimo.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, a seguito dell’accertamento dei comportamenti di ciascuno degli interessati rispetto agli obblighi previsti dal regolamento aziendale in relazione ai distinti ruoli dagli stessi rivestiti nel corso del servizio in questione, la sussistenza e la gravità degli addebiti contestati al P. c al Di V. e non di quelli riferiti al G..
Per la cassazione di tale decisione ricorre il P., affidando l’impugnazione a tre motivi, preceduti da una premessa, cui resiste, con controricorso, la Società, che ha poi presentato memoria, mentre gli altri due originari ricorrenti, pure intimati, non hanno svolto alcuna attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è volto a denunciare l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per aver la Corte pretermesso il riferimento al testo della contestazione disciplinare elevata al ricorrente c posto, pertanto, a fondamento del recesso un fatto diverso da quello ivi indicato, dato, non come ritenuto dalla Corte, dalla mancata osservanza della procedura aziendale relativa all’espletamento del servizio, bensì dall’imputazione tout court della condotta di fatto tenuta dal ricorrente medesimo.
Il medesimo vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è dedotto con il secondo motivo, imputando alla Corte territoriale il mancalo riscontro dell’inidoneità probatoria della documentazione su cui, a detta del ricorrente, avrebbe fondato il proprio convincimento, nel contempo precludendo al ricorrente, attraverso la mancata ammissione dei mezzi istruttori all’uopo richiesti, la prova della propria versione dei fatti, incentrata sulla tesi per cui il mancato rinvenimento del plico non riconsegnato al caveau dell’azienda sarebbe dipeso dalla circostanza che lo stesso fosse caduto o fosse rimasto nel locale utilizzato dal tesoriere cui il ricorrente non aveva accesso.
Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 c.c., dell’art. 101 del CCNL per le imprese di vigilanza privata e dell’art. 30, l. n. 183/2010, lamenta l’erroneità del giudizio di proporzionalità della sanzione al fatto contestato operato dalla Corte territoriale, rilevando il contrasto della valutazione giudiziale con quella emergente dal codice disciplinare di cui alla contrattazione collettiva applicabile, alla cui stregua, in ragione delle esemplificazioni ivi contenute alle quali appare, a suo dire, riconducibile la condotta del ricorrente, la condotta medesima risulterebbe idonea a legittimare l’irrogazione di una mera sanzione conservativa e l’assenza di qualsiasi motivazione in ordine al difforme esito, giustificativo dell’irrogazione della massima sanzione, del proprio giudizio.
Rilevata l’infondatezza del primo motivo, per l’insussistenza del denunciato travisamento dell’oggetto della contestazione ad opera della Corte territoriale, atteso che il riferimento da questa effettuato alle procedure aziendali non vale quale identificazione della mancanza con essa addebitata, bensì come selezione del parametro di valutazione della condotta inadempiente cui ha riguardo la contestazione medesima, si deve ritenere l’inammissibilità del secondo motivo, in quanto si tende ad accreditare una versione dei fatti differente da quella asseverata, secondo il proprio libero apprezzamento dalla Corte territoriale che, compiutamente argomentata e scevra da vizi logici c giuridici, risulta insindacabile in questa sede.
Parimenti infondato si rivela il terzo motivo, dal momento che la motivazione che, contrariamente a quanto qui asserito dal ricorrente, si rinviene nella sentenza impugnata in ordine all’idoneità della condotta addebitata a pregiudicare il vincolo fiduciario, così da incidere sull’affidamento del datore circa l’esatto adempimento delle prestazioni future da parte del ricorrente, rende ragione della congruità del giudizio di proporzionalità, che, come deve ritenersi ammissibile stante la natura legale della clausola generale della giusta causa, supera le, in ipotesi più attenuate, valutazioni a riguardo codificate dall’autonomia collettiva.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della Società delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 4.500,00 per compensi oltre spese generali al 15%ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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