CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 15639 depositata il 27 luglio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SGRAVIO CONTRIBUTIVO – DATORE DI LAVORO NON IMPRENDITORE – SGRAVI INDEBITAMENTE FRUITI – LIBERO PROFESSIONISTA
FATTO
Con sentenza depositata il 16.7.2010, la Corte d’appello di Potenza, in riforma della statuizione di primo grado, rigettava l’opposizione proposta da L.B. avverso la cartella esattoriale con cui l’INPS gli aveva richiesto il pagamento di somme a titolo di sgravi indebitamente fruiti.
La Corte, in particolare, riteneva che al libero professionista non potesse spettare lo sgravio in misura pari al 100% dei contributi dovuti previsto dall’art. 8, l. n. 407/1990, ma soltanto quello in misura pari al 50%, in ragione della sua qualità di datore di lavoro non imprenditore.
Contro questa pronuncia ricorre L.B., affidandosi a un motivo. L’INPS resiste con controricorso.
DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 9, l. n. 407/1990, per avere la Corte territoriale ritenuto che, in ragione della sua qualità di consulente del lavoro e dunque di datore di lavoro non imprenditore, non potesse spettargli lo sgravio totale di cui all’ultimo periodo della disposizione cit., ma soltanto quello in misura pari al 50% previsto dal primo periodo per tutti i datori di lavoro.
Il motivo è infondato. Questa Corte ha infatti già avuto modo di precisare che lo sgravio in questione non compete al libero professionista, in quanto la nozione di impresa cui fa riferimento la disciplina non può essere intesa alla stregua dell’elaborazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, vale a dire come “attività che consiste nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento”, essendo la normativa nazionale sugli sgravi contributivi di stretta interpretazione, in ragione della sua natura derogatoria rispetto alla sottoposizione generale agli obblighi contributivi, e dovendosi tenere conto del fatto che il mancato riconoscimento degli sgravi al libero professionista può alterare la concorrenza solo ove questi abbia organizzato la propria attività in modo tale che l’entità dei mezzi impiegati sovrasti l’apporto consistente nell’attività sua propria (Cass. n. 18710 del 2013).
Tenuto conto che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del suesposto principio (già affermato, seppur con riferimento agli sgravi di cui all’art. 44, I. n. 448/2001, da Cass. n. 16092 del 2013 e ribadito da ult. da Cass. n. 2520 del 2016), nessuna censura merita la sentenza impugnata.
Il ricorso, pertanto, va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sì liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi € 2.100,00, di cui € 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
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