CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 1544 del 20 gennaio 2017
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Provinciale di Imperia respingeva l’impugnazione proposta da E. s.p.a. contro l’avviso di accertamento n. R4303T200583 emesso nei confronti della società per recupero IRES, IRAP e IVA sull’anno d’imposta 2004. La Commissione Tributaria Regionale della Liguria accoglieva parzialmente l’appello della contribuente, dichiarando legittima solo la ripresa a tassazione di un contributo di euro duecentomila da quella erogato nell’ambito di un’associazione in partecipazione. L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione sulla base di sette motivi. E. s.p.a. resiste mediante controricorso e propone ricorso incidentale sulla base di due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale denuncia nullità della sentenza per apparenza della motivazione circa la ripresa di compensi e premi versati dalla E. s.p.a. ai gestori dei punti-vendita in difetto di titolo e quindi in difetto di inerenza (primo motivo); nullità della sentenza per omissione di pronuncia sul difetto di inerenza (secondo motivo); omissione della motivazione sul fatto decisivo dell’inerenza (terzo motivo); nullità della sentenza per extrapetizione sull’inerenza di compensi ultracontrattuali (quinto motivo); insufficienza della motivazione sul fatto decisivo dell’inerenza (settimo motivo). Chiaramente unificati dall’oggetto, questi motivi vanno scrutinati insieme.
1.1. I motivi sono infondati. La sentenza d’appello ha pronunciato sull’inerenza, con motivazione estremamente succinta e tuttavia intellegibile: «considera i premi anche extra contratto legittimamente corrisposti per l’opera svolta intesa anche alla migliore espansione sociale» (pag. 2). Se ne trae conferma dal fatto che la difesa erariale è stata in grado di articolare due ulteriori motivi (quarto e sesto) per stigmatizzare tale motivazione come errata in diritto.
2. Il ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 109 d.P.R. n. 917 del 1986, art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972, per aver il giudice d’appello confuso la legittimità della spesa con l’inerenza del costo (quarto motivo); violazione e falsa applicazione delle medesime norme in uno all’art. 2697 c.c., per aver il giudice d’appello ritenuto assolto l’onere probatorio dell’inerenza quanto ad erogazioni giuridicamente non obbligatorie (sesto motivo). Questi motivi devono essere valutati congiuntamente, attenendo entrambi alla nozione giuridica di inerenza e alla correlata distribuzione dell’onere probatorio.
2.1. I motivi sono fondati. Ai fini delle imposte sui redditi d’impresa, l’inerenza quale requisito di deducibilità del costo è una relazione concettuale tra costo e impresa, sicché il costo assume rilevanza nella determinazione della base imponibile non tanto per la connessione ad una precisa componente di reddito, quanto per la correlazione con un’attività d’impresa potenzialmente idonea a produrre utili (Cass. 21 gennaio 2009, n. 1465, Rv. 606467; Cass. 27 febbraio 2015, n. 4041, Rv. 634740). Ai fini dell’IVA, l’inerenza quale requisito di detraibilità del costo richiede elementi obiettivi che evidenzino una concreta strumentalità del bene o servizio all’attività d’impresa (Cass. 10 dicembre 2014, n. 25986, Rv. 633567; Cass. 24 marzo 2016, n. 5860, Rv. 639429).
L’onere di provare l’inerenza incombe al contribuente (per le imposte sul reddito, Cass. 9 dicembre 2013, n. 27458, Rv. 629460; Cass. 13 maggio 2016, n. 9818, Rv. 639871; per VIVA, Cass. 31 gennaio 2013, n. 2362, Rv. 625113; Cass. 24 marzo 2016, n. 5860, Rv. 639429); a lui spetta anche provare la coerenza economica della spesa, ove contestata dall’amministrazione (Cass. 27 marzo 2013, n. 7701, Rv. 625810; Cass. 8 ottobre 2014, n. 21184, Rv. 632824). Nella specie, il giudice d’appello mostra di coltivare una nozione di inerenza giuridicamente impropria, perché focalizzata sulla liceità civilistica dell’erogazione aziendale, piuttosto che sulla funzionalità economica agli scopi d’impresa. Ne viene distorto il riparto dell’onere probatorio, siccome quella che il giudice d’appello definisce «legittimità» dell’erogazione parrebbe sollevare il contribuente dall’onere di provare che l’erogazione stessa è concretamente strumentale all’attività d’impresa. Invece quest’onere persiste; anzi esso, di fronte alle contestazioni erariali, deve misurarsi con l’assenza di obbligatorietà delle dazioni (compensi ultracontrattuali e premi discrezionali), che, innestandosi su rapporti contrattuali a titolo oneroso (appalti per la gestione dei punti-vendita), rappresenta un indizio di antieconomicità.
3. Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia ultrapetizione, per aver il giudice d’appello dichiarato indeducibile la spesa di euro duecentomila in ragione della natura pluriennale del costo, mai eccepita da parte erariale.
3.1. Il motivo è fondato. Il Consaiiere est. 4 Pur essendo quello tributario un giudizio di impugnazione-merito sulla pretesa fiscale, il giudice non può eccedere i limiti posti dalle ragioni dell’atto impositivo e dai motivi del ricorso introduttivo (Cass.20 ottobre 2011, n. 21759, Rv. 619743); sicché egli incorre in extrapetizione quando fondi la decisione su una causa petendi o una realtà fattuale non dedotta dalle parti e sulla quale esse non hanno potuto contraddire (Cass. 17 febbraio 2001, n. 2340, Rv. 543928). Nella specie, il motivo della ripresa era l’assenza radicale del componente negativo, tanto che l’esborso era stato considerato indeducibile per l’intero, alla stregua di un credito finanziario; non era in rilievo la semplice natura pluriennale del componente, che avrebbe determinato tutt’al più un’indeducibilità parziale per quote d’esercizio. Sebbene la pronuncia d’appello riguardo questo capo sia nulla per extrapetizione (ciò che normalmente impone la cassazione senza rinvio), occorre qui procedere al rinvio, poiché l’annullamento restituisce attualità all’interesse del contribuente per la decisione iuxta petita (sulla necessità del rinvio quando l’extrapetizione del giudice d’appello sottenda l’omissione di pronuncia sul gravame come proposto, Cass. 22 marzo 1999, n. 2707, Rv. 524440).
4. Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione degli artt. 108 e 109 d.P.R. n. 917 del 1986.
4.1. Il motivo resta assorbito, giacché formulato in subordine.
5. Il ricorso principale è accolto nei motivi quarto e sesto, con rinvio per l’applicazione di questo principio: «in tema di imposte sui redditi e IVA, l’inerenza quale requisito di deducibilità e detraibilità del costo esige la sua concreta strumentalità all’impresa, sicché il contribuente non assolve il relativo onere probatorio – che su di lui incombe – con la sola prova di legittimità dell’erogazione aziendale; il difetto di un obbligo giuridico di erogazione costituisce indizio di antieconomicità della spesa, che è onere del contribuente superare tramite una specifica prova di funzionalità agli obiettivi d’impresa».
6. Il ricorso incidentale è accolto nel primo motivo, con rinvio per sanare l’omissione di pronuncia.
7. Il giudice di rinvio provvederà a regolare le spese processuali, anche di legittimità.
P. Q. M.
Accoglie il ricorso principale nei motivi quarto e sesto, respinti gli altri; accoglie il ricorso incidentale nel primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.
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